Stefano Sansonetti, ItaliaOggi 10/7/2012, 10 luglio 2012
GERMANIA PIENA DI BANCHE ZOMBIE
Sarebbe difficile immaginarsele gambe all’aria. Troppo forte l’impressione di una Germania a tripla A per poter pensare a banche federali in preda al panico. Eppure, se non ci fossero stati 400 miliardi di euro, prontamente messi a disposizione, «mezzo sistema bancario tedesco non sarebbe in vita».
Senza contare che questi 400 miliardi non sono minimamente transitati per il debito pubblico di Berlino, perché si tratta di risorse raccolte ed erogate dalla Kfw, ovvero la Cassa depositi e prestiti tedesca che non fa parte del perimetro della pubblica amministrazione. Mediobanca non va certo per il sottile nell’analizzare cosa sta succedendo all’interno del sistema bancario tedesco. In un’analisi presentata da Antonio Guglielmi di Mediobanca Securities, messa agli atti di un seminario svoltosi al Cnel lo scorso 5 giugno dal titolo «Lo stock del debito si può abbattere con misure straordinarie?», si prende spunto da quanto fatto dalla Kfw per provare a immaginare un simile utilizzo da parte della nostra Cassa depositi e prestiti.
Cominciamo subito dicendo che veicoli simili alla tedesca Kfw, come la Cdp italiana o la Cdc francese, sono tutti fuori dal perimetro statale. Naturalmente risulta differente da paese a paese il modo in cui si sfrutta questa situazione da un punto di vista contabile. «Kfw essenzialmente tiene in vita quelle che sul mercato chiamiamo le zombie Landesbanken», ha esordito Guglielmi, spiegando subito dopo che la medesima Kfw in Germania ha agito raccogliendo ingenti fondi sul mercato. In pratica la Cassa di Berlino ha svolta un’attività di «subsidy funding», senza la quale «mezzo sistema bancario tedesco non sarebbe in vita». E non si tratta certo di bruscolini, visto che per tenere in piedi la disastrata rete delle banche dei Land, la Kfw ha raccolto qualcosa come 400 mld di euro. Si tratta, ha illustrato Guglielmi, «di debito che il governo tedesco non emette in capo al governo centrale, ma lo fa attraverso un veicolo che, di fatto, viene trattato fuori dal perimetro della Pa». Ne consegue, ha continuato il manager dei Mediobanca Securities (in pratica l’equipe di analisti finanziari del gruppo guidato da Alberto Nagel e Renato Pagliaro), che se si portasse questo debito di 400 miliardi «nel perimetro statale, il gap del nostro rapporto di debito sul Prodotto interno lordo con la Germania andrebbe più che a dimezzarsi rispetto a quello attuale».
In realtà, lungi dallo stigmatizzare questa sorta di escamotage contabile, Guglielmi ha spiegato che potrebbe essere utilmente sfruttato anche per la nostra Cassa depositi e prestiti. E qui si finisce nel campo di una proposta già avanzata a suo tempo da Mediobanca, che in quest’occasione è stata integrata con qualche dettaglio. L’idea, in pratica, sarebbe quella di utilizzare i più appetibili attivi dello stato non per cercare rapide e pericolose dismissioni, bensì come garanzia di una potenza di fuoco finanziaria attivabile dalla Cassa depositi e prestiti. L’analisi di Mediobanca prende in considerazione asset pari a 80 miliardi di partecipazioni nei residui gioielli di stato e in varie società pubbliche e 100 miliardi di real estate in grado di dare un effettivo riscontro. In più Guglielmi prova anche a rompere il tabù dell’oro dello stato, stimato in 130 miliardi di euro. Ebbene, si potrebbe partire con un collateral di 100 miliardi di euro che potrebbero garantire una raccolta di risorse da parte della Cassa, attraverso l’emissione di obbligazioni, per un totale di 200 miliardi di euro. «Così facendo», ha detto Guglielmi, «andiamo a mettere leva in Cdp e con quel funding possiamo eventualmente fare anche finanziamenti alle famiglie per entrare in un fondo real estate». Un fondo che però non potrebbe essere organizzato in tempi brevi, come invece esigerebbero le urgenze del momento, perché «siamo ancora in fase di censimento di questi attivi».
Insomma, alla fine l’analisi di Mediobanca è piuttosto cupa sulle prospettive di utilizzo degli attivi statali per abbattere il debito. Il punto principale è che l’Italia ha perso troppo tempo e ora le condizioni di mercato non consentono grossi guadagni. E allora? Per Mediobanca gli asset vanno visti in prospettiva europea. Perché agli eurobond, prima o poi, si arriverà. Ma per farlo si dovranno portare in garanzia i propri «gioielli». Quegli stessi gioielli che l’Italia, se avesse agito con tempestività, avrebbe potuto usare per far scendere il suo enorme debito.