Raffaele Lombardo; Maurizio Belpietro, Libero 15/7/2012, 15 luglio 2012
QUI IN SICILIA OGNI SPRECO HA IL SUO PERCHÉ
Egregio Direttore, l’ampia attenzione dedicata dal Suo Giornale alla mia Regione richiederebbe altrettanto spazio, non solo per correggere alcuni dati non corrispondenti al vero, ma soprattutto per spiegare l’origine e il motivo di tante scelte accumulate nei decenni precedenti che hanno prodotto, e questo è indiscutibile, conseguenze dirompenti per l’economia e la società siciliana. Sono purtroppo errati i dati da Voi riportati sulla consistenza del personale (che oltre ad essere inferiore di numero rispetto a quanto riportato è anche, per più di un terzo, impegnato in attività di competenza dello Stato nel resto del Paese, funzioni che solo in Sicilia sono a carico della Regione come ad esempio soprintendenze dei beni culturali, musei, parchi archeologici, geni civili, uffici del lavoro, corpo forestale, uffici della motorizzazione civile), così come sono errati i dati sulla spesa corrente, parziali quelli sul pronunciamento della Corte dei Conti Ma andiamo per ordine: ho cercato di affrontare la situazione siciliana, in questi quattro anni di governo, con un’opera di moralizzazione e trasparenza che non ha precedenti, un’opera ben lungi dall’essere conclusa, ma che ha già ottenuto significativi risultati. Poiché, contrariamente alle Sue conoscenze, non mi sono ancora dimesso, La prego innanzitutto di voler correggere, in forza delle norme sulla stampa, i dati almeno riguardo gli aspetti macroscopici inerenti la consistenza, la distribuzione e le funzioni dei dipendenti regionali. I NUMERI VERI Al 30 giugno 2012 il personale dell’amministrazione regionale è costituito da 16.948 unità, di cui 5.148 negli uffici centrali della Regione, 11.105 in quelli periferici distribuiti sul territorio delle 9 provincie e 711 di personale che pur essendo dipendente dalla Regione è distaccato presso altri enti o amministrazioni. Ciò vuol dire che tra soprintendenze, musei, parchi archeologici, geni civili, uffici del lavoro, corpo forestale, uffici della motorizzazione (funzioni svolte dalla Regione siciliana, che i siciliani pagano con le proprie tasse, mentre nel resto del Paese sono svolte da dipendenti dello Stato), un terzo dei nostri regionali svolge funzioni che altrove sono statali. Tutto ciò è sancito dal nostro Statuto. Lo si può certamente modificare, ma credo ciò sia difficile in un momento in cui lo Stato è impegnato nell’attuazione del federalismo e desidera, al contrario, alleggerire il proprio apparato di uomini e funzioni,non certo per prenderne in carico altre. Al contrario finora la Sicilia si è opposta al tentativo dello Stato di trasferirle ulteriori funzioni e personale, senza i conseguenti oneri economici. QUESTIONE DI PROSPETTIVA In questa logica va pure compresa l’attività di 711 dipendenti regionali che lavorano presso amministrazioni statali, prima fra tutti quella giudiziaria in Tribunali e Procure dell’isola, che noi sosteniamo, anche assumendoci spese di gestione ordinaria di attrezzature e mezzi per far fronte ad esigenze che altre amministrazioni dovrebbero garantire. Le cifre che poi si danno di dipendenti regionali che hanno sfiorato negli anni scorsi in certi articoli di stampa quota 100.000 sono frutto della erronea decisione di aggiungere ai numeri che Le ho fornito quelli di tanto personale, precario, stagionale o a tempo determinato che dalla Regione trae sostentamento economico indiretto, quali gli operai forestali, i dipendenti della formazione professionale o quelli degli enti locali. ABBIAMO BISOGNO DI TEMPO Anche in questo caso abbiamo avviato una impegnativa azione di razionalizzazione che necessita tempi lunghi, vista la dimensione del fenomeno. Non è possibile però paragonare realtà e situazioni certamente diverse per storia e condizioni geografiche. Valga l’esempio dei forestali che oltre a svolgere attività stagionale sono impegnati nella difesa dagli incendi del