Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  luglio 10 Martedì calendario

I Fondi sovrani «controllano» oltre un terzo di Piazza Affari - Un mercato realmente globa­le non può costruire steccati e con­fini

I Fondi sovrani «controllano» oltre un terzo di Piazza Affari - Un mercato realmente globa­le non può costruire steccati e con­fini. Un principio facile da enun­ciare ma difficile da mettere in pra­tica quando, a essere chiamati in causa, sono i Fondi sovrani, cioè gli organismi di investimento che fanno capo a Paesi che dispongo­no di notevoli risorse economi­che da mettere a reddito. Il centro studi della Consob ha provato a fare un po’ di chiarezza su un fenomeno che da qualche anno ha «terremotato» le compa­gini azionarie di molte società quotate. Esemplare il caso di Uni­credit, l’istituto internazionale che si è aperto ai capitali di Aabar, che rappresenta il fondo sovrano di Abu Dhabi (primo socio con il 6,5%),e della Lia,l’autorità di inve­stimento libica. Ma ci sono anche situazioni, come quella del Fondo pensioni del governo norvegese, che ha acquisito partecipazioni di minoranza per cercare opportuni­tà nelle blue chip italiane. Nel por­tafoglio, infatti, figurano l’1,08% di A2a, l’1,46% di Generali, l’1,75% in Impregilo e l’1,55% di Telecom. «L’operatività di questi istituti può avere effetti positivi sui mercati, in termini di maggio­re liquidità e stabilità », ha osserva­to la Consob. Tra l’altro anche l’ad di Mps,Fabrizio Viola,ha auspica­to l’intervento di un investitore so­vrano nel futuro aumento da un miliardo del Monte. L’analisi della Commissione guidata da Giuseppe Vegas parte da un dato di fatto: i fondi sovrani detengono partecipazioni aziona­rie pari al 36% circa delle società quotate a Milano, contro il 25% di quelle a Londra, e poco meno del 20% di quelle listate Francoforte e Parigi. Poco più del 2% della capi­ta­lizzazione di mercato nelle quat­tro principali Borse europee fa ca­po a questi veicoli che, a fine 2010, avevano concentrato il 40% circa del valore degli investimenti azio­nari nel settore finanziario (ban­che e assicurazioni). A seguire au­to, infrastrutture ed energia. Conoscere per decidere, è il motto della Consob. Che guarda al fenomeno con occhio vigile ma disincantato. Se attirare un inve­stimento estero è comunque un ti­tolo di merito, va anche giudicata la qualità e, soprattutto, la traspa­renza dell’investitore. Su 72 Fon­di sovrani presi in esame, solo 14 possono essere giudicati traspa­renti, giacché nel loro sito Inter­net vi è una completa disclosure sul loro portafoglio. Ve n’è, quin­di, una sessantina per i quali è mol­to difficile esprimere una valuta­zione obiettiva. Come il fondo di Singapore Temasek che non solo non rivela la sua asset allocation, ma che in generale ha la tendenza a investire in infrastrutture por­tuali, cioè acquisendo snodi stra­tegici. Come può un Paese difen­dersi se le intenzioni sono meno che amichevoli?In Italia l’ex mini­stro Giulio Tremonti ha introdot­to la normativa anti- Opa per difen­dere l’interesse nazionale in setto­ri strategici. Un cannone pronto a sparare in caso di necessità, an­che se finora contro un fondo non è stato mai utilizzato.