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 2012  luglio 15 Domenica calendario

LA MARCHESA DE SADE - II

sesso è più eccitante sullo schermo e tra le pagine che tra le lenzuola, diceva Andy Warhol. Forse non tutti saranno d’accordo, ma l’aforisma del genio della Pop art potrebbe spiegare (in parte) la nuova ondata che ha investito l’industria libraria che, come tutte le imprese commerciali, ha come regola base quella di capire i gusti del pubblico e cercare di assecondarli. Ora è il momento del sesso spinto e siccome il lettore, in Italia come in ogni parte del mondo, è principalmente donna, ci troviamo di fronte al boom della letteratura erotica femminile. All’origine, come sempre, c’è un caso e questo caso si chiama E. L. James, con i suoi trenta milioni di libri venduti nel mercato anglosassone. Inglese, produttrice televisiva, «moglie e madre di due figli»: così la presenta la quarta di copertina dei suoi libri, Cinquanta sfumature di grigio (nel Regno Unito è il libro che ha venduto di più nel minor tempo, dopo Harry Potter) — subito seguito da Cinquanta sfumature di nero e Cinquanta sfumature di rosso — come se il matrimonio e la maternità dovessero aggiungere un grado in più di eccitazione a chi legge le storie di catene e blande, per quanto esplicite, torture che caratterizzano l’amore (perché di sentimento si tratta) tra il dominatore Christian, ex bambino adottato divenuto imprenditore miliardario e l’ingenua studentessa Anastasia. Quello che è certo è che per E. L. James i media, che amano le etichette, hanno già coniato un genere: il «mommy porn» anche se le vendite dei suoi libri negli Stati Uniti non sono state tanto trainate da inquiete casalinghe di provincia che tra un pancake e una festa di compleanno hanno cercato una via di fuga dalla monotonia della vita di coppia, quanto piuttosto da venti-trentenni cittadine in carriera. La trilogia questa settimana è stata completata anche in Italia (grazie a Mondadori che si è accaparrata i diritti) e il genere dell’anno si è ormai imposto anche da noi.
Esplicita, estrema, letterariamente inesistente, rigorosamente romantica, preferibilmente monogamica (la libertà sessuale di Sex and the city risiede molto lontano da qui), la narrativa erotica femminile ha avuto successo soprattutto nella versione ebook. È nel digitale che la mommy londinese ha venduto di più e subito l’interpretazione del successo è stata univoca: ecco, le donne si vergognano a farsi vedere in metropolitana a leggere un libro porno; il Kindle, il Nook, l’iPad impediscono di vedere la copertina e quindi funzionano come i sacchetti di carta marrone per le bottiglie di alcolici: consentono di coltivare le proprie perversioni al riparo da occhi indiscreti. Al punto che HarperCollins ha lanciato il marchio Mischief Books, «piaceri confidenziali per apparecchi portatili», mentre anche in Italia EmmaBooks, casa editrice nativa digitale rivolta al pubblico femminile, ha fin dalla nascita una collana «Hot».

La discrezione offerta dal dispositivo digitale non basta però a spiegare il fenomeno, anche perché i libri di E. L. James hanno scalato le classifiche anche di carta e pure in un Paese certamente più puritano rispetto all’America come l’Italia dove i due volumi della mommy porn sono nei primi posti della top ten. Insomma, in generale, il Rubicone è stato varcato e le donne non si vergognano più a leggere racconti bollenti. Non è un caso il trattamento hot riservato a due classici della letteratura, tradizionalmente molto amati dalle lettrici: Orgoglio e pregiudizio e Jane Eyre. Il primo, che ha avuto un gran numero di sequel di «fanfiction» (romanzi scritti dai fan), in America ha già una versione «steamy», bollente, scritta da Mitzi Szereto, che si intitola «Pride and prejudice: hidden lusts», la «lussuria nascosta». Certo, leggere delle pratiche onanistiche di Mr. Bennet davanti a quadri erotici che si fa spedire da Londra e con i quali si chiude nel suo studio per sfuggire alla petulanza della moglie e all’insipienza delle figlie, o delle manipolazioni estemporanee di Miss Caroline Bingham a favore dell’imperturbabile Darcy, o ancora delle soddisfazioni che la troppo giovane e molto sciocchina Lydia concede agli ufficiali del reggimento di stanza a Meryton, ha un indubitabile effetto parodistico, anche se l’autrice ha respinto le accuse di vilipendio a una delle autrici più amate dalla storia dicendo di essersi voluta soltanto divertire un po’ e di non aver fatto altro che esplicitare ciò a cui la Austen semplicemente alludeva. Un trattamento simile sembra quello riservato a Jane Eyre, il capolavoro di Charlotte Brontë, in un libro che Pan Macmillan pubblicherà in agosto, prima in ebook e poi in edizione tascabile. Gli appassionati già tremano all’idea dell’«erotic makeover» che l’autrice, Eve Sinclair, ha fatto della storia d’amore rendendo esplicita «la chimica sessuale» che corre tra la giovane precettrice Jane e il maturo Rochester, e pazienza se i lettori di tutto il mondo hanno amato proprio quel non detto: «Jane Eyre laid bare», «messa a nudo» è quello che li attende. Insomma molti editori si sono messi all’inseguimento del trend e anche la britannica Mills and Boons, leader nel genere romance, che lo scorso anno era stata accusata di diffondere comportamenti sessuali inappropriati per la salute delle donne (rapporti non protetti, gravidanze indesiderate ecc) presenta una serie che va nel segno dell’hard.
Il sadomasochismo, in letteratura, è sempre esistito, dalla Justine del marchese de Sade a Histoire d’O di Pauline Réage, romanzi come Le età di Lulù di Almudena Grandes o La vita sessuale di Catherine M. di Catherine Millet hanno fatto discutere ma certo il genere raramente ha contaminato la produzione mainstream. Va in questo senso letterario il rapporto sadomasochistico rovesciato che racconta lo spagnolo Luisgé Martín in un romanzo, non certo ascrivibile al genere romance, intitolato La donna d’ombra. Guanda lo pubblicherà a settembre e il tema è quello dell’ossessione d’amore con un uomo schiavo e una donna dominatrice.