nostro significativo patrimonio boschivo, costituito da circa 250.000 ettari. Solo il fattore umano presente a guardia dei boschi ha dato in questi anni buoni risultati contro piromani e distratti di tutte le età. Converrà certamente nel considerare che né il Trentino né il Molise devono sopportare il rischio incendi della Sicilia. Tutto ciò è suffragato da dati e studi facilmente disponibili. ASSUNZIONI BLOCCATE In questi anni non abbiamo assunto un solo dipendente ed anzi con una legge del 2008 abbiamo bloccato le assunzioni sia nell’amministrazione regionale che in tutti gli enti e le società da essa controllata. Abbiamo ereditato una realtà costituita da migliaia di persone che non potevamo né licenziare né quantomeno sopprimere. Riguardo poi al giudizio della Corte dei Conti, di cui certo non contesto quanto riportato nell’articolo, va detto che nello stesso documento è stato evidenziato che la situazione finanziaria regionale va collocata nel contesto di grave congiuntura economica nazionale ed è stato evidenziato che gli sforzi posti in essere dal Governo regionale nell’adozione di misure di risanamento hanno ricondotto la spesa corrente al di sotto del livello del 2000 (si badi bene abbiamo fatto arretrare la spesa ai livelli di dodici anni fa), sforzi definiti dal Procuratore generale di «moralizzazione politico-finanziaria e di riduzione della spesa». I dati decennali della spesa corrente a valore nominale e a valore deflazionato, elaborati dall’Ufficio statistico dell’assessorato all’Economia, confermano al contrario il trend decennale di contenimento della spesa corrente. In particolare va considerato che la spesa corrente a valore nominale è passata dai 15 miliardi 552 milioni dell’anno 2001 ai 15 miliardi 081 milioni del 2012; quella deflazionata era nel 2001 di 15 miliardi 143 milioni ed è passata nel 2012 a 11 miliardi 790 milioni. LO STATO NON CI AIUTA La Corte ha confermato il rispetto del Patto di stabilità, indicando alcune misure di riequilibrio che il Governo ha più volte proposto e sulle quali l’Ars legifererà quanto prima, affrontando quelle spinte contrarie di interessi corporativi e di ricercatori di rendita che la stessa Corte ha stigmatizzato con le parole conclusive del Presidente Arrigoni. Nel medesimo giudizio di parifica la Corte ha confermato la linea del confronto aperto dal Governo regionale con il Governo nazionale sull’autonomia finanziaria ed il rafforzamento del riequilibrio finanziario. Ma anche questo tema si sta rilevando particolarmente impervio proprio per l’esigua disponibilità finanziaria che lo Stato è disposto a mettere in campo L’occasione mi è gradita per porgerLe distinti saluti. * presidente della Regione Siciliana
CARI GATTOPARDI È ORA DEI TAGLI NON DELLE SCUSE–
Gentile presidente, è con vero piacere che mi accingo a risponderle, anche perché la sua lettera è uno spunto utile per fare chiarezza attorno a una serie di misteri siciliani. Cominciamo dal suo preambolo. Lei dice che bisogna «spiegare l’origine e il motivo di tante scelte accumulate nei decenni precedenti, che hanno prodotto conseguenze dirompenti per l’economia e la società siciliana ». Non mi sfugge ovviamente l’abilità con cui lei sposta su chi l’ha preceduta il peso della responsabilità di molte decisioni discutibili, ma non è questo il punto. Piuttosto a colpirmi è che lei non si accorga di come le conseguenze in realtà non siano a carico dell’economia e della società siciliane, ma di quelle italiane. Se la Regione, il Comune e le decine di enti che fanno capo all’amministrazione pubblica dell’isola da lei guidata perseguono una politica clientelare e di spreco, il conto non lo paga la società siciliana, ma le casse della Repubblica italiana, dunque di tutti i contribuenti, dalle Alpi alla Sicilia. E non credo che si tratti di punti di vista. Ma veniamo al merito Lei ci contesta di aver pubblicato dati sbagliati. I dipendenti al servizio di Palazzo dei Normanni non sarebbero 25 mila ma poco