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 2012  luglio 13 Venerdì calendario

Hollande donne e guai– Fossero solo spread, disoccupazione, debito pubblico, pareggio di bilancio, la grande industria in crisi, le Front de la gauche e la "gauche molle" i problemi di François Hollande e della sua giovane presidenza, lo standard sarebbe più o meno simile a quello di tutti i leader europei

Hollande donne e guai– Fossero solo spread, disoccupazione, debito pubblico, pareggio di bilancio, la grande industria in crisi, le Front de la gauche e la "gauche molle" i problemi di François Hollande e della sua giovane presidenza, lo standard sarebbe più o meno simile a quello di tutti i leader europei. Ma l’uomo che ha saputo riportare la sinistra all’Eliseo, il secondo presidente socialista della Quinta Repubblica, il testimone della "transition tranquille", la vera sorpresa degli ultimi vertici di Bruxelles, è al centro di un ginepraio politico-affettivo, un gineceo molto poco "tranquille" e altrettanto poco republicano, emblema di un giacobinismo sentimentale più parigino che francese, sicuramente fuori da qualsi asi norma mai accettata prima. A casa, e fosse almeno l’Eliseo, non l’appartamento del XVI arrondissement, borghesia pura sempre per volere di lei, c’è Valérie Trierweiler - messa in quarantena aspettando la festa del 14 luglio - e tutto il mondo ha saputo cosa vuol dire dopo il suo famigerato tweet. A capo del partito c’è Martine Aubry con cui non è mai stato un idillio e figuriamoci ora che non è stata scelta come sperava per l’Hôtel Matignon, residenza del primo ministro. All’interno del partito c’è Ségolène Royal, l’ex compagna di vita, la madre dei suoi quattro figli (che ora, maledetto tweet, hanno ripudiato Valérie pubblicamente) da ricollocare, se non risarcire dopo troppe sconfitte in una posizione politicamente apprezzabile: ma si tratterebbe di sfidare Valérie, un’erinni al solo pensiero, e anche metà dello stesso Ps. Royal, la nuova Marianna di Francia, ha appena risposto alle voci su una possibile presidenza delle associazioni delle regioni, dell’Internazionale socialista, della Banque d’Investissement. «Verrà il momento in cui sarò utile per una funzione», ha dichiarato patriottica. Che Dio salvi le présiden t. Un vaudeville, l’ha definito la destra. Un melì-melò, una mescolanza, un guazzabuglio, una confusione, ha decretato quel che resta dell’alta burocrazia della presidenza Mitterrand di cui Hollande è stato portavoce e molto soggiogato, lontano anni luce dallo stile della première dame Danielle e del presidente che pur ebbe il suo daffare e anche una figlia segreta, la bella e adorata Mazarine, fuori dal letto coniugale. La Francia profonda, rurale, provinciale, balzacchiana a cui appartiene con fierezza il neo presidente, depressa dal milione di disoccupati, dal risanamento impellente dei conti pubblici e da un futuro mai come ora incerto credeva però con l’uscita di scena di Nicolas Sarkozy di aver chiuso un periodo di turbolenze caratteriali e sentimentali molto televisivo poco adatto all’umore del paese. Votando per trasformare la vita ordinaria di un uomo normale in una favola straordinaria non si sarebbe mai aspettata di assistere al dipanarsi di una trama che incrina, peggio, può ridicolizzare la sacralità dell’Eliseo e della nazione che sembrava finalmente riconquistata. E invece: ecco qua in fumo già sette punti di popolarità per Hollande, secondo il sondaggio Viavoice dei primi di luglio, e tra le varie ragioni del malumore, crisi economica e quel che ne consegue, les citoyens hanno indicato anche il famigerato tweet di Valérie. Quello in appoggio a Olivier Falorni, il dissidente candidato al seggio di La Rochelle contrapposto all’odiata Ségolène e paraninfo, quindi più che degno di riconoscenza, dell’iniziale clandestinità nel 2005 con il futuro presidente. Un tweet che ha mandato un patrimonio di consenso in tilt. Prima di tutto l’ammirazione per una première dame, «un second rôle» l’aveva definito Valérie, al secolo Massonneau, origine modeste, gusti altolocati, quinta di sei figli, decisa a continuare a lavorare (a "Paris Match", il suo giornale, dove oggi recensisce giudiziosamente romanzi e pamphlet) per mantenere la sua famiglia, tre figli avuti dal germanista di cui porta ancora il cognome. Per carità «tout casse, tout passe» si dice in Francia ma certo Valérie ha perso almeno per ora l’occasione di diventare l’icona contemporanea di una cinquantenne francese bella, divorziata, lavoratrice e indipendente. Ma il tweet ha lasciato conseguenze anche più gravi. Ha congelato il rapporto diventato affettuoso con Thomas, il figlio avvocato che molto ha contribuito al successo dell’elezione del padre, sempre a fianco anche della madre nelle presidenziali del 2007, e quello con gli altri tre ragazzi, Julien che lavora nel cinema, Clémence, studente di medicina e Flora, l’unica con ambizioni politiche. Ha raffreddato anche le relazioni con i media, gestite in modo sublime nei giorni di fuoco del tour elettorale (fu sua l’idea di una stretta di mano pubblica e a sorpresa con Ségolène che commentò dopo: «Mi domandavo perché stesse avanzando un plotone di flash»), ora critici nei suoi confronti ("La première peste de France", hanno titolato) e freschi di un dibattito eccitato e sociologico sui diritti e sulle pene delle donne.