Julia Giavi Langosco, ItaliaOggi 11/7/2012, 11 luglio 2012
Venezia ritrova le stanze di Sissi Restauro a Palazzo Reale con i soldi dei mecenati francesi A Venezia, dopo oltre un secolo di oblio, riapre oggi Palazzo Reale, in piazza San Marco, con le stanze di Sissi restaurate grazie al contributo di 2,5 milioni di euro raccolti dai francesi del Comitato per la salvaguardia di Venezia
Venezia ritrova le stanze di Sissi Restauro a Palazzo Reale con i soldi dei mecenati francesi A Venezia, dopo oltre un secolo di oblio, riapre oggi Palazzo Reale, in piazza San Marco, con le stanze di Sissi restaurate grazie al contributo di 2,5 milioni di euro raccolti dai francesi del Comitato per la salvaguardia di Venezia. Il Comité Français pour la sauvegarde de Venise, sotto l’egida dell’Unesco e presieduto da Jérôme-François Zieseniss, può contare da parte dell’amministrazione tributaria francese benemerenze fiscali fino al 60% delle erogazioni, entro un tetto del 20% del reddito imponibile. Da oggi, turisti e veneziani, contando anche su soluzioni innovative di bigliettazione e trasporto, potranno apprezzare il restauro di nove stanze negli appartamenti che ospitarono Francesco Giuseppe d’Asburgo con la vivacissima sposa, Elisabetta di Wittelsbach, più nota come Sissi. Il restauro di parte dell’Ala Napoleonica, e più in generale nei vasti spazi delle Procuratie Nuove, lato ovest di Piazza San Marco, di proprietà del Demanio, è il risultato della sinergia tra mecenatismo internazionale e amministrazione pubblica nostrana investita della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale. L’operazione di restauro della cosiddetta Ala Napoleonica e degli appartamenti reali asburgici non si prospettava facile. Il Comité, sul piano tecnico, poteva contare sulla solida sponda offerta dalla Soprintendenza ai beni architettonici di Venezia, diretta da Renata Codello, e dalla Fondazione Musei Civici Veneziani, il tutto con la benevolenza della Direzione regionale del Mibac, il ministero dei beni culturali. Ma, nelle Procuratie Nuove di San Marco, quelle lato laguna per intendersi, si era formata una così solida sedimentazione di uffici della pubblica amministrazione, compresa una postazione del nucleo dei carabinieri per la tutela dei monumenti, che riportarne gli spazi all’originale, fastosa destinazione, sembrava una mission impossible. Non tale però da scoraggiare Codello, che ha messo sul piatto tutta la sua determinazione, riuscendo a far traslocare molti degli uffici impropriamente alloggiati in Palazzo Reale. Così, con i 2,5 milioni di euro raccolti tra i donatori del Comité, ma anche tra privati e istituzioni amiche come Lvmh di Bernard Arnault, la Florence Gould foundation e l’americano World monuments fund, si sono riaccese nella loro magnificenza nove sale, comprensive di sala da pranzo, salone da ballo, altra sala delle udienze, ma anche camere più intime della coppia imperiale asburgica come il necessarissimo boudoir dell’imperatrice Elisabetta. La quale, come è noto, giornalmente aveva bisogno di oltre un’ora di spazzolatura degli augusti capelli. «Complessivamente circa 800 metri quadri sono stati recuperati», ha spiegato la soprintendente Codello, «con la ripresa di stucchi, con il rifacimento di arredi, compresa la tessitura ad hoc di sete neobarocche». Queste ultime, a titolo di mecenatismo, fornite da Rubelli, storica casa tessile ancora attiva sulle rive del Canal Grande. Il tutto in un quadro normativo che si mantiene avaro (il beneficio fiscale per i contribuenti contempla il 19% dell’erogato), malgrado alcune recenti messe a punto procedurali avviate con la legge 214 del 2011, intese ad accelerare il percorso di afflusso delle erogazioni stesse dall’Agenzia delle entrate al ministero dei beni culturali e agli atri enti destinatari. Sia Codello che Zieseniss non intendono comunque fermarsi qui: «Ci sono ancora circa 2 mila metri quadri del palazzo che meritano di essere restaurati nel rispetto dell’allestimento ottocentesco». Altre quattro stanze sono in restauro, e altre sette-otto dovranno essere recuperate, «ma l’operazione richiederà un ulteriore negoziato con le amministrazioni che attualmente le occupano», ha spiegato Gabriella Pelli, direttore della fondazione Musei civici di Venezia, sollecitando la necessità di individuare altre sedi al di fuori degli spazi demaniali monumentali che dovranno, invece, essere pienamente valorizzati. Il Comitato francese per la salvaguardia di Venezia è stato creato nel 1966, al tempo della tremenda alluvione che afflisse Venezia e Firenze, dall’allora ambasciatore francese Gaston Palewski, già stretto sodale del generale de Gaulle e all’epoca presidente del consiglio costituzionale, nonché da sempre grande amante di Venezia. E prima testimonianza dell’efficacia dell’iniziativa è stato il complesso restauro realizzato nella chiesa della Madonna della Salute, luogo di culto prediletto dai veneziani. Da una dozzina d’anni presidente del Comité è Jérôme-François Zieseniss, storico del primo impero napoleonico e figlio d’arte. Anche il padre, Charles-Otto Zieseniss, era uno studioso della stessa epoca storica. Niente di più naturale dunque che, una volta prese le redini del sodalizio, Zieseniss si focalizzasse su quella parte di Venezia dove più vivida è rimasta l’influenza dell’impero napoleonico prima e, in sequenza, di quello asburgico. Un appoggio importante a Zieseniss, nel progetto, viene anche dal solido gruppo di supporter che lo affiancano, tra gli altri, Jean Jacques Aillagon, già conservatore di Versailles, lo stilista Pierre Cardin, l’ex-presidente della Renault, Louis Schweitzer, con la moglie Agnès nota avvocatessa parigina, a sua volta figlia del conservatore del castello di Fontainebleau, Francine Bernheim e Marie Brandolini d’Adda. Zieseniss non si tira indietro e si prepara a raccogliere altri fondi sfruttando l’efficacia e la chiarezza della legge francese che prende nome dallo stesso Aillagon, attuale consigliere del Comité, e che consente la rapida fruizione dei benefici fiscali legati al mecenatismo storico-artistico. «Un altro milione di euro», fa sperare Zieseniss. Intanto, sono stati una cinquantina gli specialisti, tra restauratori di affreschi, ebanisti, marmisti e tappezzieri, che hanno consentito la realizzazione delle direttive storico-artistiche espresse dalla Soprintendenza per il restauro. E sono stati circa un centinaio i giovani francesi che, grazie al Comité, durante i lavori hanno potuto effettuare brevi stage di apprendimento al fianco degli artigiani e restauratori italiani.