Sergio Rizzo, Corriere della Sera 13/07/2012, 13 luglio 2012
SEMINARI E VOGLIA DI POLITICA: IL RITORNO TENTA ANCHE TREMONTI —
Silvio Berlusconi si avvicina all’ormai ex ministro dell’Economia con l’aria del cane bastonato e gli offre una vacanza sul suo yacht ormeggiato ai Caraibi. E Giulio Tremonti, impassibile, non gli fa terminare la frase: «Sai bene che odio il mare. D’estate vado in montagna». Episodi della drammatica notte del 3 luglio 2004, quella del primo vero scontro fra il Cavaliere e il suo superministro, che nell’occasione fu dimissionato. E come questo ne sono stati raccontati a bizzeffe. Leggende, certamente. Che però hanno sempre lo stesso fondo di verità: Berlusconi e Tremonti non potrebbero essere più diversi.
Di più. L’ex ministro dell’Economia è l’unico che il Cavaliere abbia mai davvero temuto come avversario per la leadership del centrodestra. Prova ne sia il fatto che mentre lui lo adulava, chiamandolo «genio», i suoi fedelissimi lo accarezzavano contropelo. L’ultima stilettata, quando erano già tutti sotto la doccia e Mario Monti era da tre mesi a Palazzo Chigi, gliel’ha regalata il poeta Sandro Bondi, coordinatore del Pdl: «È il principale responsabile della fine del governo Berlusconi. Ha distrutto il nostro consenso».
Ma che Tremonti fosse ormai considerato un corpo estraneo nel Pdl, da tempo non lo nascondeva più nessuno. Lui stesso ne era assolutamente consapevole. Ad Aldo Cazzullo del Corriere che gli chiedeva già nel 2010 come fossero i suoi rapporti con Berlusconi, rispose con una delle sue perifrasi: «Ho giurato fedeltà alla Repubblica nel governo Berlusconi. E per me la fedeltà è un valore insieme morale e politico». Non lo nascondeva neppure lo stesso Cavaliere che, non era passato un mese dalla caduta del suo governo, a chi gli chiedeva un commento sull’indiscrezione che voleva il suo ex ministro in procinto di dare vita a un gruppo parlamentare autonomo, rispose così: «Auguri». Mentre il sito internet del Popolo della libertà, intento a magnificare la raffica di saggi dei politici berlusconiani, «La mafia uccide d’estate» di Angelino Alfano, «Ai liberi e forti» di Maurizio Sacconi e «La prima politica è vivere» di Maurizio Lupi, tutti pubblicati dalla berlusconiana Mondadori, semplicemente ignorava l’esistenza del nuovo libro di Tremonti, «Uscita di sicurezza». E non soltanto perché questa volta fosse stato stampato da Rizzoli anziché da Mondadori.
Ma come a spingerlo fra le braccia di Berlusconi non fu l’accusa di tradimento che nel 1994 gli rivolse Mariotto Segni, nella cui lista Tremonti era stato eletto prima di passare immediatamente a Forza Italia incassando la nomina a ministro delle Finanze, così non sono stati i piccoli e grandi sgarbi dei suoi compagni d’avventura per diciott’anni a indurre l’ex ministro dell’Economia a una nuova clamorosa svolta. E a convincerlo non è stata neppure la micidiale tempesta che ha travolto il suo «amico» (tale è e tale resterà) Umberto Bossi. Il fatto è che Tremonti non si è mai rassegnato a uscire di scena, accontentandosi di una dorata pensione, o semplicemente tornando al suo vecchio mestiere di fiscalista. Nemmeno dopo che la vicenda del suo ex braccio destro Marco Milanese, del quale la magistratura ha invano chiesto l’arresto al Parlamento, ha seriamente contribuito a sbarrargli la strada verso Palazzo Chigi: che a un certo punto sembrava spianata. Con il prestigio internazionale di Berlusconi ai minimi termini e la sua maggioranza frastornata, quella di Tremonti era l’unica faccia del governo italiano presentabile davanti all’impazzimento dei mercati. Un giorno anche la direttrice del Fmi Christine Lagarde glielo disse chiaro e tondo.
Da mesi l’ex ministro sta tessendo la propria tela per dare vita a un «qualcosa» che, se il progetto (perché di tale si tratta ancora) andrà in porto, sarà presentato probabilmente a settembre. In tempo per iniziare la lunga volata in vista delle elezioni politiche? Difficile dire. Certo la suggestione di una Lista Tremonti, o di un movimento del quale l’ex «genio» di Berlusconi sia ispiratore, in taluni ambienti imprenditoriali e finanziari è forte. Per non parlare di quell’area politica che comprende gli orfani del centrodestra non berlusconiano e i riformisti incompresi del centrosinistra. Una platea vastissima e disorientata alla quale guarda, per esempio, anche Italiafutura di Luca Cordero di Montezemolo. Ieri sul quotidiano ItaliaOggi Stefano Sansonetti ha ricordato come la fondazione ResPublica, della quale Giulio Tremonti presiede il comitato scientifico, abbia organizzato un seminario a porte chiuse con un manipolo di finanzieri e uomini d’affari, e prima ancora un incontro di studio sulle infrastrutture insieme all’Astrid di Franco Bassanini e a Italiadecide di Luciano Violante. C’è solo una stonatura, in un Paese che sembra chiedere un rinnovamento radicale: il tempo già trascorso da Tremonti sulla stessa scena che non vuole abbandonare. Ma se perfino Berlusconi sta pensando di ricandidarsi a premier per la sesta volta...
Sergio Rizzo