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 2012  luglio 11 Mercoledì calendario

Se prendiamo a caso due frasi colloquiali come: «me ne vado in punta di piedi» o invece: «levati dai piedi!» ci accorgiamo subito che queste espressioni metaforiche hanno alla loro base il motivo auto referenziale basato su i nostri arti inferiori

Se prendiamo a caso due frasi colloquiali come: «me ne vado in punta di piedi» o invece: «levati dai piedi!» ci accorgiamo subito che queste espressioni metaforiche hanno alla loro base il motivo auto referenziale basato su i nostri arti inferiori. In altre parole il piede, la scarpa, e tutto il loro ambito costituiscono certamente dei luoghi preferenziali del nostro corpo. «Preferenziale» nel senso che, tanto nel settore domestico che in quello artistico; tanto in quello socio-economico che liturgico, il piede, l’impronta, la scarpa, hanno da sempre una valenza eccezionale non solo conversativa ma anche artistica, religiosa e soprattutto feticistica. Ebbene, non c’è dubbio che molte espressioni traslate si legano ai nostri piedi più che per altre parti del nostro corpo. Quando Gesù e i suoi discepoli e seguaci scalzi percorrevano i sentieri della Palestina questo loro atteggiamento era già un esempio di modestia e anche di auto umiliazione. Questo è solo un esempio di come dall’essere scalzato o scalzi possa dipendere tutta una situazione sociologica in questo caso persino liturgica. A questo punto tra le infine calzature di cui l’uomo si è valso non appena ha abbandonato lo stato di «scalzità», potremmo ricordarne infinite: dagli stivali dell’ufficiale alle babbucce della contadina, dalle scarpe laccate serali a quelle da ginnastica o da roccia, dalle scarpe al tacco a spilla alle scarpette rovinate di Cenerentola; così la scarpa può acquistare anche dei valori che potremmo definire feticisti quando si trasforma in un emblema della personalità dal punto di visto patriottico, sociale e religioso. Si pensi solo al peso eccezionale che viene conferito nell’Islam ai sandali del profeta. Quei sandali che gli permisero di sollevarsi da terra e in un certo senso di divinizzare se stesso. Ed è ben noto quanto viene dedicato dalla civiltà cinese al piede femminile, quando l’arto viene avvolto in bende strette in modo di rallentarne la crescita rispetto al resto del corpo; in questa maniera il piede idolatrato viene trattato quasi come «organo di senso» una sorta di prolungamento della sessualità. Non è un fatto inedito anche se stupisce che la sua feticizzazione non sia ancora stata esautorata. Quasi tutti gli aspetti culturali che si riferiscono al piede, alla sua orma e ai suoi rivestimenti hanno trovato di recente un eco molto positivo in un intero fascicolo della rivista tedesca «Paragrana» dedicata a questo argomento. La rivista che ho spesso citato come una delle più aggiornate pubblicazioni antropologiche prende in considerazione questa nuova materia: Fuss - Spuren Des Menschen, ossia il piede orma dell’uomo non solo da un punto di vista storico ma anche psicologico, artistico, scientifico. Si va così dal piede come misura spaziale utilizzata in molti paesi al piede che viene a far parte di numerose frasi metaforiche. Certo se — dal piano quotidiano — passiamo a quello dell’eroe, dello sportivo, del religioso troveremo sempre nuovo materiale differenziato. Ed è proprio l’orma, quindi l’azione di averla tracciata a costituire quell’oggetto immateriale e al tempo stesso segno emblematico che in fondo è il più autonomo ed autentico di cui l’uomo si sia valso in tutta la sua esistenza. Sarebbe forse fuori dagli aspetti culturali fin qui accennati, ricordare come anche in quelli meno vicini all’arte o alla cultura, si rivelino delle trasformazioni a seconda delle epoche. Basterebbe citare un esempio fatto nella rivista «Paragrana» sulle trasformazioni che ha subito la cura del piede, dall’uso di andare a piedi nudi o dal fruire di massaggi terapeutici; questi episodi sono molto lontani da quel particolare interesse che abbiamo citato a proposito del feticismo applicato al piede e tuttavia ci dimostrano, come contrariamente a quanto di solito si pensi, anche le nostre estremità inferiori spesso declassate rispetto alla cerebralità formano un tutto indissolubilmente legato a formare quello che costituisce l’unità fisico psichica dell’uomo di oggi e di tutti i tempi.