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 2012  luglio 15 Domenica calendario

VASSALLI, EGITTOLOGO GARIBALDINO

Il suo nome è scritto a caratteri cubitali sulla facciata del Museo egizio del Cairo, tra i grandi dell’egittologia. È l’unico italiano ad avere tale onore ma pochi di fatto lo conoscono. Eppure fece scoperte epocali e salvò le splendide Oche di Meidum, capolavoro della pittura egiziana. Fu raffinato artista che ci ha lasciato precise immagini di molti monumenti egizi oggi scomparsi. E prima di allora fu fervente patriota e romantico avventuriero, mazziniano della prima ora che partecipò poi alle Cinque Giornate di Milano, alla difesa della Repubblica Romana e all’impresa dei Mille. Fu forse troppe cose, il milanese Luigi Vassalli-Bey. E oggi, nel bicentenario della nascita, la sua città le vuole celebrare tutte con una mostra al Castello Sforzesco curata dalla direttrice delle biblioteche civiche d’arte Rina La Guardia e dall’egittologo Francesco Tiradritti.
Perché Milano, in realtà, ha riscoperto già da tempo il suo cittadino illustre e i preziosissimi materiali che egli volle donare alla città. Già negli anni Settanta del secolo scorso, i curatori delle biblioteche cittadine cominciarono a studiare i suoi album di disegni e la sua collezione di tessuti di mummie egizie. Poi, negli anni Novanta, fu la volta delle sue lettere che narrano retroscena sia delle scoperte archeologiche in Egitto che delle lotte per la libertà dell’Italia. E si acquistarono, sul mercato antiquario parigino, due preziosissimi volumi di disegni nei quali Vassalli ritrasse le divinità principali del pantheon egizio. Fu in realtà un francese a individuarli, il bibliotecario del Collége de France Michel Pezin, che però preferì segnalarli alle Civiche raccolte milanesi, proprio in virtù della fama che gli studi milanesi su Vassalli stavano acquistando. Fama capace persino di varcare l’oceano fino al Museum of Fine Arts di Boston, dov’erano giunti in passato (in circostanze oscure) la biblioteca personale dell’egittologo e molti suoi documenti manoscritti, che Boston cedette poi a Milano nell’anno 2000. Così la città possiede proprio tutto quel che appartenne un tempo a «Luigi Vassalli pittore di Milano», com’egli amava modestamente definirsi. È circostanza veramente eccezionale che ora viene esibita con orgoglio.
Il primo amore di Vassalli fu sicuramente la pittura, che lo portò a studiare a Brera. Ma la politica venne a ruota e, amico di Mazzini e massone, partecipò ancor giovane a una sfortunata cospirazione contro gli austriaci che gli valse la precoce condanna a morte scampata con l’esilio. Fu in Svizzera, Francia, Inghilterra e a Costantinopoli, prima che in Egitto. Ovunque si guadagnò da vivere come pittore e decoratore, e a Costantinopoli ebbe persino fama di «stimato ritrattista».
Ma in Egitto tentò anche la carta dell’archeologia, e funzionò. Fu nominato Ispettore agli scavi ancor prima di conoscere nel 1853 Auguste Mariette, il fondatore del Servizio delle antichità egiziano, e diventarne poi dal 1859 il prezioso braccio destro. Fu forse questa la sua sfortuna: i secondi, si sa, non trovano mai posto negli annali. Si ricorda il nome dei primi, mentre spesso sono i secondi a fare il lavoro. E infatti Vassalli scavò a Tanis, scoprì moltissime tombe a Tebe, a Giza e a Saqqara dove contribuì anche agli scavi nei sepolcri dei faraoni Unas e Pepi I e al rinvenimento dei famosissimi Testi delle Piramidi. Non c’è insomma scoperta di quella ricchissima stagione di scavi ottocentesca, che non abbia visto Vassalli protagonista. E la lettura dei suoi appunti e disegni ha svelato agli egittologi d’oggi molti segreti, come per esempio l’identità dei nobili sepolti in molte tombe tebane, o l’esatta collocazione della famosissima «Stele dell’anno 400» del faraone Ramesse II che Mariette aveva scoperto ma poi risepolto a causa di un diverbio con il visconte de Rougé. Non sempre si agiva solo per amor di scienza. Pare poi che il suddetto visconte fosse anche un tombeur des femmes: dalle carte di Vassalli è emerso un divertente scritto in geroglifico in cui egli chiede protezione della propria virilità al dio itifallico Min.
Come gli egiziani antichi. E parlando di geroglifici, Vassalli possedeva uno splendido dizionario manoscritto geroglifico-italiano-francese che, per quanto riguarda l’italiano, è tuttora l’unico esistente al mondo. Vassalli però non dimenticò mai l’Italia e la sua sorte, neppure dall’Egitto. Aiutò concretamente le cospirazioni in patria, assieme ad altri esuli italiani in Egitto, con donazioni di denaro e di armi. E non esitò a chiedere congedi al Governo egiziano quando la patria chiamava, sia nel 1848 per combattere a Milano e poi a Roma, che nel 1860 quando s’imbarcò per la Sicilia per unirsi a Garibaldi. Fu poi «egittologo di fiducia» dell’Italia unita, come non tutti sanno. Fu conservatore delle importanti antichità egizie del Museo di Napoli, anche se per un tempo troppo breve. E fu poi richiamato in patria dall’Egitto nel 1871 per esaminare i musei egizi d’Italia e rinnovare il collezionismo e gli studi egittologici nello stivale: la successiva organica sistemazione del Museo egizio di Torino si ispirò infatti ai suoi illuminati suggerimenti. Fece persino realizzare matrici in cartapesta di molti monumenti egizi da cui furono ricavate preziose copie che le maggiori collezioni egittologiche italiane conservano tuttora nei propri magazzini. Fece insomma la sua parte, finché rimase in auge il suo padrino Cesare Correnti. Poi l’Italia si dimenticò di lui ma mai del tutto. Quando, il 13 giugno 1887, mise volontariamente fine ai suoi giorni con un colpo di pistola, forse per porre fine alle sofferenze dovute a una malattia incurabile, ebbe il dovuto onore dei funerali di Stato.