FRANCESCA PACI, La Stampa 11/7/2012, 11 luglio 2012
Per gli immigrati il posto fisso non è più un sogno - C’ era una volta il vucumprà, l’ambulante clandestino diventato negli anni ’90 l’icona dei fino ad allora sporadici immigrati, l’orda anomala abbattutasi sull’Italia post-boom in modo un po’ minaccioso e un po’ straccione
Per gli immigrati il posto fisso non è più un sogno - C’ era una volta il vucumprà, l’ambulante clandestino diventato negli anni ’90 l’icona dei fino ad allora sporadici immigrati, l’orda anomala abbattutasi sull’Italia post-boom in modo un po’ minaccioso e un po’ straccione. Sembra passato un secolo. Oggi gli stranieri costituiscono il 7,5% della popolazione (un aumento record del 353% nell’ultimo decennio), sono titolari di 281 mila imprese individuali, lavorano nell’agricoltura (32,3%), nell’edilizia (27,9%), nell’industria (20,8%), nei servizi (16,1%) e nel 73% dei casi sono assunti con contratti permanenti (contro il 64% degli italiani). Il Rapporto annuale sul mercato del lavoro degli immigrati, presentato ieri a Roma dal ministro del Welfare Elsa Fornero e dal sottosegretario Maria Cecilia Guerra, fotografa un Paese giunto in vent’anni a tallonare il melting pot francese, inglese e tedesco, dove non solo gli immigrati contribuiscono allo svecchiamento (gli stranieri over 65 sono il 2,3% contro il 20,3% degli italiani) ma impattano fortemente sul mercato del lavoro. «Registriamo la crescita e la maturazione del fenomeno migratorio in Italia» nota la Fornero. Tra i dati più evidenziati c’è l’aumento della stabilità (il 36% dei nuovi ingressi è legato a ricongiungimenti familiari mentre il 46% degli extracomunitari dispone di un permesso a tempo indeterminato), la femminilizzazione del l’occupazione (fino a pochi anni fa ad essere impiegate erano 80 donne ogni 100 uomini, oggi il rapporto è di 105 a 100) e la presenza regolare sul mercato del lavoro (in particolare al nord con il 16,6% delle assunzioni e al Centro con l’11,2%, contro il Sud con il 4,7%). «Un aspetto nuovo e tutto italiano del fenomeno migratorio è l’aumento simultaneo dell’occupazione e della disoccupazione» sottolinea Natale Forlani, autore del rapporto. Se è vero che a fronte di un calo dell’occupazione italiana (-0,4% nel 2011) quella straniera è cresciuta del 6,1% tra i comunitari e del 9,2% tra gli extracomunitari, è altrettanto vero che i tassi di disoccupazione degli immigrati sono 4 punti percentuali superiori agli italiani in virtù dell’aumento esponenziale della popolazione attiva (le seconde generazioni nate o cresciute nel nostro Paese sono circa un milione di persone). Certo, gli stranieri guadagnano mediamente meno (55,9% under 1000 euro contro il 27% degli italiani), ma sta crescendo la domanda di lavoro qualificato. La prova dell’integrazione (quantomeno professione) viene anche dalla diffusione dei contratti standard per cui nel 2011 il 18% degli immigrati ha avviato rapporti di lavoro a tempo indeterminato (tra i comunitari la quota è pari al 22% del totale mentre tra gli extracomunitari sale al 39%). «Ecco la prova che gli immigrati non sono più come all’inizio un problema emergenziale o di ordine pubblico ma rappresentano una sfida demografica e strutturale per la crescita del Paese» commenta il deputato del Pd Andrea Sarubbi. Stima che in alcuni ambiti come quello delle donne filippine residenti nella Capitale l’occupazione superi di gran lunga il 90%: «Aumentano i mutui contratti, si moltiplicano le partite Iva, è evidente che dalla scuola al mercato del lavoro gli stranieri siano ormai un valore aggiunto e sarebbe il momento di rimettere mano al decreto flussi per far incontrare domanda e offerta». La necessità d’una revisione del fenomeno migratorio è una delle postille del nuovo Rapporto sottolineate dal sottosegretario Maria Cecilia Guerra che proprio a questo associa l’estensione da 6 a 12 mesi del permesso di soggiorno in attesa di lavoro e la sospensione di quello in scadenza per chi è in cassa integrazione. Con buona pace degli originari e precarissimi vucumprà.