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 2012  luglio 11 Mercoledì calendario

Il consumatore è diventato vintage Cerca negozi locali, acquisti di gruppo, scaffali più semplici Spinti dalla crisi i consumatori riscoprono il vintage

Il consumatore è diventato vintage Cerca negozi locali, acquisti di gruppo, scaffali più semplici Spinti dalla crisi i consumatori riscoprono il vintage. Non più solo nella moda, come è accaduto qualche tempo fa, ma nei processi d’acquisto. Secondo l’Osservatorio 2012 di Sign–Marketing & Trade sulle tendenze del consumo in Italia, il 78% dei consumatori (su un parterre di 1.100 interviste) continua a tagliare i consumi soprattutto relativi al tempo libero (20%) e gli acquisti di impulso (23%). E allo stesso tempo riscopre forme di commercio un po’ démodé come il noleggio e il baratto. Cercando anche di tradurre lo spendere meno nello spendere meglio. Prendono quota infatti i luoghi del passato: il dettaglio storico, il quartiere, il mercato, il territorio, lo slow, la periferia a scapito spesso di centri commerciali e ipermercati visti come distrazione e fucina di acquisti superflui. Eppure solo il 13% dei consumatori cercherà di guadagnare di più per aumentare il proprio reddito, mentre il 30% valuterà con più attenzione i prodotti all’atto dell’acquisto e il 23% sceglierà gli acquisti di gruppo. Il guaio è che le insegne, soprattutto gli Ipermercati e i centri commerciali, spesso non ci sentono e fanno fatica a rimanere attrattive. Queste le principali tendenze rilevate dall’Osservatorio che ha indagato anche le marche preferite dai consumatori. Sul podio: Esselunga, seguita dai cinema multisala Ucg, da Iper e da Limoni (profumerie). «Alle prese con una crisi che è diventata la normalità », spiega Carlo Meo, amministratore delegato della società di consulenza Marketing & Trade, «i consumatori hanno ripensato il loro paradigma d’acquisto guidato dalla riscoperta del passato, dalla voglia di socialità, dal saper fare e dal ritorno alla prossimità con un’ansia di semplificazione». Lo dimostrano varie tendenze che hanno ormai preso piede. «Come la formula degli acquisti di gruppo, ma anche lo scambio di prodotti su portali dedicati e addirittura la pratica degli orti comuni a Londra, a Colonia, alle porte di Milano, dove si gestiscono un centinaio di metri quadrati di terreno pagando un affitto mensile per il proprio quadrato di campo». Il nuovo mantra sembra dunque stare insieme, ottimizzando i costi alla riscoperta di prossimità e semplificazione. Le aziende dovrebbero così ripensare i formati di vendita, l’offerta, i ritmi. «La crisi più nera la stanno vivendo gli ipermercati e centri commerciali», spiega Meo. «Questo perché le insegne della gdo non hanno reagito e continuano a proporre format di 50 anni fa che vendono su un superficie di 10 mila metri quadrati dalle mutande alla scamorza, dimenticandosi di essere battute su certe categorie merceologiche dalle superfici specializzate». Agli ipermercati manca infatti la capacità di essere flessibili. «Le insegne si sono caricate di logiche di mercato industriali: di un’eccessiva sovrastruttura, di costi fissi di un’offerta e di prezzi troppo standardizzati. Servirebbe», aggiunge l’a.d. «da un lato adeguare i formati sovradimensionati, dall’altro distinguere le insegne tra loro e al proprio interno». Per i consumatori anche il tempo è denaro. Alla domanda come dovrebbe essere il punto vendita in tempi di crisi? Il 21% dei consumatori risponde semplice e chiaro da girare. «E questo significa non avere 500 referenze su uno scaffale alla voce shampoo per capelli che oltre a essere una complicazione inutile diventano anche un costo da gestire», commenta Meo. La sorpresa è che nonostante tutte le attenzioni in fase d’acquisto con l’occhio al risparmio e ai saldi solo il 14% dei consumatori nel 2011 ha eliminato le grandi marche, limitandosi a ridurre o posticipare la spesa senza rinunciare ai brand di fiducia. A patto che siano etici e di qualità. A capitalizzare la fiducia dei consumatori sono infatti le insegne considerate virtuose. Sempre secondo il rapporto le preferite nella gdo sono Esselunga, seguita da Coop e Picard. L’ipermercato meglio valutato è Iper e il primo discount è Penny Market. Il podio dell’abbigliamento lo guadagnano Celio, Levi’s e Diesel per le medie superfici, Coin, H&M e Diffusione Tessile per le grandi. L’arredamento gli shopper lo vogliono Ikea e il bricolage Leroy Merlin. Nell’elettronica vince Mediaworld, nella ristorazione Ristò. Mentre campione di sport e calzature Decathlon e Originl Marines per i bambini.