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 2012  luglio 11 Mercoledì calendario

«TRAVOLTO DA UN BACIO A 9 ANNI»

Quando racconta di sé, Elio De Capitani ricorda molto più Hector, il professore di letteratura di «The History Boys», lo spettacolo tratto dalla commedia teatrale di Alan Bennett che il regista e attore ha portato con enorme successo in tour per l’Italia, che il memorabile Silvio Berlusconi de «Il caimano» di Nanni Moretti. Parlandogli, quello che colpisce dell’uomo è una sensibilità quasi femminile, una dolcezza profonda che non ti aspetti, a tratti persino naïf.
Precoce, non solo come talento. Per il regista, classe 1953, la scintilla del primo amore infuoca l’estate dei suoi nove anni. È il 1962 e il piccolo De Capitani è in vacanza a Voghera. «Conobbi una ragazzina ai giardinetti. Capelli lunghi, scuri, un sorriso dolcissimo, occhi intensi, profondissimi. Aveva 9 anni, come me. La sera ci trovavamo in piazzetta per mangiare un gelato. Non vedevo l’ora di alzarmi da tavola per correre giù e vederla. Un giorno abbiamo deciso di andare in piscina insieme. Arrivati a destinazione, siamo scivolati come due amanti clandestini dentro una cabina, e lì, in silenzio, ci siamo tolti i vestiti e ci siamo scambiati un bacio dolcissimo». Nonostante fosse poco più che un bambino, il regista ricorda di essere stato innamorato «con un trasporto e un’intensità tali che per molti anni non sono più riuscito a provare. Quel bacio, quel contatto tra i nostri corpi, furono per me una sensazione travolgente». Di quella bambina, figlia di un carabiniere, De Capitani non ricorda il nome, né la rivide dopo quell’unica estate. Si lasciarono però con una promessa: «Guardare insieme la luna sempre alla stessa ora. Io lo feci per molti anni e, sono sicuro, anche lei».
Di quel bacio furtivo, come per una tacita intesa, De Capitani e la sua giovane fidanzatina non fecero mai parola. «Tra noi ci fu come un patto segreto: il riparlare di quel bacio avrebbe scatenato in noi sentimenti troppo forti. Può sembrare incredibile, ma mi ci sono voluti alcuni anni per riuscire a riprovare un’emozione di quella intensità. E nonostante siano passati 50 anni ricordo ancora con totale chiarezza le sensazioni suscitate dalla scoperta della purezza di quel corpo, del desiderio, della chimica dell’amore».
Quel bacio segreto segna per De Capitani il passaggio dall’età dell’innocenza al palpiti dell’adolescenza. Tanto che, racconta, in seguito «la sola vista della pelle nuda tra il calzettone e l’orlo della gonna delle mie coetanee mi faceva impazzire, e il ricordo di quel bacio tornava a turbarmi con forza». Cosa le è rimasto di quell’esperienza così sconvolgente? «Tanto, tantissimo. Innanzitutto mi ha fatto scoprire chi sono. Poi mi insegnato ad amare moltissimo le donne: trovo che siano meravigliose, posso perdermi a guardarle, sono stregato dalla loro diversità... E poi quanto la gentilezza e la delicatezza siano fondamentali in un rapporto d’amore. Quel bacio mi mostrò quanto può essere meravigliosa la scoperta dell’altro, di due esseri che si avvicinano insieme, condividendo nello stesso pudore, nella stessa ansia, nello stesso imbarazzo un desiderio totalmente simmetrico».
Le esperienze successive ne furono in qualche modo influenzate? «In ogni pezzetto di storia d’amore che ho vissuto, comprese quelle in cui ho sofferto e sono stato male perché non ero ricambiato, c’è stato l’imprinting di quel bacio. Aspettavo sempre la sincronia di quell’agire insieme. Ricordo che anni dopo ebbi una fidanzatina di 13 anni che mi rimproverava in ogni momento di non essere stato io a fare il primo passo. In realtà quel ritrovarsi nello stesso istante non mi è più capitato fino a che non ho incontrato Cristina, con cui sto insieme da più di quarant’anni». Come andò con lei? Ride. «Una manciata di giorni dopo esserci conosciuti ci chiudemmo in casa lanciando le nostre valigie su un soppalco: per tre giorni non siamo più scesi. Ricordo che la prima cosa che le ho toccato è stato il naso: una tenerezza».
È a conoscenza di quel suo primo bacio o lo scoprirà leggendo questa intervista? «Certo che lo sa, è un’esperienza di cui abbiamo parlato e che continua a ispirarmi suggestioni per le storie d’amore che porto sul palco, come "La discesa di Orfeo" di Tennessee Williams che porterò in scena al Festival di Spoleto. Perché un bacio ha senso solo se visto da "dentro". Visto da fuori non dice niente, ed è il motivo per cui al cinema è sempre accompagnato dalla musica, col rischio magari di scadere nel melenso. Cosa che nella realtà un bacio non è mai».
Laura Zangarini