MARCELLO D’ORTA, Libero 12/7/2012, 12 luglio 2012
IL BOOM DEI PROMOSSI È UNA BRUTTA NOTIZIA PER LA SCUOLA
Alcuni giorni fa, don Marco Scattolon, parroco di una chiesa di Rustega (Padova), ha affisso sulla porta dell’edificio sacro un manifesto su cui era scritto: «Bocciato= Peccato. Provvedi! Avviso sacro». In una successiva lettera aperta agli studenti, ha poi chiarito quelle parole. Per il Lutero di Padova (possiamo considerarlo tale, pur avendo inchiodato sul portone della chiesa una sola tesi, contro le 95 del monaco agostiniano) «perdere un anno di scuola (…) senza pentimento, e non confessarsi, è un grave peccato ». Ora, noi sappiamo bene che i giovani (per lo più) non sono assidui frequentatori dei confessionali (tanto meno andrebbero a confessare una bocciatura), e il nostro sospetto è che gli insegnanti che hanno promosso quest’anno praticamente tutti (95,7 per cento alle Medie, 1,2 per cento in più del 2011) lo abbiano fatto per evitare l’Inferno ai loro studenti. Promuovere però un asino, ovvero uno che non ha voluto impegnarsi durante tutto l’anno scolastico, preferendo agli studi la bella vita, è un atto d’ingiustizia sociale, e chi lo compie merita a sua volta l’Inferno (a meno che non si penta e confessi il peccato). Ora, per non aggravare di altri compiti il nostro don Scattolon, sto pensando di incaricare mio figlio Giacomo (sacerdote) di affiggere anche lui un enunciato o tesi sul portone della chiesa. Tesi sulla quale si potrebbe scrivere: «Hai promosso un somaro? Male, malissimo! Ti concedo 24 ore di tempo per confessarti. Dopodiché scatta automatico l’Inferno!». Dall’ironia alla serietà. Credetemi, sono stanco di sentire professori seguaci di Rodari (maestro e scrittore che pure amo tanto), don Milani (prete a cui pure mi sono ispirato), Lodi, Vecchioni e altri maîtres à penser di sinistra affermare che «la bocciatura è un’ammissione di insuccesso per l’insegnante e per la scuola ». Questa - mi si permetta dirlo - è una fesseria. Fa sempre il suo effetto, lo ammetto, riscuote sempre applausi, soprattutto d’estate, quando molti intellettuali si confrontano col pubblico di località balneari; ma sono fesserie, e c’è pure tanta ipocrisia. Chi non ha voluto (dico voluto) impegnarsi durante l’anno scolastico, chi ha preferito il Paese dei Balocchi alla scuola, va punito, e lo strumento di punizione che ha la scuola è la bocciatura. La bocciatura non è una «vendetta» del professore e della scuola, è un invito (seppure drastico) a porsi in modo serio davanti a se stesso e alla vita. E non è da farsene un dramma, come ha sperimentato per ben due volte chi scrive. È una lezione (di vita) impartita allo studente e agli stessi genitori, molti dei quali (molti, non tutti) danno per scontata la promozione del figlio e si disinteressano della sua applicazione agli studi. C’è poco da essere allegri: stiamo assistendo a un ritorno della filosofia sessantottina, quando una specie di santa alleanza tra politici, intellettuali, professori, studenti, genitori (tutti o quasi di sinistra) «reclamò il diritto di ottenere il sei e il ventisette politico, sintetizzando in tale assurda richiesta “l’altezza” del progetto educativo che si voleva perseguire» (Schoepflin). E quali sono i risultati di questo ritorno al passato? Tutti promossi, chi s’è impegnato e chi no, chi ha sudato sette camicie e chi neppure una canotta, chi è venuto a scuola tutti i giorni e chi ha bigiato un giorno sì e un giorno no, chi conosce la storia antica e chi crede che l’obelisco sia un antico re egiziano e la cariatide una malattia dei denti (risposte date a un esame di maturità, e raccolte da Mitì Vigliero Lami, assieme a decine di altre perle). Il fatto è che non solo non si può bocciare (l’insegnante teme l’ira dei genitori e/o il biasimo dei colleghi) ma bisogna andare coi cosiddetti piedi di piombo con le parole. Luca Goldoni scrive: «Ogni tanto incontro delle professoresse avvilite che per cautelarsi dalle reazioni familiari, invece di «insufficiente», ammorbidiscono: «Non ancora del tutto sufficiente» (…) invece di «indisciplinato» «assai vivace». Per cui è molto più prudente scrivere «assorto in pensieri extrascolastici» che «distratto». Promuovere tutti è un atto di irresponsabilità. Non promuovere (chi merita di non essere promosso. Altro è chi ha dimostrato di voler fare ma ha ottenuto scarsi risultati) è un atto di responsabilità. Conosco ragazzi che dopo una bocciatura hanno affrontato l’anno scolastico in modo del tutto diverso, ottenendo buoni risultati, e soprattutto maturando come uomini. Un esempio: il sottoscritto (almeno che non sia rimasto l’asino di allora).