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 2012  luglio 12 Giovedì calendario

“NEL 2013 ME NE VADO” MA IL PARTITO DEL PROF SCALPITA

Sarebbe meglio arrivare alle elezioni con due partiti principali che si sfidano, ma raccogliendo entrambi l’eredità di Monti. Questo è il bipolarismo maturo, e non lo scatafascio visto finora. Se non ci si riesce questo obiettivo può essere perseguito da un unico partito”. Stefano Ceccanti, di mestiere costituzionalista, in arte senatore Pd, il progetto lo illustra con entusiasmo. Tradotto, in termini meno aulici, l’ideale sarebbe avere due (grandi) partiti che si scontrano, ma con la stessa agenda, dunque più o meno con lo stesso programma. Come piano B va bene pure un partitone unico, con questo intento. I piccoli contano poco, come dicono tutte le possibili riforme di legge elettorale in campo, che lasciano spalancata la porta alla grande coalizione (“Vogliono cancellare il Porcellum perché i 5 Stelle potrebbero conquistare il premio di maggioranza. L’attuale fregola per modificare la legge elettorale deriva dalla paura”, irrompe nel dibattito Grillo).
FATTO sta che ieri il progetto del partito dei montiani prende nuova forma e nuovo vigore grazie a una lettera al Corriere della Sera firmata da 15 parlamentari democratici: “Il Pd porti l’agenda Monti nella prossima legislatura”. Incipit trionfale: “Il governo Monti ha assunto un ruolo da protagonista in Europa” . Svolgimento e poi dichiarazione d’intenti: “Noi intendiamo promuovere nel Pd una trasparente discussione sulle strade che vanno intraprese perché obiettivi e principi ispiratori dell’agenda del governo Monti possano travalicare i limiti temporali di questa legislatura e permeare di sé anche la prossima”. C’è pure un appuntamento: il 20 luglio pomeriggio a Roma. In calce, 15 firme: i veltroniani Alessandro Maran, Giorgio Tonini, Paolo Gentiloni, Salvatore Vassallo, Stefano Ceccanti, Vinicio Peluffo, Marilena Adamo, il “fassiniano” Antonello Cabras, il liberal Enrico Morando, l’ex Ppi, Paolo Giaretta, la mariniana Magda Negri, Piero Ichino, il “fedelissimo” di Napolitano, Umberto Ranieri. Ma sempre ieri Monti, dopo giorni in cui molti si aspettavano una “disponibilità” a concorrere per la premiership anche nel 2013, perentoriamente afferma: “Escludo di restare ancora al governo dopo il 2013”. Non basta ai suoi fan. “Monti ci sarà anche dopo il 2013, vedremo con che funzioni”, dice Gentiloni. D’altra parte, il partito di Monti è ben più esteso dei 15 firmatari democratici. E conta sostenitori accesi trasversalmente nella maggioranza di ABC. Tanto per cominciare c’è Walter Veltroni: ora più defilato, ma del governo dei tecnici è stato tra i principali ispiratori. Meglio non tirarlo troppo in mezzo, perché non si dica che sono le sue “solite” operazioni. La conferma viene dal plauso del fido luogotenente, Walter Verini: “Il documento dei 15? Stimolante, utile e in gran parte condivisibile”. Poi c’è Enrico Letta, con la sua area: Francesco Boccia, Marco Meloni, Francesco Sanna, Marco Stradiotto. Dopo l’ultima intervista al Corriere della Sera in cui plaudeva al Professore senza se e senza ma, il partito montiano può annoverare d’ufficio persino Massimo D’Alema. E Beppe Fioroni? Potrebbe sostenere il premier, ma non l’agenda. Matteo Renzi? L’agenda, ma non certo il Professore, dato le sue ambizioni (anche se le primarie non verranno decise nemmeno dall’assemblea di sabato). Sottili distinzioni. Proprio la questione “agenda” è di quelle destinate a mettere più in difficoltà il Pd. Qdr, il settimanale dei liberal pubblica un pezzo (a firma Claudio Petruccioli) “Le vere primarie fra Monti e Bersani” che sintetizza bene quel che sta accadendo nel partito, con l’area franceschiniana cerchiobottista, i cosiddetti “giovani turchi” ovvero l’ala sinistra del Pd (i Fassina, gli Orfini, gli Orlando) che cercano di spostare una volta per tutte il baricentro del partito e Bersani (“genero di Monti e zio di Fassina”, come scriveva ieri Follini su Europa) che si barcamena per tenere tutto insieme (“Un Monti bis? Le elezioni sono democrazia”, dice ieri, limitandosi a definire “metafisica” la questione agenda Monti). Chissà se ci riuscirà dopo che Napolitano nell’ennesimo monito si è detto sicuro che “i partiti politici anche dopo il 2013 effettueranno politiche anticrisi”.
“MONTI ha detto che non si ricandida? Ma magari siamo noi che dopo le elezioni potremmo dargli una nuova investitura”. Benedetto Della Vedova (Fli) è stato tra i più entusiasti fautori del governo tecnico. Otto mesi e non poco logoramento dopo è ancora convinto. Praticamente tutti dentro il Terzo Polo (tranne, forse, Fabio Granata) sono montiani, seppur con varie sfumature. Da Pier Ferdinando Casini a Gianfranco Fini, da Roberto Rao e Enzo Raisi, da Rocco Buttiglione a Lorenzo Cesa, e poi anche Galletti, Baldassarri, Valditara, Perina e Bocchino. Il Pdl è in deflagrazione come e più del Pd: tra i montiani di fede provata c’è Maurizio Lupi. “Governa chi vince”, spiega. Certo, però, uno spiraglio si apre “se nessuno dovesse avere una vera maggioranza”. Tra i montiani del Pdl, Angelino Alfano, Gaetano Quagliariello, Mariastella Gelmini, Franco Frattini, Raffaele Fitto. Una conversione montiana l’ha avuta pure Cicchitto, che va ad affiancare “pionieri” come Scajola e Pisanu. Si dice tecnici, si legge politici di lungo corso.