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 2012  luglio 10 Martedì calendario

MARIO SI FA SCRIVERE IL FISCO DALL’FMI


Il Fondo Monetario mette ufficialmente piede in Italia. Molto di più di quanto accaduto a novembre quando Silvio Berlusconi aveva invitato una delegazione dell’istituto a visitare periodicamente i nostri conti per garantirne la trasparenza. Stavolta, invece l’Fmi, come sua abitudine, arriva con la funzioni di arbitro. Una nota del Tesoro annuncia di aver chiesto al Fondo monetario una valutazione tecnica sulle proposte di riforma contenute nella legge delega fiscale. Una nota scritta dal Tesoro spiega che la delegazione «inizierà i lavori il 12 luglio per terminare il 27, e analizzerà alcuni temi specifici di politica tributaria». Il rapporto sarà consegnato ad agosto. Un sistema, da quanto si capisce, per blindare l’aumento dell’Iva previsto nel 2013, che verrà certificato nella legge delega fiscale. Una volta ottenuto il via libera dai collaboratori di Christine Lagarde, l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto sarà blindato: nessuno, almeno nelle intenzioni del Presidente del Consiglio, potrà chiedere di eliminare un intervento ritenuto necessario anche dai sacerdoti dell’ortodossia finanziaria mondiale. Ma con questa scelta si apre un fronte che potrebbe trasformarsi in una valanga. L’Italia comincia a cedere sovranità al Fondo. Non siano ancora agli scenari greci ma è evidente che il finale di partita è quello. Se le difficoltà con i partiti e con il Parlamento dovessero superare il livello Monti è pronto ad «autocommissariarsi», offrendo la possibilità di veto al Fmi. Un avvertimento anche per il futuro. Se la politica abbandona le strade dell’ortodossia dovrà rassegnarsi al peggio. Magari essere costretta a celebrare le prossime elezioni politiche con gli ispettori della troika (Fmi-Bce-Ue) a Roma. Esattamente com’è accaduto un mese fa ad Atene. A quel punto le differenze tra i partiti diventerebbero una melassa che porterebbe inevitabilmente ad un governo di larghe intese. Come dire: Monti dopo Monti. O almeno la conferma del “metodo” inaugurato dall’attuale presidente del consigli. Tanto più che la legge delega sulla riforma fiscale non è solo Iva, ma andrà ad agire sull’Irpef, accantonando le tre aliquote prospettata del governo Berlusconi. Verrà poi istituita una commissione indipendente per quantificare i risultati della lotta all’evasione fiscale, in modo da avere un valore chiaro ed univoco delle risorse da destinare al taglio delle imposte. La riforma, infine, prevede anche l’ abolizione di diverse agevolazioni. Non dovrebbero essere toccate quelle relative a ricerca e sviluppo, tutela ambientale e via elencando. Al più ci saranno dei ritocchi. Saranno travolte le contribuzioni indirizzate a pochi beneficiari e di minimo importo. Per queste misure, il premier chiede la certificazione dell’Europa e del Fondo Monetario. Una pressione per ottenere dal Parlamento un rapido via libera. Con le pensioni il premier giustificò la severità della riforma spiegando che così l’Italia si sarebbe allineata agli standard continentali. Ora c’è da sperare che il medesimo parametro venga utilizzato per giustificare l’alleggerimento del carico fiscale. Per intendersi, l’Italia nel 2012 è al quinto posto mondiale per quel che riguarda la pressione fiscale (nel 2007 era settima): peggio di noi (al 45,2%), solo Danimarca on 47,4%, poi Francia 46,3%, Svezia 45,8% e Belgio 45,8 per cento. Peccato però che togliendo dal Pil la quota di sommerso, la pressione fiscale effettiva (quella reale e percepita), nel 2012, sui contribuenti in regola sia arrivata al 55 per cento. Un quadro che si aggraverà ulteriormente con l’aumento dell’Iva. N.SUN.