«A che gioco giochi?», ha chiesto minacciosa a una collega di "Paris Match" che aveva osato omettere l’ex alla parola coppia parlando di Hollande e Royal. A Parigi si diceva, prima del tweet, a onor de l vero, ora il giudizio è sospeso: non è Valérie a scegliere chi farà carriera nell’amministrazione Hollande. Ma certo chi è vicino a lei ha buone probabilità di avvicinarsi a Hollande. È stato il caso di Manuel Valls nominato ministro dell’Interno, ex gran maestro d’Oriente di Francia, con il quale si era creata una grande complicità in campagna elettorale, ha raccontato Valérie. Nel cono d’ombra è, invece, finito Julian Dray cacciato da lei dal quartier generale del candidato per due macchie indelebili: essere stato intimo ai tempi di Segò e aver invitato al suo compleanno Dominique Strauss-Kahn. Non manca di pesare anche la diffidenza da parte dei dirigenti socialisti: prima di diventare l’amante del segretario, da giornalista al seguito del Ps, Treirweiler raccoglieva segreti e giudizi incrociati, gli uni sugli altri, degli élephants del partito che oggi sanno bene che lei sa. Ora Valérie ha un bureau all’Eliseo e come capo di gabinetto l’esperto Patrice Biancone, un ex giornalista di Rfi. Ma su lei è calato un pietoso silenzio e non si è mai più vista in un viaggio presidenziale. Mentre i politologi si interrogano sul destino del socialismo promesso da Hollande, l’opinione pubblica si chiede: si sposeranno? Si lasceranno? Può un capo di Stato permettersi una compagna priva di una sensibilità istituzionale e rappresentativa? Il 5 luglio Treirweiler si è dedicata a una caritatevole visita in sordina a un centro di bambini handicappati di Calais. Ma ha lasciato tutti di stucco arrivando, secondo le scandalizzate voci della Côte d’Opale, con cibi propri. Una première dame con cibi propri? Per non disturbare, ha spiegato. Se il presidente non riesce a controllare Valérie, è la domanda, potrà controllare la Francia? In Europa Hollande se la cava alla grande. Con Angela Merkel si sono molto intesi, entrambi sono ponderati, secchioni, pragmatici. Al vertice del 29 giugno, il presidente francese è stato molto leale con Monti appoggiando fino alla fine lo scudo anti-spread e non cedendo alle lusinghe tedesche sulle concessioni per la crescita, leit motiv della sua elezione. E - quanto contano i dettagli - ha fatto un grande effetto il suo arrivo a Bruxelles in treno. È salito alla Gare du Nord a Parigi, è sceso a la Gare Midi in Belgio. Il pensiero è subito andato agli arrembaggi di Sarkozy: prima ancora che si materializzasse si sentiva il rumore delle sirene, il rombo degli aerei, il tuono degli elicotteri. Ma il presidente del "compromesso positivo" lanciato alla Conférence sociale del 9 luglio e della concertazione preventiva non ha ancora trovato il passo, l’andante, la velocità nel gestire il dossier al femminile. C’è stato l’impulsivo e disastroso tweet di Valérie, Eva contro Eva ancora una volta. Ma c’è stato anche il pubblico sostegno di Hollande a Ségolène per La Rochelle, detonatore di tutto. E dire che l’uomo è un mediatore, un tipo prudente, sopravvissuto a un padre di estrema destra e a una madre di sinistra: quando era meno in auge lo chiamavano "Flamby" con il nome di un famoso budino francese. Una volta qualcuno disse che sembrava il protagonista di un film di Claude Chabrol, il francese medio, bon vivant, sposato ma che fa il piedino all’amante sotto al tavolo e viene scoperto. E, in effetti, per lui è andata così. L’appoggio all’ex compagna è stato il frutto del senso di colpa, ha decretato tutta la psicologia francese interrogata su quella che è diventata una faccenda di Stato. Il senso di colpa per le sconfitte di Ségolène, una dopo l’altra, certo: l’Eliseo, la segreteria del partito, la fine della loro storia. Peccato che questo non abbia fatto saltare i nervi solo a Valérie. Ma abbia dato anche molto fastidio a tutti i socialisti che non erano stati degnati di un endorsement del presidente, stufi di favoritismi e di equilibrismi sentimentali. Parigi brucia di voci e di su pposizioni sul futuro dei protagonisti. L’affaire causa problemi continui anche al cerimoniale dell’Eliseo, tra l’altro impreparato a una "première dame single". Posizione ancora più delicata quella di Madame Royal. All’insediamento presidenziale, per esempio, nonostante sia una personalità di spicco, Ségolène ha preferito non andare. Ha spiegato: «Ci siamo messi d’accordo con François, era una questione di tatto e solennità. Potete immaginare il diluvio di commenti che si sarebbe scatenato?». Nel partito c’è Aubry che scalpita, forte dei risultati della sua segreteria - i l colpo dell’Eliseo, la vittoria alle legislative - sul piede di guerra in vista del congresso socialista di ottobre. Non vede solo Jean Marc Ayrault, il primo ministro che l’ha surclassata come il fumo negli occhi, ma anche Hollande che ha osato proporle un ministero non all’altezza, si dice la Cultura. Tanto che aveva minacciato: «Plutôt laver les chiottes». Traduzione: meglio pulire le toilette, per dirla in modo soft. Ma dove diavolo si è cacciato Molière?