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 2012  luglio 12 Giovedì calendario

L’ITALIA È IN CRISI PERCHÉ DIMENTICA IL BELLO

L’ITALIA È IN CRISI PERCHÉ DIMENTICA IL BELLO–

L’Italia è più povera perché è più brutta. Non lo dice un avversario politico di Mario Monti, degno erede di quel Tremonti secondo il quale con la cultura non si mangia. E sarebbe impossibile fosse un antimontiano perché i pochi su piazza (Grillo, Di Pietro...) sono dei descamisados di cui tutto si può dire ma non che siano degli esteti. Ad affermarlo è il Censis in una ricerca finanziata dalla Fondazione Marilena Ferrari: «Il valore aggiunto prodotto dai settori legati al bello era quasi il 7% del Pil nel 2000, oggi è sceso al 4,7%». In mezzo c’è stata la crisi e infine questo governo di banchieri pauperisti che salvano le province ma tagliano i fondi per i beni artistici e culturali. Già il Berlusconi terminale aveva sottoposto il dicastero di via del Collegio Romano a drastiche potature ma chi dipingeva Sandro Bondi come ministro imbelle e masochista, pronto ad accettare qualsiasi mutilazione, non deve conoscere bene Lorenzo Ornaghi, il titolare attuale. Secondo la Corte dei conti siamo scesi allo 0,19% della spesa pubblica complessiva però ubbidendo ad Angela Merkel e allo spread si può fare ancora meglio. Come si suol dire, toccato il fondo si può cominciare a scavare: basta poi non lamentarsi se a Pompei cade un muro ogni volta che piove. TURISTI STRANIERI Il Censis non si limita a misurare il valore economico della bellezza che ci arriva dal passato ovvero i soldi portati da milioni di turisti stranieri giunti nel Bel Paese appositamente per visitare Venezia, Firenze, Roma (e non certo le sobrie Mestre, Scandicci e Pomezia). Il lavoro dell’istituto capeggiato da Giuseppe De Rita fotografa il rattrappimento del bello italiano contemporaneo: -1% settore abbigliamento, -4% scarpe, - 4,5% gioielli, e via declinando. Con una precisazione impietosa: la crisi del bello non è un fatto internazionale bensì nazionale e mentre le nostre percentuali scendono quelle dei concorrenti salgono, compresi Stati Uniti e Germania che fino a ieri non sembravano poterci impensierire nella partita del buon gusto. Questo articolo non vorrei fosse rubricato nella categoria «Malinconie di un dandy»: il cedimento produttivo di profumi e balocchi non riguarda solo ricche signore, giovanotti modaioli e frequentatori di Portofino e Cortina (che comunque, grazie ad Attilio Befera, al momento è mezza vuota). Ad essere colpito è l’intero tessuto sociale: sobrietà facendo sono venuti meno 70.000 posti di lavoro e non voglio pensare a quello che potrebbe succedere in caso di ulteriore aumento dell’Iva. Qualche anno fa guardavo con una certa simpatia all’economista Serge Latouche e alla sua teoria della «decrescita felice», oggi che siamo passati dalla teoria alla pratica ho cambiato atteggiamento perché vedo la decrescita ma non vedo la felicità. Sono appena stato in Riviera Romagnola che ai bei tempi era il divertimentificio d’Italia. PANORAMA DIVERSO A Riccione in viale Ceccarini la boutique Papete, le cui vetrine erano una festa per gli occhi, ha lasciato spazio a un negozio di catena di quelli che si trovano nei più tristanzuoli centri commerciali. Il grande ristoratore Gianfranco Bolognesi, patron della Frasca di Milano Marittima, ha alzato bandiera bianca. L’eccellente cuoco Vincenzo Cammerucci ha chiuso il suo ristorante stellato di Cesenatico per rifugiarsi in un agriturismo dell’entroterra. E potrei continuare a lungo il mesto elenco delle serrande abbassate e dei ridimensionamenti. Ogni settore del bello è sotto assedio: Ikea sta falciando i migliori negozi di arredamento mentre Zara, H&M e Mango (tutte proprietà straniere) si dedicano a massacrare i piccoli punti vendita eleganti e le piccole marche raffinate (tutte proprietà italiane) di abbigliamento... Se conoscete un antiquario, un architetto, un pittore, uno scultore, un fotografo, non chiedetegli come vanno le cose perché vi racconterà una bugia oppure si metterà a piangere. A meno che non lavori all’estero, ovvio. «La bellezza salverà il mondo», scriveva Dostoevskij. «La bellezza potrebbe salvare l’Italia», dice il Censis. Ma i potenti d’Italia dovrebbero innanzitutto amare il bello e invece la famiglia Monti, che potrebbe tranquillamente permettersi Camogli, il Conero oppure Maratea, va qualche giorno in vacanza a Porto Recanati.