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 2012  luglio 12 Giovedì calendario

L’ANTI-STREGA: VINCE IL MARGINALE

«Con la memoria e l’immaginazione, è possibile uscire dal presente e prenderlo a calci». Ecco una bella frase di Pino Ferraris, storico, sociologo, studioso del movimento operaio scomparso qualche mese fa. È una frase tratta da un intervento pubblicato nel numero di giugno de Lo straniero, il mensile di Goffredo Fofi. Prendere a calci il presente può anche essere l’inizio di un programma politico o culturale. Si può, per esempio, prendere a calci il presente facendo resistenza a ciò che lo stesso Fofi nel sottotitolo di un suo recente libro, Zone grigie (Donzelli), definiva il conformismo e la viltà dell’Italia d’oggi. Si può immaginare qualcosa di diverso rispetto alle ritualità del premio Strega? Si può, anche se non raggiungerai la televisione e il risultato non potrà essere contabilizzato in decine di migliaia di copie vendute. Bisognerebbe semmai soffermarsi su un terreno opinabile come quello del valore, che tutto sommato equivale al talento di sorprendere, di turbare, di offrire nuove conoscenze attraverso la materia espressiva, di deviare insomma dal conformismo di cui si diceva.
Chi potrà mai escludere che l’ultimo libro di Carola Susani, Eravamo bambini abbastanza, pubblicato da minimum fax, sia migliore dei romanzi finiti nella cinquina dello Strega o del Campiello? Eppure non è stato nemmeno preso in considerazione. E che dire degli altri scrittori che sabato — al Festival internazionale del Teatro in piazza di Santarcangelo di Romagna — verranno premiati dallo Straniero: oltre alla Susani, Sandro Bonvissuto, Giorgio Fontana, Francesco Targhetta, Alessio Torino. Tutti indegni del Ninfeo di Villa Giulia? E perché mai? Diciamo piuttosto che hanno avuto il torto di non riuscire a entrare nel giro buono per motivi del tutto estranei alla qualità dei loro libri: contatti, opportunità editoriali, visibilità, aura (l’alone di cui si è circondati conta moltissimo). Sarà per la prossima volta? Può darsi. Anche Tiziano Scarpa, segnalato nel ’96 dallo Straniero, nel 2009 ha vinto lo Strega; anche Niccolò Ammaniti ha fatto la doppietta nel 2001 e nel 2007 (con libri molto diversi). Si tratta però di casi isolati. Diciamo che, a ben guardare, se hai ottenuto il riconoscimento dello Straniero — arrivato quest’anno alla ventesima edizione — avrai pochissime possibilità di accedere allo Strega.
Senza dire che Lo Straniero, per sua stessa natura (di rivista ma soprattutto di area intellettuale), preferisce guardare ben oltre i confini letterari, estendendo l’attenzione a quelli che definisce i «percorsi eretici» nell’arte, nella cultura, nella scienza e nella società. Così negli anni ha premiato attori, gruppi musicali, disegnatori, fumettisti, sceneggiatori, riviste, fotografi, editori, centri sociali, collettivi teatrali, centri d’accoglienza, comunità: figure poco note al circuito massmediale, come, l’anno scorso, quelle di Franco Lorenzoni, il maestro elementare e animatore della Casa-laboratorio di Cenci, e dei fratelli Mancuso, musicisti di Caltanissetta che lavorano sulla tradizione siciliana.
La folta giuria di amici dello Straniero ama la marginalità non per demagogia, ma perché ritiene che ai margini si trovi il meglio: «Tanti talenti italiani molto più interessanti di quelli di cui in genere si parla», dice Fofi. Ma non la marginalità a tutti i costi: quest’anno le scelte sono cadute anche su nomi ampiamente conosciuti, come quelli di Altan, del filosofo Mario Perniola e dell’immenso attore Carlo Cecchi. Poi però troviamo una realtà decisamente periferica come il Festival Babel di Bellinzona (in Svizzera), diretto da Vanni Bianconi e orientato alla traduzione letteraria: «Un festival-seminario animato da un gruppo serio di persone, non il gran Salotto della cultura, non la vetrina del mercato editoriale e dei libri del potere, non una passerella di star o di aspiranti star come la gran parte delle manifestazioni, a partire dal Salone di Torino e dal Festival di Mantova». È nota la polemica di Fofi contro le chiacchiere da evento-fiera e contro l’intrattenimento finto-profondo con super-opinionisti e super-scrittori applauditissimi. In genere i soliti noti, che fanno il giro delle sette chiese, per essere prima o poi celebrati a Villa Giulia. A completare il lungo elenco dei premiati, ci sono Paola Splendore, studiosa di letterature postcoloniali; Alessandro Coppola, autore del saggio Apocalypse Town (Laterza); la compagnia teatrale di Faenza Menoventi; la saggista e traduttrice Maria Nadotti; l’ottantacinquenne scrittore «coloniale» italo-siriano Alessandro Spina (un vero isolato, l’ha definito Claudio Magris). Infine Adele Corradi, che ha raccolto i suoi ricordi sul priore di Barbiana nel libro Non so se don Lorenzo (Feltrinelli). Un sacco di gente, sul palco di Santarcangelo: niente assegni. Il premio sarà l’opera di un illustratore.
«Navighiamo un po’ a vista — dice Fofi —, ma l’importante è condurre la nostra piccola battaglia contro il corporativismo e i potentati, riconoscere il talento e anche la radicalità del progetto culturale, artistico, sociale accettando che si possa anche sbagliare, senza però farsi condizionare dal chiacchiericcio e dal rumore di fondo». Si può? «Si può e si deve». Un calcio al presente guardando anche ai maestri del passato? «Ma sì, tener vivi i modelli: da Gobetti in avanti, quanti intellettuali, preti, operatori, filosofi, scrittori hanno saputo fare delle proposte coraggiose, magari perdendo, ma non importa... In questo Paese senza memoria bisogna riconoscere i propri maestri mettendoli in contatto con le minoranze migliori di oggi: fare da tramite tra generazioni di minoranze». Memoria e immaginazione.