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 2012  luglio 10 Martedì calendario

Sprechi, la spending review che mamma Rai non osa fare - In area trucco e parrucco la Rai se la può battere con L’Oreal: 700 addetti (circa) per fare bella la tv di Stato

Sprechi, la spending review che mamma Rai non osa fare - In area trucco e parrucco la Rai se la può battere con L’Oreal: 700 addetti (circa) per fare bella la tv di Stato. Si era provato a dismetterne un po’, ma i sindacati interni sono partiti su­bito con lo sciopero generale (due, a distanza di poco), e quindi niente da fare.Ce n’è da tagliare in Rai, ancora parecchio grasso di troppo. Oltre al superpresidente Rai col potere di decidere contrat­ti fino 10 milioni di euro, la Rai di Monti dovrà soprattutto decidere come risparmiarli, i soldi, per fare quadrare i conti di Viale Mazzini. Una spending review anche per la Rai, su cui lavorerà il dg Gubitosi, che sul suo tavolo ha già il dossier ricalcato sul piano industriale 2010-2012 fatto dal predecessore Mauro Masi, una dieta ferrea per trasformare il pachiderma Rai in un’azienda a peso forma. Per il tasto più dolente, il perso­nale ( dipendente e no), ci vorreb­be più che la Tarantola una Forne­ro, roba da lacrime e sangue. Quel­la è la voce che pesa di più sul bi­lancio Rai, 1.027 milioni di euro in un anno, per pagare gli stipendi a 10.191 dipendenti a tempo inde­terminato, più altri 1.600 a tempo determinato (Mediaset ha 4.736 dipendenti, meno della metà). A quelli bisogna aggiungerci i di­pendenti delle società controllate da Rai Spa, altri 637 dipendenti per RaiWay, 439 per Sipra, 89 per Rai Cinema, e 2 per RaiWorld (in tutto 13.133 dipendenti). Solo due? Sì perché RaiWorld è una sor­ta di scatola semivuota, che per legge la Rai si deve tenere sul grop­po, e che però tra quei due dipen­denti conta l’amministratore de­legato, Claudio Cappon, ex diret­tor­e generale Rai che ha mantenu­to il vecchio stipendio anche nella desolata RaiWorld: 700mila euro l’anno. Ma è difficile che la spen­ding tagli Cappon, molto amico di Passera... In compenso la Corte dei conti, nell’ultima relazione sulla Rai, segnala l’enorme costo del personale, e sottolinea «l’esi­genza di assumere tutte le iniziati­ve che si riterranno più idonee per mantenere sotto stretto controllo l’andamento del costo di tale fatto­re della produzione, attesa la diffi­coltà di conseguire maggiori in­troiti dalle attuali fonti di entra­ta ». Dentro quell’esercito di perso­ne ci sono varie tipologie umane. Ci sono i dirigenti, che sono 314, ci sono 119 musicisti a tempo inde­terminato, e persino 11 medici ambulatoriali assunti a vita da mamma Rai. Ma la gran massa so­no i giornalisti, quasi 2mila (tra as­sunti e tempi determinati). Dei quali circa 100 tra direttori e vice­direttori. In Rai, ma in nessun al­tro posto al mondo, i cameraman sono inquadrati contrattualmen­te come se fossero giornalisti. E so­no organizzati in parecchie unità operative, 16 troupe esterne che spesso escono per girare lo stesso identico fatto. La direzione gene­rale (sia Masi che Lei) ha tentato di razionalizzare la spesa di pro­duzione dell’area news, aggregan­do cameraman e montatori, ma si è scontrata col sindacato, e quin­di stop. Tutti in fila quando si trat­ta di seguire Olimpiadi o Mondia­li di calcio. Alle Olimpiadi di Pechi­no 2008 la Rai inviò 254 persone tra giornalisti e tecnici, ai Mondia­li di Sudafrica 2010 la Rai ha man­dato 100 persone per 1.200.000 eu­ro di spese. Poi c’è tutto il capitolo «acqui­sto di servizi », che vuol dire quan­to spende la Rai per comprare va­rie cose, tra cui anche programmi e film e serie tv. Che spesso non ve­de nessuno, ma che sta guardan­do con molto interesse la Procura di Roma,che indaga sull’acquisto da parte di Rai Cinema, dal 2003 ad oggi, di diritti per film (molti mai andati in onda) pari a 1,3 mi­liardi di euro, una cifra gonfiata se­condo gli inquirenti. Passa da Rai Cinema una bella fetta della spe­sa per «Consumi di beni e servizi esterni», che in Rai, nonostante l’organico da medio Comune, è una voce enorme: 1.581 milioni di euro. Qui troviamo l’acquisto di programmi dalle società di produ­zione esterna (216 milioni di euro in un anno), spese telefoniche, tra­sporti, manutenzioni, pulizia per 153 milioni di euro, e poi 35 milio­ni per «Diarie, viaggi di servizio e costi accessori del personale». La voragine economica delle se­di estere è stata­affrontata negli ul­timi due anni e in parte risolta con un taglio di costi che ha comporta­to enormi tensioni interne. L’ex Dg Masi aveva evidenziato le li­nee di intervento poi seguite dalla Lei, con la riduzione dei costi fara­onici della sede di New York, cui dovrebbero seguire altri «sa­ving », cioè tagli nelle 15 sedi di cor­rispondenza iniziali ( anche a Bei­rut, Il Cairo, Nairobi). Qui il costo annuale è di 17 milioni di euro, il 47% del quale è composto da costi fissi quasi sempre di funziona­mento. Le voci maggiori di costo riguardano la gestione degli im­mobili che specie a Londra, Parigi e New York sono in zone di altissi­mo pregio. Su Londra c’è poi una criticità particolare per il costo ele­vatissimo del personale Rai. Altra voce che potrebbe cadere sotto le forbici della spending re­view riguarda il patrimonio immo­biliare della Rai. Terreni e apparta­menti per 176 milioni di euro, in parte alienabili come prevedeva il piano Masi. A Roma sono inuti­lizzati i terreni di Prato Smeraldo (dalle parti di Via Ardeatina) e San­ta Palomba, mentre Rai Way Spa ha immobili e siti considerati non più strategici, quindi vendibili. Si pensa anche alle sedi storiche, co­me Palazzo Labia a Venezia, nel sestiere Cannaregio, sede della TgR veneta, o Viale Mazzini a Ro­ma. Ma bisognerebbe far trasloca­re i dirigenti... Se riuscisse non sa­rebbe una spending review , sareb­be un miracolo di San Gennaro.