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 2012  luglio 11 Mercoledì calendario

INTERVISTA A FRANCESCO MERLO


«MA È L’EPICA DEGLI SCONFITTI» –

Davvero siamo capaci di vincere solo nelle emergenze?

«Gianni Brera e Candido Cannavò ci hanno insegnato a raccontare il calcio come antropologia ed epica. Ma non siamo più i mammoni gracili e tracagnotti. Dietro alla palla siamo tutti uguali, greci e tedeschi, spagnoli e olandesi. I campioni italiani giocano e allenano in Inghilterra. Dunque i surrogati e l’abuso di metafore (il Mario Monti con la cresta di Mario Balotelli, o il cucchiaio di Pirlo come eurobond) non fanno ridere».

Con la Germania, però, ogni volta è una specie di «Grande guerra»...

«Tutta l’Italia si mette a dire che è arrivata l’occasione di riscattare la storia, da Adolf Hitler sino ad Angela Merkel... E ovviamente i Gigi Buffon ci credono, pensano di essere Ferruccio Parri o la Brigata Garibaldi. E stavolta hanno giocato anche contro la giustizia. Ma hanno battuto soltanto la squadra tedesca. Poi sono stati umiliati dalla Spagna. E tutto ricomincia: lo spread e il calcioscommesse. Cesare Prandelli dice che il Paese è vecchio e non capisce il calcio. A me, che sono un tifoso accanito dell’Italia, pare che il calcio oggi non sia un surrogato né una metafora. È il cuore della peggiore Italia: sporco e corrotto. E sconfitto».

Già: sconfitti 4-0. Però da «eroi ugualmente».

Celebrare le sconfitte come vittorie è una truffa: 4-0 è un brutto risultato anche per la Spagna. L’eccesso di vittoria, infatti, non è soltanto spia della pochezza dell’avversario. Può significare che non era quello il vero avversario e falsa le capacità della Spagna, dove anche i brocchi ora si sentono campioni».

Perché in Italia le sconfitte sono celebrate più delle vittorie?

«È tipico di chi ha vinto poco. Le guerre di indipendenza, i ragazzi non lo sanno, ma furono tutte sonore sconfitte. Ci piace quel matto di Enrico Toti che lancia la stampella, cantiamo il vecchio frac, naufraghiamo dolcemente con Giacomo Leopardi, gorgheggiamo con la Tosca “l’ora è fuggita e io muoio disperato”, preferiamo Ettore ad Achille, diventiamo sommi in esilio come Dante, o in prigione come Antonio Gramsci, o quando decadiamo come don Fabrizio Salina. Recentemente Topolino ha riproposto l’epica sconfitta del maratoneta Dorando Petri alle Olimpiadi di Londra 1908. Fu premiato dalla regina. Per non avere vinto».

Carmelo Caruso