Antonio Simone, il Giornale 12/7/2012, 12 luglio 2012
Vogliono che accusi Formigoni Non mi resta che suicidarmi - Prigioniero della politica. Sono in carcere da tre mesi perché per i pm non dico «tutto», cioè non confermo le loro ipotesi accusatorie
Vogliono che accusi Formigoni Non mi resta che suicidarmi - Prigioniero della politica. Sono in carcere da tre mesi perché per i pm non dico «tutto», cioè non confermo le loro ipotesi accusatorie. Contro la legge, con un uso strumentale e folle di disposizioni reiterate solo grazie all’insipienza di un ceto politico e di un sistema giudiziario sempre in lotta col berlusconismo (che quindi tace), sono istigato continuamente a dire il falso (cioè che ho corrotto qualcuno) e istigato al tentato suicidio come unica possibilità di risposta al sequestro della mia persona. La mia vita resta l’ultima arma disponibile per denunciare i metodi staliniani di odio politico che i pm usano in questo caso. Io mi appello a quanti hanno ancora a cuore la libertà e il diritto come base della nostra società: politici, magistrati, istituzioni, società civile. La tortura (perché il reato non viene introdotto nell’ordinamento?) è in questa fase la carcerazione preventiva trasformata in condanna preventiva su motivi inesistenti, sistema escluso dal nostro ordinamento. Presto, utilizzando in maniera folle disposizioni giuridiche, chiederanno il processo immediato per raddoppiare i termini della custodia ( condanna) preventiva (da 6 mesi a 12 mesi) per portarmi a processo in stato di detenzione, così rendendo più difficoltosa ogni mia possibilità di difesa: recuperare documenti, incaricare consulenti... Tutto questo perché non accuso Formigoni, né Lucchina e tantomeno altri funzionari della sanità? Se lo facessi, avrei detto «tutto» e potrei andare a casa? Sono in attesa della fissazione di un ricorso in Cassazione, slittato di oltre 40 giorni per il ritardo del deposito delle motivazioni del tribunale del Riesame, che ha deciso in 48 ore di rigettare tutto e ha impiegato 40 giorni per dire perché. Ora chiedo solo che ciò che a me è successo possa interrogare la libertà di ciascuno, avendo il solo coraggio di non nascondersi intorno a un ruolo che non compete. La giustizia non può essere sottoposta a odio politico-ideologico e sarebbe troppo facile per ciascuno dire «io non sono così» per tacere. Antonio Simone 11 maggio «Quel nichilistico metodo Repubblica» «Mi piace molto il metodo di Repubblica che ripete la stessa domanda tutti i giorni. Ecco la mia: perché esistete? A che servite, oltre che per sostenere il triste nichilismo? ». 17 maggio «Io, in mezzo al pestaggio tra cinghie e punteruoli» «Con Ikea (il mio compagno di cella «mobiliere carcerario») vado a farmi l’ora d’aria. (...) Mancano dieci minuti alle 14 e inizia la lotta. (...) Tutti scappano, Escono punteruoli, cinghie con sassi. Non mi sono mosso a difesa di nessuno, mi avrebbero pestato o sfregiato». 21 maggio «Il buio pare inghiottirmi ma io ci sono» «Quando le mie figlie o mio figlio mi vengono a trovare, vedo spuntare dai loro bellissimi occhioni delle lacrime spontanee,hanno l’impressione che venga inghiottito. (...)In quell’ignoto in cui sembro finire ogni volta, in realtà, io ci sono ». 31 maggio «Gli scarafaggi e quell’urlo nella notte» «Fino a pochi giorni fa le cibarie stavano sul davanzalino del bagno come in frigorifero. Poi, col caldo, sono comparsi dieci grossi scarafaggi sul davanzalino e altri venti in cella (...) Qui dormi con la testa a 15 centimetri dal suolo, dove scorrazzano quei graziosi animaletti. Ma quello che ci ha svegliato è stato un urlo proveniente dal raggio. Sono arrivati gli agenti e hanno portato via un marocchino che si era tagliato sulle braccia e sul collo. Autolesionismo». 20 giugno «In carcere l’Italia gioca in trasferta» «Italia-Spagna in cella. Al gol dell’Italia tutti festeggiano battendo qualunque cosa. Quel che conta è fare rumore. Ma quattro minuti dopo va in gol la Spagna e il rumore e i festeggiamenti sono ancor più numerosi e rumorosi. In carcere l’Italia gioca in trasferta e, spesso, non è amata dagli ospiti stranieri». 27 giugno 2012 «Lo sciopero della fame e la spending review» «Secondo giorno di sciopero della fame. Il cibo non ritirato è in corridoio. Ogni tanto, passa qualcuno, prende una pagnotta e sguscia via veloce tra gli sguardi incazzati dei detenuti. «Sono marocchini e non scioperano» (...) Il vitto giornaliero per ogni detenuto costa 3,60 euro. Il vitto giornaliero per i cani che stanno nei canili municipali costa all’amministrazione pubblica 4,50 euro al giorno. Se moltiplicate i 90 centesimi al giorno per i 70 mila detenuti italiani avrete un’idea di quanto facciamo risparmiare al governo Monti. A questo punto speriamo che Enrico Bondi non ci includa nella spending review ».