Diego Gabutti, ItaliaOggi 12/7/2012, 12 luglio 2012
LO SCUDO ANTISPREAD AGIRÀ SEMPRE LA PROSSIMA SETTIMANA
Ogni giorno è un nuovo giorno per lo scudo antispread. Oggi si è raggiunto un accordo, domani magari si scopre che l’accordo è saltato, anzi non c’è mai stato, così tocca riunirsi di nuovo in una capitale europea e cercare un nuovo accordo, e via così, oltre la virgola, all’infinito, come un numero periodico.
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«Mia figlia Raquel lesse La metamorfosi a tredici anni, e la trovò divertente; Gustav Janouch, amico di Kafka, la leggeva come una parabola morale e religiosa; Bertolt Brecht come l’opera “dell’unico vero scrittore bolscevico”; il critico ungherese György Lukács come il tipico prodotto d’un borghese decadente; la germanista Robert come uno degli esempi più puri di prosa tedesca; Vladimir Nabokov (in parte) come un’allegoria dell’Angst adolescenziale» (Alberto Manguel, Una storia della lettura, Mndadori 1997).
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Basta poco per rimettere in causa l’ombrello antispread (basta con lo scudo) dopo una delle sue approvazioni. È sufficiente che qualche nazione (diciamo così) economicamente disagiata adombri anche solo l’idea di poterne invocare prima o poi il soccorso a protezione dal temporale che s’è abbattuto sui propri Interessi sul Debito. In questo caso si scopre immancabilmente che l’ombrello è stato dimenticato sul tram o al ristorante.
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Ma niente paura, o nazioni europee spazzate dalla pioggia e dal vento. Vuol dire che, non appena sarà passato il nubifragio, quando si potrà uscire per strada senza che Nonno Mario si bagni il loden, ne compreremo un altro. Angela Merkel deciderà se di lusso o da due soldi (posso sbagliare, ma credo che lo sceglierà da due soldi). François Hollande e il Caro Leader sceglieranno il colore. A perdere l’ombrello all’aeroporto oppure a dimenticarlo in un pub saranno naturalmente i leader olandese e finlandese (comunque si chiamino).
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Giorgio Napolitano, invece, vorrebbe scegliere da solo, ma soprattutto in fretta, già domani, massimo la settimana prossima o quella dopo, il colore e i materiali, possibilmente pratici e robusti, dello scudo anticasta: la nuova legge elettorale. Vuole che si torni alle preferenze, che si diminuisca il numero dei parlamentari, purtroppo non c’è niente da fare (ahinoi) per il loro quoziente d’intelligenza e per il loro senso morale, ma il presidente della repubblica vuole insomma che tutto cambi e che, tutto cambiando, qualche cosa non di meno resti, per esempio il Caro Leader a Palazzo Chigi. Ma il Caro leader no: me ne vado, è deciso, non insistete.
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«Uno dei tratti salienti della nostra cultura è la quantità di stronzate in circolazione. Tutti lo sanno. Ciascuno di noi dà il proprio contributo. Tendiamo però a dare per scontata questa situazione. Gran parte delle persone confidano nella propria capacità di riconoscere le stronzate e di evitare di farsi fregare. Così il fenomeno non ha attirato molto interesse, né ha suscitato indagini approfondite. Di conseguenza, non abbiamo una chiara consapevolezza di cosa sono le stronzate, del perché ce ne siano così tante in giro, o di quale funzione svolgano. E ci manca una valutazione coscienziosamente sviluppata del loro significato per noi. In altre parole, non abbiamo una teoria» (Harry G. Frankfurt, Stronzate. Un saggio filosofico, Rizzoli 2005).
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Non sarà facile, per un eventuale Capitan Italia, mettiamo un altro Caro Leader (oppure lo stesso, dopo averci ripensato) in calzamaglia bianca e rossa da supereroe con un mantello di loden verde, lanciare lo scudo anticasta tra le gambe dei supercriminali (be’, «super» è troppo, e anche con «criminali» per lo più si esagera, diciamo allora cialtroni e, nei casi più gravi, gran cialtroni). Basterà uno scudo tra le gambe a fermare i leghisti, per fare un esempio tra mille o meglio tra centomila, e solo perché affiorato in questi giorni, quando nominano «l’autista di Bossi», come si legge sul Corriere della sera, a un posto di dirigente di Fincantieri, per di più proprio nei giorni in cui «Fincantieri faceva ricorso alla cassa integrazione»? Non sarebbe meglio spedirli tutti quanti nella «zona fantasma», una dimensione vuota, disabitata e immateriale a fianco della nostra, come facevano gli antenati kryptoniani di Superman con i criminali barocchi e i cialtroni irredimibili? Oppure picchiargli delle gran martellate in testa nella speranza di cambiargli la testa?
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«Se il rituale del processo resta invariabilmente lo stesso, il suo esito sorprende sempre. Un processo, qualunque sia la sua natura, non è una macchina ma un vero e proprio mostro, Minotauro o Frankenstein, nato da un sacrilegio: il diritto – inaudito, a ben rifletterci – che certi uomini s’arrogano di giudicarne altri» (Jacques Vergès, Giustizia e letteratura, Liberilibri 2012).
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Morale: se d’ombrello antispread, come pure di vigilanza bancaria europea e di ricapitalizzazione delle banche spagnole, si riparla sempre un’altra volta, anche di Capitan Italia si parlerà per tutta l’estate, e gli aspiranti al titolo s’alleneranno nel frattempo a lanciare lo scudo anticasta e proveranno il costume.