Giuseppe Crimaldi, Il Messaggero 10/07/2012, 10 luglio 2012
IL BUSINESS DEL CARO ESTINTO A NAPOLI
«Per pagare e per morire c’è sempre tempo...», recita la summa della aneddotica scaramantica napoletana. Mica vero. Almeno a leggere la voluminosa ordinanza cautelare firmata dal gip Pasqualina Paola Laviano che squarcia il velo su uno dei segreti che - in fondo - sono invece cosa tristemente nota ai più, a quanti, con un caro appena defunto, devono fare i conti con il triste rito del funerale e della sepoltura. Per pagare non c’era poi molto tempo. Anzi. Bisognava fare in fretta. Ungendo (in diversi casi) le ruote giuste: persino quelle dei medici legali, di quei professionisti inseriti nelle Asl che - per legge - devono verificare con una visita l’avvenuta morte del soggetto. Invece «il ben collaudato sistema» - come lo chiama il capo della squadra mobile di Napoli, Andrea Curtale - funzionava alla perfezione.
Un’inchiesta - quella coordinata dal pm Henry John Woodcock e affidata alla polizia - che finisce col coinvolgere non solo i medici, ma molti tra i più importanti impresari funebri napoletani, i cui emissari - secondo l’accusa - stazionavano abusivamente negli obitori degli ospedali partenopei. Qui, indossando camici bianchi e spacciandosi per medici o infermieri, avvicinavano i parenti dei defunti, inducendoli ad accettare funerali a caro prezzo. Sempre secondo la Procura, i medici legali (quelli, sì, autentici) che si prestavano a stilare referti sulla base di indicazioni fornite al telefono dagli impresari funebri venivano ricompensati con «centinaia di euro». Accuse che i diretti interessati avranno modo di confutare nelle sedi legittime, a cominciare dagli interrogatori di garanzia.
Ma non può non sorprendere come il meccanismo si fosse - praticamente - elevato a «sistema», a una regola che prevedeva la rigida spartizione delle competenze anche a seconda delle zone e degli ospedali: dal Cto al Cotugno, dal II Policlinico (dove peraltro c’è l’obitorio), al San Paolo. E dunque si torna a parlare del «business del caro estinto» a Napoli. Struttura capace di garantire una turnazione 24 ore su 24 e a mettersi in moto non appena il moribondo esalava l’ultimo respiro; a quel punto dipendenti cimiteriali, medici legali, titolari e dipendenti di imprese funebri entravano in azione. L’obiettivo era - sostiene l’accusa e conferma il gip - far convergere le famiglie e i parenti sulla impresa «egemone», o di riferimento. E per espletare questo compito le «sentinelle (gli infermieri negli ospedali) percepivano il bigliettone da 50 o anche 100 euro a titolo di compenso. Ovviamente oltre alla segnalazione le «sentinelle» si occupavano anche di addomesticare la scelta da parte delle famiglie, inducendole a propendere per questa o quella agenzia funebre. Le accuse contestate dai pm della Procura di Napoli sono associazione per delinquere, falso in atto pubblico e corruzione. I casi documentati dalle indagini riguardano fatti commessi tra il 2009 fino a qualche settimana fa. Quarantacinque, complessivamente, le misure emesse.