Francesco De Dominicis, Libero 11/7/2012, 11 luglio 2012
QUEL CHE RISPARMIA, IL GOVERNO LO SPENDE
Se non è un bluff, poco ci manca. La mitica spending review, presentata in pompa magna dai professori del Governo di Mario Monti, potrebbe essere archiviata come una colossale partita di giro. I tagli? Impalpabili. Di sicuro, dei 26 miliardi di euro di riduzioni della spesa (spalmati su tre anni) nulla verrà destinato all’abbattimento del debito pubblico e nemmeno un centesimo alla riduzione della pressione fiscale. I tagli, ovviamente, ci sono. Tra riduzioni di spesa effettive, giro di vite alla sanità, stretta sulle società pubbliche e lavoratori statali tartassati, le misure per consentire allo Stato di spendere meno non mancano. Ma tra fondi destinati al terremoto dell’Emilia Romagna, quattrini piazzati ad assicurare uno stipendio ai cosiddetti esodati o vere e proprie partite di giro (come nel caso dei 200 milioni di euro “tagliati” alle università e trasferiti sul conto corrente delle scuole private), resta poco o niente alla voce “risparmi”. Come dire che «altre voci di costo» hanno mangiato la spending review. Operazione che potrebbe essere tradotta in maniera più corretta come «redistribuzione della spesa». Insomma, è rimasto a bocca asciutta non solo chi si aspettava una botta secca al buco nei conti dello Stato (la montagna ha superato stabilmente quota 1.950 miliardi di euro), ma pure chi sperava di rimettere un po’ di soldi nelle tasche dei contribuenti, dopo i salassi di fine anno e la mazzata Imu di pochi giorni fa. Il peso delle tasse su imprese e famiglie è insopportabile, ma non ci sono spiragli di alleggerimenti tributari in vista. E non è tutto. Accantonata la questione delle partite di giro e degli spostamenti fra le voci di costo nel bilancio statale (roba da 800 miliardi di euro), restano da passare al setaccio le misure a «effetto ritardato». È il caso dello sbandierato taglio delle province. Su 107, palazzo Chigi ne avrebbe individuate 38 da abolire. Ma anche in questo caso non si tratta di una misura di immediata attuazione. La parziale abolizione delle province, infatti, passa per un articolato procedimento amministrativo e per una complessa trattativa sui requisiti che vedrà contrapporsi l’Esecutivo agli amministratori locali. Un percorso a ostacoli che, sulla carta, dovrebbe cominciare tra qualche giorno e terminare a ottobre. Il condizionale, tuttavia, è d’obbligo. E le sorprese o passi indietro sono dietro l’angolo. L’altra perplessità su cui ragionano in queste ore gli addetti ai lavori riguarda il differimento al 2013 dei tagli ai budget dei ministeri. Di fatto, l’unica eccezione concessa dalla spending review. Del resto in ballo c’erano i «portafogli» degli stessi ministri che hanno dato il via libera alla manovra. E così hanno deciso di rinunciare, per quest’anno, ad appena 121 milioni di euro e di rimandare il grosso dei sacrifici (615 milioni) al 2013. twitter@DeDominicisF