meno di 17 mila. Eppure, io stesso avevo scritto che conoscere il numero delle persone a libro paga della Regione era difficile, dato che le cifre non sono concordi: 16 mila secondo alcuni, 25 mila secondo altri. L’incertezza è data dal fatto che molti sono impiegati in enti distaccati e dunque non figurano tra le cifre ufficiali, un po’ come i conti di quelle società che non consolidano il proprio bilancio e perciò possono nascondere proventi o debiti di imprese che, pur facendo parte del gruppo, non figurano tra quelle rendicontate. Del resto, dubbi sul numero del personale li ha perfino la Corte dei conti, che infatti parla di ventimila. Ma ammettiamo pure che le persone in servizio alla Regione Siciliana siano «solo» 17 mila e che un terzo di queste siano impiegate per svolgere servizi che altrove sono propri dello Stato: come li giustifichiamo gli altri due terzi? Se la Lombardia ha 3 mila dipendenti, perché la Sicilia ne deve averne 10 mila per svolgere analoghe funzioni? La sua Regione non ha forse la metà degli abitanti di quella amministrata da Formigoni? A parità di compiti, dunque, ne dovrebbero bastare 1500, ma visto che sono generoso diciamo che ne servono duemila: e gli altri? Che fanno? Lei nella sua lettera fa cenno anche al personale precario, stagionale o a tempo determinato, altre decine di migliaia di operaie commessi che ogni anno vengono inquadrati a spese della pubblica amministrazione. Ma questi «precari» li avete creati voi. Il lavoro stagionale o a termine è stato nel corso degli anni il sistema con cui la classe politica siciliana, ma non solo, ha aggirato le norme sugli organici e sui vincoli d’assunzione. Ormai lo sanno anche i sassi: in questo modo molti amministratori si sono garantiti, e purtroppo si garantiscono, la propria base elettorale. Vuole un esempio? I cosiddetti forestali, da non confondersi con gli agenti del corpo forestale. In Sicilia sono 28 mila e come dice lei hanno il compito di difendere i boschi dai piromani. Peccato che nel 2010 la Sicilia sia stata la Regione più colpita dal fenomeno degli incendi dolosi: 203 chilometri quadrati di vegetazione andati in fumo, quasi il 50 per cento di tutto quello che è bruciato in Italia. Poi, mi spieghi, scusandomi se uso ancora la Lombardia come parametro: ma se Formigoni ha 500 forestali per 660 mila ettari di bosco, perché lei ne ha 28 mila per 250 mila ettari? Perfino il suo assessore, Andrea Vecchio, nutre qualche dubbio a proposito dell’utilità di questo esercito, al punto da aver avviato un’indagine per appurare se sia vero che molti forestali oltre a quello regionale svolgano un altro lavoro. Lei poi dice di aver bloccato le assunzioni e di aver avviato un’operazione di contenimento della spesa. Ma se le cose stanno così, perché, dopo aver già assunto in pianta stabile migliaia di precari, insiste a volerne «stabilizzare» altri? Perché la Corte dei conti dice che il debito, dai cinque miliardi del 2011, è destinato a salire a sette quest’anno? Se a Palazzo dei Normanni vige tutto questo rigore e rispetto delle norme, perché, dopo aver creato una cabina di regia per l’utilizzo dei fondi comunitari dal costo annuo di 340 mila euro, si è fatto sfuggire 600 milioni di fondi Ue non impiegati, mentre altri sei miliardi rischiano di volatilizzarsi? Vede, caro Governatore, noi non giochiamo con le parole: stiamo ai dati. Dunque, se lei annuncia che si dimette, noi registriamo che lascerà il 31 di luglio, come da sua promessa. Se invece questo serve a bloccare l’iter costituzionale per la riduzione dei consiglieri regionali da 90 a 70 e poi ricominciare tutto da capo, spese e clientele comprese, questo è un altro conto. Che oltre ai giornali riguarda i cittadini, non solo quelli siciliani, ma tutti quelli che pagano le tasse. Oltre naturalmente a un governo che dice di voler fare la spending review ma assiste impassibile ai giochi dei vecchi gattopardi. maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it @BelpietroTweet