Marco Gorra, Libero 10/7/2012, 10 luglio 2012
BUSH È PIÙ BUONO DI VELTRONI LUI VA IN AFRICA AD AIUTARE I BIMBI
Morale della favola: il cattivo è buono, i buoni sono delle schiappe e sui pregiudizi è sempre bene fare affidamento il meno possibile. Protagonisti: GeorgeW. Bush nel ruolo del cattivo, Walter Veltroni (e soci) in quello dei buoni e tutti noi - chi più chi meno -in quello dei detentori di pregiudizi. Trama: l’ex presidente degli Stati Uniti d’America nonché uomo politico più detestato del pianeta, zitto zitto, se ne va in Africa a salvare un mucchio di bambini malati. Comprensibile lo smarrimento del pubblico. Ma come, il beone guerrafondaio e bigotto e marionetta delle multinazionali e dirottatore di aerei e annegatore di neri e inquinatore del pianeta prende e va a tirare su ospedali in Zambia? Da un po’ la notizia è fissa su praticamente ogni media americano. Invariabilmente, la stragrande maggioranza dei commenti a corredo iniziano con «Premetto che non l’ho mai votato, però» (seguono apprezzamenti). Posto che darsi alla filantropia per gli ex presidenti americani è la norma,la vicenda del 43esimo inquilino della Casa Bianca sorprende per due fattori. Primo: il profilo. La stessa norma che vuole gli ex presidenti impegnati a fare del bene, vuole infatti che il tutto non passi inosservato: la pubblicità intorno alle iniziative dei vari Clinton e Carter non manca mai. Bush, invece, la beneficenza vuole farla in silenzio, ed è riuscito a tenere il tutto talmente sotto traccia da potersi levare la soddisfazione di spiegare alla tv che l’ha intervistato qualche giorno fa che lui non vuole fare notizia perché «il servizio silenzioso è il miglior servizio». Secondo: il personaggio. Perché Bush è stato, per otto interminabili anni, il parafulmine di tutto il male di questo mondo, cui è stata data la colpa di tutto ciò che di brutto accadeva nel Pianeta. E che oggi abbia tirato su 85 milioni di dollari per i bambini malati di cancro cervicale rappresenta, per un mucchio di gente là fuori, un evento inconcepibile. E sì che, per chi non fosse stato troppo preso a leggere su Internet che Bush aveva detto agli ebrei di non andare al lavoro a Manhattan l’undici settembre, gli indizi erano lì. Come gli aiuti per l’Africa triplicati sotto la sua presidenza (1,4 miliardi nel 2001, diventati 5 nel 2006 con l’obiettivo di arrivare a 9 nel 2010). O come il miliardario piano di contrasto all’HIV in Africa varato nel 2003 e i cui frutti sono stati di recente visitati da George W. e signora nell’orfanotrofio zambiano dove chi è vivo lo è grazie a quel piano. I sedicenti buoni di casa nostra, a questo punto, fanno la figura di Pulcinella. E si torna sempre a Veltroni, che se fosse andato in Africa la metà delle volte che lo ha promesso ora avrebbe la cittadinanza onoraria di mezzo continente. Veltroni, però, pare destinato a farsi attendere ulteriormente. Farsi la guerra con D’Alema è attività al solito totalizzante, e se proprio c’è da montare sull’aereo meglio fare rotta verso NewYork, dove qualche anno fa ha comprato una casa a Manhattan per attutire il trauma degli studi all’estero alla figlia Martina, povera stella.Sempre meglio di quelli che in Africa ci sono andati davvero. Tipo Giovanna Melandri, leggenda vivente del radical chic pizzicata qualche capodanno fa a ballare - orrore e volgarità - nella villa kenyota di Flavio Briatore (strazianti strascichi con lei che prova a negare l’evidenza buttandola sul «turismo consapevole» salvo venire sbugiardata subito dopo). E se i buoni sono questi, meglio avere cattivi del calibro di George W. Bush.