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 2012  luglio 10 Martedì calendario

FONDI SOVRANI AZIONISTI NEL 36% DELLE QUOTATE

Più di un terzo delle società italiane quotate in Borsa è partecipato da fondi sovrani. A comunicare il dato è stata ieri la Consob, proprio mentre si rincorrevano le voci sull’interesse della famiglia reale del Qatar per la maison Valentino. Il peso degli investitori istituzionali internazionali cresce, dunque, anche nel nostro Paese, tanto che la Commissione puntualizza: «L’eventuale trasferimento del controllo di un’impresa strategica può, a determinate condizioni, risultare una minaccia per la sicurezza nazionale».
Nel dettaglio l’analisi Consob registra partecipazioni azionarie di fondi sovrani in 102 società quotate italiane, il 35,6% di quelle che popolano il listino. Una percentuale superiore rispetto a quella di Regno Unito, Francia e Germania dove rispettivamente sono presenti nel 24,6%, 19% e 16,5% delle aziende quotate. Stando al peso assoluto sui listini, però, il dato italiano appare meno incisivo: i fondi coprono il 2,2% della capitalizzazione di Piazza Affari, mentre nel Regno Unito raggiungono il 3% dei valori di Borsa, in Germania il 2,6 per cento. Solo in Francia il dato é inferiore, pari al 2 per cento.
Si tratta comunque di stime al ribasso: solo 11 fondi su 64 forniscono dettagli sulle partecipazioni detenute e sotto la soglia del 2% le acquisizioni non vengono comunicate alla Consob. Ad esempio, ricorda la Commissione, tra i fondi sovrani più presenti in Italia c’è il Government Pension Fund della Norvegia che sotto la soglia del 2% detiene l’1,08% in A2A; l’1,46% in Generali; l’1,75% in Impregilo; lo 0,96% in Acea; l’1,55% in Telecom Italia; l’1,33% in Autostrada Torino-Milano (dati a fine 2011).
Il grande sviluppo dei fondi sovrani a livello globale si affianca a cambiamenti nelle strategie di investimento perseguite: fino a circa 5 anni fa più conservatrici, ancorate a titoli di Stato statunitensi, oggi più propense a diversificare e investire in strumenti azionari. Fra il 2007 e il 2011 il patrimonio gestito è cresciuto da 2 a 4,6 miliardi di dollari, passando dal 3 al 6% circa del Pil mondiale.
Alle opportunità (liquidità immediata, robustezza e orizzonti di investimento a lungo-medio termine) si affiancano le preoccupazioni per la capacità dei fondi sovrani di aggredire i mercati e la loro mancanza di trasparenza nelle strategie. L’analisi Consob riassume la recente corsa ai ripari dei Governi nazionali, per disciplinare gli investimenti nei settori strategici. L’Italia ancora non ha una normativa ad hoc, ma le recenti modifiche introdotte dal Dl n. 21/2012 (convertito in legge n. 56/2012) forniscono al Governo un "potere di veto" e di imporre condizioni nel caso di imprese nazionali strategiche. In tale prospettiva, conclude la Commissione, «va valutata la compatibilità con la disciplina comunitaria delle normative nazionali».