Camillo Langone, Libero 15/7/2012, 15 luglio 2012
IL RAS FASCISTA MENA L’INTELLETTUALE FUTURISTA
Un fascista immaginario picchiato da un fascista vero. È una notizia davvero interessante (per non dire divertente perché non sta bene) quella che arriva da Viterbo, bella città del Lazio da cui non giungevano notizie interessanti all’incirca dal conclave del 1281. Filippo Rossi, principe dei giornalisti finiani (insomma direttore del quotidiano online «Il Futurista »), è stato preso a pugni da Gianluca Iannone, duce dei militanti mussoliniani (ovvero presidente di Casa Pound). Come succede spesso in questi casi, le versioni non coincidono: l’aggredito ha denunciato in questura un cazzotto sull’occhio, seguito da calci e sputi, mentre l’aggressore si limita a parlare di «schiaffo futurista». Quella del Rossi fatto nero è una storia di destra, dicono. Io, che amo la precisione, dico che è una storia fascista. Magari con qualche post- fra sostantivo e aggettivo, ma da quelle parti siamo. L’ideologia che anima Casa Pound, il centro sociale con sede nel quartiere romano dell’Esquilino e con filiali in mezza Italia, è dichiarata: «Siamo i fascisti del Terzo Millennio». E quella di Rossi? Inutile che il giornalista si nasconda dietro al dito del futurismo, può cascarci soltanto chi conosce la storia dell’arte ma non la storia-storia. Forse il movimento fondato da Marinetti non ha prodotto il fascismo ma certo lo ha alimentato e sorretto fino all’ultimo: il «Quarto d’ora di poesia della X Mas» è datato 1944, piena Repubblica di Salò. Un Marinetti ormai vicino alla morte trova la forza di cantare «il ritmo bollente adamantino del vostro volontariato sorgivo a mezzo il campo di battaglia«, «le inginocchiate mitragliatrici a canne palpitanti di preghiere », «le armi chiodate di mille mille mille cuori tutti traforati dal veemente oblio eterno». Per quanto anomali sono versi affascinanti ed è legittimo apprezzarli però a patto di non considerarli pacifisti. Oggi Rossi si atteggia a democratico dialogante e allora cambi nome alla sua testata perché il futurismo è stato violento fin dal Manifesto del 1909: «Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo». E cosa sarà mai una sberla in confronto a un conflitto mondiale? Iannone, nel suo essere manesco, almeno è più coerente. E ha colto subito la contraddizione dell’avversario rinfacciandogli un altro passaggio muscolare del primo documento futurista: tutto questo piagnisteo «da Filippo Rossi, che si ispira a coloro che volevano esaltare “l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno”, non ce lo saremmo aspettato». Non me lo sarei aspettato nemmeno io: ancora nel 2003 il giornalista firmava col collega Luciano Lanna e pubblicava con Vallecchi un corposo dizionario intitolato «Fascisti immaginari», summa del neofascismo pop e retroavanguardistico. Chiaramente niente di serio, trattandosi appunto di fascismo immaginato da giornalisti che si immaginano di essere fascisti perché non hanno di meglio da fare, ma un intero capitolo è dedicato al manganello considerato dagli autori uno strumento ironico e goliardico, troppo simpatico. Forse la vera colpa di Iannone è stata quella di aver colpito Rossi a mani nude, non abbastanza ironiche. O di avere anticipato i tempi: l’anno prossimo si festeggerà il centenario dello schiaffo dato dal futurista Boccioni al futurista Soffici (anche allora il movimento era dilaniato dalle faide), fra i tavolini delle Giubbe Rosse di Firenze. Se Iannone avesse aspettato sei mesi avrebbe potuto parlare di citazione, di omaggio a Boccioni, ma ha avuto fretta, le mani gli prudevano. Magari era eccitato dalla caffeina, la sostanza stimolante che dà il nome al festival culturale organizzato in questi giorni a Viterbo proprio da Rossi, uomo che davvero non ha ragione di lamentarsi: chi semina caffeina deve mettere in conto la pappina. Se invece non voleva correre rischi doveva intitolare il suo festival «Valeriana» e smetterla di evocare, anche se solo a parole, i fantasmi di un’epoca brutale.