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 2012  luglio 13 Venerdì calendario

DALLA TERRA DEL PROFETA AL MALI. LA FURIA DEGLI ESTREMISTI ISLAMICI - I

disordini interni in Mali mettono in allarme la comunità internazionale. La distruzione di alcune tombe da parte di salafiti alcuni giorni fa e il rimbalzare di informazioni allarmanti sul destino degli altri consistenti patrimoni artistici e culturali di Timbuctù fanno temere conseguenze simili alla distruzione dei monumenti di Bamiyan in Afghanistan o ai saccheggi dei musei iracheni. A Timbuctù e in Mali si conservano infatti i manoscritti arabi e islamici più importanti di tutta l’Africa subsahariana, spesso in condizioni difficili e sparsi tra innumerevoli collezioni private che sono da anni oggetto di piani di conservazione e digitalizzazione della comunità internazionale. Gli ultimi avvenimenti rischiano di compromettere una memoria culturale secolare, ed è forse questo che i salafiti o coloro che al loro credo paiono ispirarsi perseguono.
Molte sono le questioni che si saldano in tale grave situazione e che ispirano ciò che sta accadendo. La furia iconoclasta che caratterizza il rigorismo religioso di certe correnti di pensiero islamiche ha un ruolo importante. L’ingiunzione di non riprodurre esseri viventi o la figura umana è un precetto religioso sancito non dal Corano ma dalle parole di Maometto ed è alla base di diffidenze e a volte netti rifiuti di ogni forma di immagine.
La storia islamica è stata però sovente molto più flessibile su questo tema. Il rifiuto è sempre stato rigido e vincolante nei luoghi di culto, ma molti sono gli episodi di segno contrario negli altri spazi della vita umana. I primi califfi avevano castelli e ville ricoperte di mosaici, le corti persiane e turche rivaleggiavano nella produzione di manoscritti miniati ricchi di immagini, mentre il mondo islamico contemporaneo produce e utilizza immagini come qualsiasi altra realtà, e senza alcun senso di colpa. È perciò solo nell’ideale religioso wahhabita e salafita, rigidi tradizionalisti alla lettera, che il vincolo del precetto, che risale al Profeta Maometto, diviene assoluto ovunque.
Fu poi il fondatore del wahhabismo, Ibn Abd al-Wahhab, a lanciare nel diciottesimo secolo un’altra campagna che saldava la furia iconoclasta a una lotta senza quartiere per difendere un altro principio tradizionale islamico. Se Dio è l’unico degno di fede e unico oggetto di adorazione, ogni forma di culto nei confronti di esseri umani deve essere bandita nell’islam.
Di conseguenza ogni monumento o edificio che celebra il ricordo di musulmani importanti intacca questo assoluto culto del Dio unico. E nulla importa in tale concezione inflessibile se anche questo principio religioso è stato spesso disatteso dalla storia, dato che figure di uomini pii e musulmani esemplari divennero spesso maestri venerati e le loro tombe oggetto di culto e venerazione. I salafiti di oggi agiscono come quei wahhabiti che hanno imposto il loro credo all’Arabia Saudita e le cui prime azioni furono rivolte contro monumenti e tombe, addirittura contro la stessa tomba di Maometto: furono tutte distrutte perché intaccavano la pura fede in un solo Dio.
I salafiti di oggi, in Africa e ovunque, rispondono a questa duplice ingiunzione religiosa. E gli effetti della diffusione del loro credo sono identici in ogni angolo del mondo musulmano. Immagini e riproduzioni di figure umane ed esseri viventi vengono attaccate, e i monumenti che celebrano musulmani eminenti del passato vengono abbattuti perché secondo loro sono tutti contrari al credo monoteista e a ciò che disse Maometto. Quelle tombe che celebrano i grandi maestri dell’islam mistico e del sufismo, a cui si deve gran parte della diffusione dell’islam in Africa, diventano fuorilegge, contrarie alla rigida ingiunzione tradizionale. E vanno distrutte, vanno cancellate per una opposizione e un rigetto che divengono tanto più ferrei quanto l’Occidente se ne erge a difensore. In nome di un principio religioso che usa alla lettera quello che la stessa storia musulmana ha saputo attenuare e circoscrivere e, come in Africa, far convivere con sensibilità diverse. Ma è proprio questo che l’islam salafita vuole, perseguendo un islam unico e uguale come mai vi è stato, e cancellando differenze e tradizioni locali, dall’Afghanistan al Mali.
Roberto Tottoli