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 2012  luglio 16 Lunedì calendario

NEI PAESI EMERGENTI CORRONO LE VENDITE ONLINE

Vivono un periodo di crescita inarrestabile. Sono i siti di e-commerce, tra cui Amazon, Tesco, Wal-Mart, Carrefour, Yoox e Neiman Marcus, dedicati ai paesi emergenti. In questi sconfinati mall digitali i benestanti e la middle class comperano prodotti di lusso e beni di largo consumo, spesso non venduti nei negozi locali. E così l’e-commerce si sviluppa con tassi a due cifre.
Il mercato più promettere è quello cinese che precede Brasile e Russia ma i retailers online farebbero bene a puntare anche su Cile, Messico, Malesia, Uruguay e Oman. Sono questi alcuni dei più interessanti mercati da presidiare secondo la prima edizione dell’e-commerce index 2012 di ATKearney, individuati dopo l’analisi di un insieme di variabili chiave per l’e-com. Sono stati considerate, per esempio, le dotazioni infrastrutturali come la banda larga e la logistica, la presenza di leggi che tutelano i clienti, la diffusione delle carte di credito, la censura oltre ad altri indicatori come il trend delle vendite procapite.
In palio c’è un business che in quelle aree corre veloce. Il record è della Cina che nell’ultimo quinquennio ha visto aumentare l’e-commerce B2C con un tasso di crescita medio (Cagr) del 78%, ed è prossima a superare gli Usa nelle vendite online. Brilla anche il Cile che segna un +27% mentre Brasile e Messico si attestano al 19%, ben oltre il 13% della media mondiale. Nel 2011, ricorda lo studio, a livello planetario le vendite degli store digitali hanno sfiorato i 400 miliardi di dollari e quest’anno si potrebbero superare i 452 miliardi.
«L’e-commerce cresce negli emergenti più "piccoli", con popolazioni giovani e tecnologicamente avanzate come nell’area del Golfo o in Malesia, dove ogni famiglia ha oltre cinque tra carte di debito e credito – spiega Riccardo Lotti, partner di ATKearney – ma anche, per esempio, in Russia dove l’impianto legislativo lascia desiderare». Nuovi modelli di business e più opportunità per le insegne della distruzione che in Occidente soffrono per il calo dei consumi.
«In futuro gli store "fisici" e quelli online si supporteranno a vicenda – aggiunge Lotti – e se l’insegna trascura la parte web rischia di perdere terreno rispetto a chi opera con entrambi i canali». Per tutti i retailers essere presenti online è anche un modo abbastanza economico per testare questi nuovi mercati o per preparare strategie multicanale. Tra le condizioni "sine qua non" c’è sempre la necessità di offrire siti e servizi localizzati.
Una ricetta che ben conosce Federico Marchetti, fondatore e ad di Yoox Group, store virtuale della moda multibrand che raggiunge clienti in 101 paesi, che premette: «Essere locali per chi vende prodotti fisici è un lavoro difficile, richiede investimenti e risorse locali ma nel lungo periodo si rivela vincente». Questo know how fa la differenza e ha permesso alla società milanese di aprire e gestire i negozi internet di diversi brand fashion come, per esempio, Armani, Diesel, Valentino, Dsquared e Zegna. «Nel luxury il futuro è negli store monomarca e in pochi selezionati multimarca, tutti localizzati». Giocando la carta della logistica per ridurre i tempi di consegna come è stato fatto in Cina «dove cresciamo a 3 cifre e nel 2016 sarà uno dei nostri tre mercati chiave».
Un altro problema per le catene occidentali è il confronto con dei forti player locali «che controllano il 30-50% del mercato e hanno un’ottima conoscenza delle abitudini e del servizio atteso dai consumatori» sottolinea Lotti.
Dallo studio emergono le opportunità offerte da paesi come Messico e Sri Lanka, dove il web non è diffusissimo ma i benestanti fanno molto shopping online. In altri emergenti (tra cui Azerbaijan, Marocco, Libano, Kazakhstan e Panama) c’è la banda larga ma gli handicap sono nella logistica, nella diffusione delle carte di credito, nelle norme e dei pregiudizi culturali che lo frenano.