GIANCARLO GARIGLIO, La Stampa 15/7/2012, 15 luglio 2012
Un sistema a prova di furbetto - Il fatto è noto a tutti gli appassionati di vino. Due settimane fa gli ispettori del ministero delle Politiche Agricole hanno fatto visita all’enoteca Bulzoni di Roma, una delle più fornite e interessanti della capitale, e hanno contestato al titolare, Alessandro Bulzoni, la decisione di aver scritto su alcuni scaffali del suo negozio «vini naturali», per indicare le caratteristiche di taluni prodotti da lui commercializzati, esponendolo al rischio di dover pagare una multa molto salata
Un sistema a prova di furbetto - Il fatto è noto a tutti gli appassionati di vino. Due settimane fa gli ispettori del ministero delle Politiche Agricole hanno fatto visita all’enoteca Bulzoni di Roma, una delle più fornite e interessanti della capitale, e hanno contestato al titolare, Alessandro Bulzoni, la decisione di aver scritto su alcuni scaffali del suo negozio «vini naturali», per indicare le caratteristiche di taluni prodotti da lui commercializzati, esponendolo al rischio di dover pagare una multa molto salata. Il fatto può essere analizzato da due prospettive differenti. Da una parte l’enotecaro ha ripreso una terminologia che è ormai di uso comune da parte di giornalisti del settore e produttori, oltre che di molti ristoratori e appassionati. Basti pensare alle sempre più numerose carte dei vini che riportano l’indicazione di vino naturale, o alle numerose manifestazioni del settore che pubblicizzano le bottiglie presenti utilizzando questa dizione. In quest’ottica ci pare che l’azione intrapresa dalle autorità possa essere definita tardiva e abbia il sapore di una famosa massima di Mao Zedong: «Colpiscine uno per educarne cento». Dall’altra parte ci mettiamo nei panni dei consumatori con scarsa cultura enologica e allora è lecito chiedersi quanta confusione, in assenza di una precisa codificazione legale, possa sollevare la scritta «vini naturali». Comprendiamo l’anelito anarchico di molti vignaioli, che ritengono superfluo il sistema delle certificazioni e che a ragione reputano discutibile e blanda la riforma del vino bio attuata dall’Europa, che ammette l’uso di 60 sostanze chimiche. Però, se si vogliono tutelare determinati valori dagli attacchi esterni, è necessario darsi regole precise, condivise e trasparenti. È giunta l’ora di creare un sistema a prova di «furbetto», che garantisca i produttori seri e i consumatori. Sarebbe un notevole salto di qualità per un movimento che merita grande rispetto, perché promuove ideali di grandissimo valore quali la tutela dell’ambiente, il rispetto del lavoro dei vignaioli e della salute dei bevitori.