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 2012  luglio 13 Venerdì calendario

No alla circoncisione, scontro ebrei-tedeschi - È solo un taglietto, ma ha aper­to una ferita profonda

No alla circoncisione, scontro ebrei-tedeschi - È solo un taglietto, ma ha aper­to una ferita profonda. Da ieri i rab­bini di Germania e i loro 110 mila fedeli sono di nuovo in guerra con Berlino, di nuovo pronti a tagliar i ponti con la terra dell’Olocausto. Ma stavolta sono in buona compa­gnia. Al loro fianco in quella che minaccia di venir ricordata come la «guerra della circoncisione» ci sono quattro milioni di musulma­ni e molti vescovi cattolici. Tutti pronti a scendere in piazza per di­fendere la tradizione religiosa da­gli arbitri di una magistratura cie­ca e ottusa. Una magistratura pron­ta non solo a ignorare 4mila anni di tradizione religiosa, ma anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità che raccomanda la circon­cisione per prevenire i rischi del­l’infezione da Hiv. Vallo a spiegare ai giudici crucchi. Grazie alle loro sentenze il millenario rito della cir­concisione, praticato da ebrei e musulmani, rischia di venir mes­so al bando in quanto considerato alla stregua di una barbara mutila­zione inferta a minori incapaci d’intendere e di volere. Il venticello di tiepide proteste sollevato dal giudizio di primo gra­do dello scorso­maggio diventa ve­ra buriana dopo la sentenza del 26 giugno con cui la corte d’appello di Colonia assimila ad un reato la circoncisione praticata per motivi rituali. «Un divieto della circonci­sione mette in discussione l’esi­stenza della comunità ebraica in Germania» - sostiene Pinchas Gol­dschmidt il presidente della Con­ferenza dei rabbini europei redu­ce della riunione d’emergenza di tutti gli esponenti religiosi ebraici tenutasi a Berlino per esaminare lo scottante caso. «Se il giudizio do­vesse permanere, non vedrei qui in Germania alcun futuro per gli ebrei»- aggiunge il rabbino firma­tario di un appello in cui s’incorag­gia la comunità ebraica a ignorare la sentenza e continuare a pratica­re la legge della Torah in base alla quale ciascun bimbo va circonci­so all’ottavo giorno di vita. Golds­schmidt non si limita a invitare gli ebrei alla disobbedienza civile, ma liquida la sentenza come una nuova versione dell’antisemiti­smo giustificata dai codici e tacita­mente approvata dall’opinione pubblica tedesca. «Il nuovo lin­guaggio dell’antisemitismo è il lin­guaggio dei diritti umani» - sostie­ne Goldschmidt definendo «scon­volgente » i risultati di un sondag­gio secondo cui­gran parte della cit­tadinanza tedesca sarebbe favore­vole alla sentenza della corte di Co­lonia. In verità la sentenza ha por­tato all’inedita unione di musul­mani ed ebrei. Con un appello co­mune senza precedenti il Centro Islamico di Bruxelles e il Centro Rabbinico europeo hanno defini­to la sentenza un affronto ai «basi­lari diritti religiosi». Una dichiara­zione di principio sottoscritta an­che da molti vescovi cattolici. A in­nescare la grana politico- religiosa capace di riaprire le ferite dell’Olo­causto è il caso di un bimbo musul­mano circonciso da un medico di Colonia nel novembre 2010 e rico­verato, qualche giorno dopo, a cau­sa di una piccola emorragia locale. Il caso si sarebbe chiuso lì se la car­tella clinica del bim­bo non fosse fi­nita nelle mani di un zelante magi­strato pronto a montare un caso contro il medico responsabile del­l’intervento. Così dopo il processo di primo grado si arriva il 26 giu­gno alla sentenza con cui la corte d’appello di Colonia definisce un crimine perseguibile penalmente la circoncisione praticata per moti­vi diversi da quelli medici. A dar retta al verdetto tutte le circonci­sioni devono essere considerate al­la stregua di «lesioni contrarie alla legge» perché «violano l’integrità fisica» dei minori. Il problema è ora se la decisione della Corte d’ap­pello sia limitata al caso specifico del bimbo musulmano o sia desti­nata a trasformarsi in giurispru­denza assumendo una valenza giuridicamente perfetta, ma politi­camente e storicamente catastrofi­ca.