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 2012  luglio 13 Venerdì calendario

QUELL’ORSA E LA MANTA PERCHE’ CI PIACCIONO TANTO

In questi ultimi giorni sono apparse sulla stampa e in televisione immagini bellissime che ritraggono animali molto diversi. Scatti e riprese straordinari, ma, ed è questo l’aspetto più interessante, dove gli animali sono colti in momenti di vita ordinaria. Eppure sono ugualmente saliti, come si dice, «agli onori della cronaca» e ciò, appunto, non perché siano stati protagonisti di eventi speciali, ma perché li si ammira mentre, semplicemente, stanno vivendo un loro normale scampolo di esistenza.
Qui da noi in Trentino, per esempio, abbiamo una mamma orsa che è stata ripresa di schiena mentre allatta i suoi due cuccioli. La si vede dapprima guardarsi attorno con prudenza e attenzione e poi, rassicurata, stendersi sul dorso e abbandonarsi teneramente ai suoi cuccioli che, letteralmente, si nutrono di lei. C’è poi in Germania la neo mamma gorilla Rebecca ritratta mentre, dolcemente, tiene la mano protettiva e piena d’amore sul capo del suo cucciolo, venuto al mondo appena due giorni fa nello zoo di Francoforte e ancora senza nome. E anche in questo caso tutti vanno in brodo di giuggiole.
C’è infine un’immensa ma innocua mobula, che poi sarebbe una specie di manta, che è stata filmata mentre placidamente nuota nelle acque del mar ligure. In castigliano manta significa coperta perché rende bene l’idea dell’affascinante nuoto tremolante di questo gigante del mare. E la domanda, per tutti questi eventi, è questa: perché ci piacciono tanto queste immagini e tanto ci attraggono? Una prima risposta in realtà sarebbe ovvia, ed è perché, almeno nei primi due casi, è naturale sentirsi emotivamente coinvolti da una mamma che teneramente interagisce coi suoi cuccioli, così come, nel terzo caso, che è assai diverso, lascia comunque senza fiato, e incanta, la visione inattesa di un immenso e quasi sconosciuto animale marino abitante oltretutto dei mari di casa nostra.
C’è però, in questa attrazione che ci coinvolge tutti, qualcosa di più. Noi esseri umani veniamo infatti al mondo con una forte curiosità per tutti gli animali, curiosità che è scritta dentro nei nostri geni. È quella che O.E. Wilson, grande studioso della biodiversità, definì «biofilia». È un’attrazione innata per il mondo naturale che, purtroppo, s’è andata in gran parte diluendo in noi uomini civilizzati. Eppure la nostra specie, per decine di migliaia di anni, è vissuta immersa nella natura e in quel lungo spazio temporale era indispensabile, per la sua sopravvivenza, saper interagire, e conoscendoli davvero, con gli altri esseri che con noi condividevano il medesimo ambiente. È per questa «necessità di sapere» che ancora nasciamo con questa curiosità. La vediamo infatti ancora molto forte nei nostri bambini, anche se poi col tempo si attenua perché ormai viviamo in un mondo «vuoto di natura».
L’istruzione genetica rimane però dentro di noi e forse è da lì che discende quel senso di condivisione che ci porta sempre più a star aggrappati a loro, consapevoli di quanto la nostra sopravvivenza sia legata alla loro. E chissà che questo non ci porti a recuperare la centralità dell’antica cultura naturalistica che, anche se in modo diverso, non ha mai perso la sua importanza nella nostra vita.
Danilo Mainardi