In molti si sono esercitati a spiegare il successo della «bondage trilogy» di E. L. James, con il suo sadomasochismo light che annega il brivido pericoloso di lacci, pinze e manette negli stereotipi del rosa quasi ottocentesco (lui è ricco, potente e, in fondo, malato, lei è vergine e ha la sindrome della crocerossina). Risulta difficile credere alle interpretazioni postfemministe fatte anche da fonti autorevoli (Newsweek ha costruito qualche mese fa una storia di copertina) che spiegano il successo della trilogia con l’idea che, per le donne, il potere che avrebbero raggiunto non è sempre un luogo così confortevole in cui stare, che l’uguaglianza è qualcosa che si può volere ogni tanto e in certi luoghi (e che si può scegliere quali), che la vita della donna contemporanea in carriera può essere davvero faticosa e quella fantasia di sottomissione (sicura perché concessa all’interno di un rapporto di amore) può essere paragonata a una vacanza, una fuga dall’estenuante fatica dell’uguaglianza a tutti i costi. Insomma arrendersi o fingere di arrendersi a qualcuno che, però, ti chiede continuamente come stai, può essere riposante. Le interpretazioni sociologiche hanno forse qualche fondamento, ma sembra molto più convincente leggere il fenomeno alla luce di un saggio colto e brillante di Francesca Serra che ha perlustrato i nessi inconfessabili tra voglia, finzione, masturbazione e consumo, pubblicato l’anno scorso da Bollati Boringhieri, dal titolo Le brave ragazze non leggono romanzi. «Voi forse non lo sapevate, ma siamo tutte delle pornolettrici — scrive la Serra nell’introduzione —. Tutte le lettrici senza eccezione lo sono. Anche le zitelle e le suore. Quando una bambina in ogni parte del mondo prende in mano il suo primo libro, diventa subito una pornolettrice, che lo voglia o no... Perché attraverso quel libro precipita dentro una storia molto più grande di lei, che riguarda non solo l’arte e la cultura, ma anche la sessualità».
È, in qualche modo, l’idea di Alan Bennett quando scrive La sovrana lettrice (Adelphi) e immagina la regina Elisabetta improvvisamente presa dalla febbre della lettura, che passa dal rosa di Nancy Mitford ai suoi sudditi contemporanei, J. R. Ackerley, Anita Brookner, Ian McEwan, Antonia Byatt, poi torna a Proust, Roth, Genet diventando sempre più smaliziata e raffinata, perdendosi in un’attività solitaria che rivoluziona l’agenda della monarchia. Leggendo si perde l’innocenza, scrive Francesca Serra nel suo saggio, e d’altronde già Rousseau ci aveva avvertiti, in apertura del romanzo Giulia o la nuova Eloisa: «Mai nessuna vergine ha letto dei romanzi». Il saggio della Serra è un provocatorio testo di autocoscienza, che toglie la polvere alla figura edificante e mielosa incarnata nella donna che legge e la caratterizza come una figura impressionabile, dalla fantasia spropositata che rompe di continuo i confini tra realtà e immaginario, che, fin dai tempi di Boccaccio, e poi sopratutto nel Settecento, scopre nel romanzo libertino e amoroso la fonte principale delle voglie più inconfessate e il modo più semplice per appagarle. La pornolettrice nasce quando il libro diventa merce, l’intrattenimento si allarga, la cultura viene commercializzata e la sua fame di consumo erotico può essere soddisfatta. La letteratura alta o bassa non c’entra nulla, conta solo la legge del desiderio.
Cristina Taglietti