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 2012  luglio 10 Martedì calendario

UNA COMICA CHIAMATA MATURITÀ

Acquisire competenze rispetto al proprio organo riproduttivo”: ovvero della sessualità infantile secondo Freud. Li vedi sudare, struggersi, tentare di reperire nuove sorti per un registro linguistico che – improvvisamente – deve trasformarsi per essere all’altezza dell’occasione: il colloquio dell’esame di Stato. Oppure – magari sorprendentemente – parlare fluidi, spediti, tranquilli. Ma spesso accade che, come nel caso precedente, si rischia di sfiorare il non sense. E non per una volontà di riprodurre sperimentazioni della Neoavanguardia, della quale nessuno sa niente perché i “programmi” sono strettamente incatenati per mesi all’Ottocento e contemplano – al massimo – Svevo, Pirandello, Montale e Ungaretti, dai quali ci separano – più o meno – 100 anni. Ma perché una voce interiore (che non è il “tu devi” kantiano), mista a un’emozione che letteralmente trasuda dalle mani scivolose che – per farli sentire a proprio agio – stringiamo quando si siedono per iniziare il colloquio con la stessa aria con cui si accosterebbero a Torquemada, suggerisce loro che lì bisogna parlare così.
IL COLLOQUIO dell’esame di Stato consente però – in linea di massima – di saggiare, in una sorta di test implacabile, le tendenze della new generation. Ci sono i tradizionalisti, con l’evergreen “D’Annunzio estetista”, che rappresenta, assieme alla ormai classica attribuzione a Pascoli della poesia “Per Agosto” (X agosto), uno degli svarioni che il tempo non riesce a cancellare. E dà anche a noi prof un rassicurante senso di continuità: gli anni passano, continuiamo a mettercela tutta, ma la consapevolezza linguistica e il pensiero riflessivo non sono di questo mondo 2.0. Ci sono poi gli ottimisti, quelli che – in seguito al suggerimento dell’insegnante che sta disperatamente cercando di instradarli su una risposta – sparano un “esatto!”, a confortare l’interlocutore che, nonostante il suo banchetto di frutta presso il mercato rionale, questa volta ci ha azzeccato: grazie! Ci sono i mistici: “Dio, che è tutto quanto”; i confusi, che cercano, come si dice a Roma, di buttarla in caciara: “Foscolo: esotismo romantico”; “Zante: in Friuli… più o meno”. Ci sono gli evocativi, che lasciano immaginare a chi li sta interpellando la risposta corretta: “Davanti a ’Questa non è una pipa’ di Magritte rimani un attimo…”; sì, un attimo. Quando non è un attimino. Ci sono i socratici, quelli che sanno di non sapere, ed esibiscono un sapiente uso del condizionale: “Il Giappone sarebbe un’isola”; “il naufragio, che poi sarebbe la Prima guerra mondiale”; ci sono i semplici di cuore: “Schopenhauer è un filosofo pessimista, che va a pensare sempre alle cose più brutte che possono capitare”; “Fosca di Tarchetti ha degli attacchi di crisi”. Tutti, o quasi, ricorrono a indomabili vezzi linguistici, ormai veri e propri luoghi dell’anima: praticamente; infatti; cioè; giusto!, infine; comunque; comunque sia; in una libera perdita di senso e di funzione dei connettivi. Attendo con ansia il momento in cui lo sdoganamento definitivo dal gergo giovanile consentirà di (non) rispondere a una domanda con uno: “Scialla, prof!”. Trovo affascinante constatare come alcune etichette, attraverso le quali si individuano sinteticamente atteggiamenti, forme, caratteristiche culturali, assumano durante il colloquio vita propria, allontanandosi dai contenuti ai quali fanno riferimento, sfoderate come una sorta di grimaldello per rispondere (senza rispondere) ad alcune domande e accompagnate in genere da una sorta di sospiro di sollievo: l’inetto, il forestiere della vita, la complessità, il relativismo.
IL MASSIMO si raggiunge comunque nelle cosiddette “tesine”, dalle quali il colloquio deve iniziare: un lavoro elaborato dal candidato, che dovrebbe individuare un argomento affrontato dal punto di vista delle varie materie scolastiche. Si parte: “Greco? Okay!”; “Dico Menandro”. Accadono cose curiose: Bergson, se viene esposto in “Francese”, non è più “Filosofia”. Ma gli esiti più improbabili si ottengono per l’ansia di far entrare nel calderone anche le materie scientifiche. Qualche esempio. Argomento generale: l’umorismo; Scienze: le fasi lunari (il sorriso della luna); Matematica: dimostrazioni per assurdo e paradossi. Tesina: la tranquillità (con tanto di De Tranquillitate Animi di Seneca); Matematica: asintoti orizzontali (“danno una sensazione di tranquillità, prof!”). La scenografia, sono pronta a scommetterlo, sarà la stessa anche nei prossimi anni: le aule disadorne, il caldo africano dell’immancabile sequenza Scipione-Caronte-Minosse che verrà; i commissari a sventolarsi esausti con le versioni plastificate delle mappe (rappresentazione grafica delle “tesine”); il presidente di commissione che chiude il colloquio, domandando al candidato cosa vorrà fare in futuro. “La Bocconi... Bella, prof! E grazie di tutto”.