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 2012  luglio 13 Venerdì calendario

Il nostro concerto – 26 giugno del 1960, domenica. I quotidiani costano 30 lire e la notizia del giorno sono gli incidenti di Genova del giorno prima

Il nostro concerto – 26 giugno del 1960, domenica. I quotidiani costano 30 lire e la notizia del giorno sono gli incidenti di Genova del giorno prima. In città si doveva svolgere il Congresso del Msi: la gente scende in piazza nel nome dell’antifascismo. È al governo Ferdinando Tambroni, puntellato proprio con i voti delle destre. Finirà sulla scia della protesta popolare antifascista. Nell’anno delle Olimpiadi a Roma l’Italia si scopre benestante. E se – nel decennio precedente – il presidente della Repubblica Enrico De Nicola chiedeva al sarto di rivoltare il suo cappotto, nel decennio successivo i cappotti si comperano e portano firme francesi. In quegli anni di benessere ritrovato, le donne italiane nebulizzano lacca per capelli per cinque milioni di bombolette l’anno. Dall’America arriva di tutto, compresa la moda della depilazione di gambe e ascelle. Quasi di nascosto, chiuse nel bagno, le ragazze iniziavano il rito dell’estirpazione del pelo superfluo. In casa si diffondeva un odore di ceretta, fatta bollire sul fornello. Poi si tagliavano fasce di cotone e si disponevano ordinate sul bordo della vasca da bagno, assieme alla radiolina a transistor (anche questa in arrivo dall’America) sintonizzata sul secondo programma, quello della musica. Il tutto a volume alto, sia per poter seguire con la voce le canzoni, sia per coprire le chiacchiere segrete della depilanda accompagnata dall’amica collaboratrice alla depilazione. Tra risatine e urletti, le voci dei cantanti di successo si alternavano con quella di Renato Tagliani, presentatore di Abbiamo trasmesso, in onda alle 10 sul secondo programma. La casa si riempiva di voci, tutte mescolate fra di loro: cantanti della radio, stonature e storpiature delle depilande: “Ovunque sei, se ascolterai/accanto a te mi troverai./Vedrai lo sguardo che per me parlò/e la mia mano che la tua cercò”, cantava una delle due, seguendo la voce di Umberto Bindi. E commentava: “È Il nostro concerto... che bella canzone d’amore!”. L’altra, l’amica, vagamente imbarazzata inseriva un elemento forte di perplessità: “Sì, bella. Ma dicono che il Bindi sia... dell’altra parte! E che questa canzone l’abbia dedicata a... lui”. “Ma non mi dire! Roba da matti... roba da non credere... Dedicata a un uomo... ma dove andremo a finire!”. Questi commenti, in punta di pelo strappato, riflettevano perfettamente il sentire diffuso. Il 10 febbraio un gruppo di deputati rivolge un’interrogazione parlamentare al presidente del Consiglio, nonché ministro dell’Interno, Antonio Segni e al ministro dello Spettacolo appena nominato Umberto Tupini. Argomento, il film La dolce vita di Federico Fellini, sospettato di “gettare un’ombra calunniosa sulla popolazione romana e sulla dignità stessa della capitale d’Italia e del cattolicesimo”: se ne chiedeva il sequestro. Il 13 marzo, all’Idroscalo di Milano, vengono fatte sospendere le riprese di Rocco e i suoi fratelli, di Luchino Visconti, ritenuta opera “non molto morale e denigratoria”. Quei film scandalosi. Il 15 giugno è riassuntivo: sempre Umberto Tupini spedisce una lettera al presidente dell’associazione industriale cinematografica sottolineando come non saranno firmati permessi di proiezione per i film con “soggetti scandalosi e morbosi, negativi per la formazione della coscienza civile degli italiani”. Umberto contro Umberto. Quando Bindi dichiarerà la sua tendenza omosessuale, tutto verrà letto in quella direzione. Le parole stupende di Giorgio Calabrese suonavano insulto per le orecchie dabbene di quel 1960, senza considerare quanto fossero parole d’amore puro: “Ovunque sei, se ascolterai/accanto a te mi rivedrai/e troverai un po’ di me/in un concerto dedicato a te./… /Ovunque sei, se ascolterai/accanto a te mi rivedrai/e troverai un po’ di me/in un concerto dedicato a te”. Raffinato il testo, raffinata la musica con una introduzione irrituale di oltre un minuto, con la costruzione di tutto il brano in un crescendo sinfonico di più di cinque minuti: un capolavoro. E, nel 1960 di lacca e ceretta, un capolavoro non poteva essere firmato da un omosessuale. Quel 1960 di lacca e ceretta rovinerà per sempre la genialità di Umberto Bindi. Ma “Ovunque sei... ovunque sei.../dove sarai... mi troverai vicino.../Ovunque sei... (ovunque tu sarai)/Ovunque sei... (ovunque adesso sei)/Dove sarai... mi troverai vicino a te”.