Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 15/7/2012, 15 luglio 2012
ORA DUBBI SULLA TRIPLA A DI BERLINO - C’è
da fidarsi dei rating? Non proprio e non sempre. Alla vigilia delle elezioni greche un report di Mediobanca securities metteva in guardia contro il 10 e lode alla Germania. Davvero merita il voto di massima affidabilità che si traduce nella tripla A? Dopotutto è un Paese che non batte più moneta e che non può permettersi di perdere per strada i compagni di classe meno virtuosi del Club Med. Paesi come l’Italia, la Spagna, e mettiamoci pure la Francia, che, tutti e tre insieme, assorbono la metà dell’export tedesco. Eppure il mercato alla grande Germania continua a regalare soldi, permettendole di prendere a prestito capitali a tassi sotto zero, non solo al netto dell’inflazione. Venerdì i titoli di Stato tedeschi a un anno offrivano un rendimento negativo dello 0,04%. Chi ci investe sa già dal principio di perderci, paga cioè una commissione a Berlino per il servizio minimo della salvaguardia del capitale fino al rimborso. Sulla stessa scadenza l’Italia paga il 2,68%, la Spagna addirittura il 4,3%, la Francia se la cava con lo 0,16%. Sui dieci anni le distanze, logicamente, si ampliano: i Bund pagano l’1,25%, gli Oat il 2,23%, i BTp il 6,06%, i Bonos il 6,65%. Una situazione che alla lunga è incompatibile con la convivenza nella moneta unica. Gli Stati indebitati come l’Italia – 1966 miliardi di euro – vedono vanificati i sacrifici del rigore dal lievitare del conto sugli interessi. Le aziende pagano lo scotto di una concorrenza falsata da costi di finanziamento che sono un multiplo di quelli dei concorrenti, senza poter compensare col cambio la minor competitività. Nell’ultimo mese solo l’Eni è riuscita a raccogliere capitali a costi notevolmente inferiori a quelli del Tesoro (sette anni al 3,8%), non solo perchè il suo business è internazionale, ma anche perchè l’emissione si appoggia alle leggi britanniche che garantiscono, qualsiasi cosa succeda, il rimborso in euro "forte". Ma, appunto, l’Eni è l’eccezione, non la regola. A furia di tirarla, la corda si spezza. Se l’euro non dovesse resistere alle pressioni, l’economia tedesca dovrebbe fare i conti con una situazione in cui il Club Med da cliente si farebbe concorrente low-cost. Se invece, più ragionevolmente, si arrivasse a costruire davvero una casa comune in Europa, dove condividere oneri e onori, la Germania dovrebbe dire addio alla stagione dei capitali regalati. I rendimenti dei Bund inevitabilmente tornerebbero in territorio positivo, con automatiche perdite in conto capitale per chi ci ha investito negli ultimi mesi. Ma dei rischi nè dell’uno nè dell’altro scenario, la tripla A della Germania mette minimamente in guardia gli investitori. Che, felici e ignari, continuano a rifugiarsi nel "safe-heaven" teutonico.