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 2012  luglio 11 Mercoledì calendario

Come funzionano in Italia i trapianti? - A Genova un ospedale ha bloccato l’attività di trapianto dopo che una équipe si era rifiutata di fare un espianto di fegato perché l’organo non sarebbe stato trapiantato su un loro paziente

Come funzionano in Italia i trapianti? - A Genova un ospedale ha bloccato l’attività di trapianto dopo che una équipe si era rifiutata di fare un espianto di fegato perché l’organo non sarebbe stato trapiantato su un loro paziente. Ma come funziona in Italia il sistema trapianti? Il sistema prevede che il coordinamento delle attività di donazione, prelievo e trapianto sia articolato su quattro livelli: nazionale (Centro nazionale trapianti), regionale e interregionale (Centri regionali trapianto e Centri interregionali trapianto) e locale (Asl e Centri trapianto). Questa organizzazione multilivello ha permesso al sistema trapianti italiano di raggiungere livelli di eccellenza negli ultimi anni, sia per qualità dei trapianti effettuati che per condizioni dei pazienti trapiantati, due variabili strettamente legate. Un’organizzazione così capillare, basata sulla trasparenza, ha reso il nostro paese un’eccellenza europea. Come si suddividono funzioni e responsabilità dei vari centri coinvolti? Il Centro Nazionale Trapianti svolge diversi compiti: cura le liste delle persone in attesa di trapianto, definisce i parametri tecnici e i criteri per l’inserimento dei dati delle persone in attesa, mette a punto i protocolli operativi per l’assegnazione degli organi e dei tessuti secondo parametri stabiliti esclusivamente in base alle urgenze ed alle compatibilità, e si occupa del controllo dei centri e delle strutture coinvolte nei trapianti. I centri regionali e interregionali, invece, si occupano di coordinare le attività di raccolta e di trasmissione dei dati relativi alle persone in attesa di trapianto, coordina le attività di prelievo e i rapporti tra i reparti di rianimazione presenti sul territorio e le strutture per i trapianti, assicura il controllo sull’esecuzione dei test immunologici necessari per il trapianto, procede all’assegnazione degli organi in applicazione dei criteri stabiliti dal Centro nazionale e coordina il trasporto dei campioni biologici, delle équipe sanitarie e degli organi e dei tessuti nel territorio di competenza. Chi autorizza il prelievo di un organo? Il prelievo di un organo non richiede nessuna autorizzazione. «Il donatore – spiega Nanni Costa, direttore del Centro Nazionale Trapianti viene gestito dai centri regionali o interregionali di competenza, in base alla regione di riferimento. L’intervento di espianto può invece essere fatto in tutti gli ospedali dotati di reparti di rianimazione e chirurgia, senza quindi alcuna preventiva autorizzazione ministeriale». Esiste l’«obiezione di coscienza» per l’espianto di uno o più organi? No. «I medici preposti al prelievo di organi da un donatore, infatti, non possono scegliere se e quali organi espiantare», precisa Costa. In caso di comportamenti ritenuti scorretti, la Rete nazionale trapianti è organizzata in modo da essere prontamente informata affinché l’organo o gli organi non vadano persi. Successivamente, il Centro Nazionale Trapianti segnala l’accaduto alle autorità competenti, l’azienda sanitaria e l’assessorato regionale, per eventuali provvedimenti e viene predisposta un’equipe che proceda al prelievo degli organi. Il prelievo e il successivo trapianto vengono effettuati da équipe diverse? A eccezione dei reni, di solito il prelievo e il trapianto vengono effettuati dalla stessa equipe regionale. Questo per motivi di tempo. «Mentre infatti i reni possono essere trapiantati anche dalle 20 alle 24 ore dopo l’espianto – spiega Costa - per il fegato e il cuore i tempi sono più stretti. Il fegato deve essere trapiantato al massimo dopo 14 ore dall’espianto, mentre il cuore al massimo dopo 8 ore». I medici che effettuano il trapianto sono gli stessi che accertano la morte del paziente? No, si tratta di due équipe di medici diverse per l’interesse del paziente. La donazione di organi e tessuti può avvenire soltanto in seguito a diagnosi di morte e se il defunto ha espresso in vita la volontà a diventare donatore. Può aver parlato con i famigliari, depositato la sua volontà presso gli sportelli Asl attivi per la registrazione delle dichiarazioni di volontà, oppure aver conservato tra i documenti nel portafoglio una nota scritta. Il donatore può decidere, quando è in vita, a chi donare i suoi organi in caso di decesso? No, gli organi vengono generalmente assegnati ai pazienti in lista di attesa in base alle condizioni di urgenza ed alla compatibilità clinica ed immunologica del donatore con i pazienti in attesa di trapianto. Su questo punto la normativa è molto rigida. Altra cosa è invece il trapianto di rene o fegato da donatore vivente. In questo caso, ogni persona in buone condizioni di salute può diventare un possibile donatore nei confronti di un parente consanguineo o non consanguineo (nel caso, per esempio, di coniugi o adozioni). Per valutare caso per caso viene inoltre predisposta una commissione ad hoc a cui spetta l’ultima parola.