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 2012  maggio 22 Martedì calendario

«Che bello fuggire dal club degli autori narcisi» - Quando uscì la leggendaria an­tologia Gioventù cannibale , nel 1996, Matteo Galiazzo, padovano, allora ventiseien­ne redattore del Maltese , fu considera­to uno degli autori più talentuosi tra quelli coinvolti nell’operazione «pulp»

«Che bello fuggire dal club degli autori narcisi» - Quando uscì la leggendaria an­tologia Gioventù cannibale , nel 1996, Matteo Galiazzo, padovano, allora ventiseien­ne redattore del Maltese , fu considera­to uno degli autori più talentuosi tra quelli coinvolti nell’operazione «pulp». E soprattutto dopo che, da lì a qualche mese, uscì sempre da Einau­di l­a sua raccolta di racconti Una parti­colare forma di anestesia chiamata morte , si disse che era lui il più bravo dei «giovani scrittori», il più promet­tente, l’«esponente di spicco della nuova ondata». Dopo, tra il 1999 e il 2002, arrivano due romanzi. Poi più niente. Sparisce. Smette di scrivere e di pubblicare. Fino a oggi. Mettendo insieme una manciata di vecchi rac­conti «perduti» - opere postume di un autore ancora in vita-l’editore India­na riporta in scena Galiazzo. Il libro s’intitola Sinapsi . Connessioni. Su Wikipedia, alla voce «Gioven­tù cannibale», il tuo nome, tra i 12 che scrissero nell’antologia, è l’unico che non ha un link.Se non sei su Wikipedia, non esisti. «Esisto,esisto.Solo non scrivo più». E cosa fai oggi? «Programmatore per la Zucchetti, a Genova. Quella di scrittore non è una professione. Io con la scrittura non sopravvivevo. I soldi non basta­no. E così ho fatto altro». Brutto mondo quello letterario? «Non sono mai stato ottimista sulla carriera letteraria. Inizi col fare lo scrit­tore, poi ti trasformi: collabori coi gior­nali, fai conferenze, il giurato in un pre­mio, e poi finisci per insegnare Scrittu­ra creativa. Ero terrorizzato da questa cosa, e ho lasciato perdere. Quello di programmatore almeno è un lavoro». Perché, scrivere cos’è? «Per me un hobby. Almeno fino a quando avevo tempo libero. Poi, quando ho iniziato a lavorare, era so­prattutto una fatica ». Hai smesso per pigrizia, perché non guadagnavi abbastanza o perché non ti piace il mondo lette­rario? «Perché non ho tempo, perché mi servivano i soldi per l’affitto e perché il mondo degli scrittori lo sento... dicia­mo che lo sento lontano». Com’è il mondo degli scrittori? «La maggior parte sono vittime di egocentrismo, infantilismo capriccio­so e sindrome da incomprensione. È vero: tutti gli uomini sono così, solo che gli scrittori hanno dei mezzi in più per farlo notare. Presi singolarmente non sono cattivi, è quando interagi­scono che saltano fuori invidie, ire, in­sulti. Strano, perché in ballo non ci so­no molti soldi». Forse lo status dello scrittore è so­pravvalutato dal lettore comune. «Di solito chi ti fa i complimenti è perché sa che hai pubblicato un libro, ma non l’ha letto». Cosa sono stati i Cannibali? «Ancora non l’hocapito.Forse una reazione alla narrativa italiana appe­na precedente, troppo minimalista». Fu un’operazione a tavolino. «Di certo tra di noi non ci conosceva­mo, non c’era alcuna “poetica”condi­visa, alcun manifesto». Li leggi gli altri cannibali? «Solo Ammaniti. Invidio la tecnica che usa. Sa aprire un corto circuito di ansia nel lettore che lo obbliga a conti­nuare a leggere ». Cosa legge oggi? «Di tutto. Più classici che giovani». Piperno, Giordano o Saviano? «Giordano non so chi sia. Saviano più che altro è un giornalista. Sì, certo onore al coraggio...». Moresco, Siti o Busi? «Siti non l’ho letto. Moresco... boh, alcune cose sono splendide. Frasi po­tentissime. Lettere a nessuno è bellissi­mo. Gli esordi non l’ho finito...». E gli scrittori impegnati? I TQ? «L’impegno va bene. Ma non è un obbligo.Quello che non capisco è per­ché l­’opinione di uno scrittore deve va­lere più di quella di un lattoniere». Sei un intellettuale? «No, ragioniere». Ci sono critici letterari che dan­no 10 a Faletti e 11 a Ibrahimovic. «Bisognerebbe leggere i libri di Fa­letti e di Ibrahimovic. Cosa che non ho fatto. Ma forse è una provocazio­ne. Comunque, trovo la critica lettera­ria noiosissima: più è divertente un li­bro, più è pesante la recensione». C’è gente a cui spiace che hai smesso di scrivere. «Può darsi. Ma io dovevo sopravvi­vere. Non potevo sacrificare l’esisten­za per dei romanzi».