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 2012  maggio 22 Martedì calendario

Le capriole del giullare che volle farsi re - Per anni hanno detto che i poli­tici erano dei buffoni e poi hanno messo un comico a fare il politico

Le capriole del giullare che volle farsi re - Per anni hanno detto che i poli­tici erano dei buffoni e poi hanno messo un comico a fare il politico. Massima delle perversioni. Il vin­citore è lui. Sulle ceneri dei partiti rimane in piedi solo un comico. Che se la ride. Perché ha vinto. Per sottrazione, per assenza, ma an­che per capacità. I grillini hanno parlato alla gente e hanno saputo farlo con il mezzo più pervasivo ed economico: la rete. Lui è sempre stato se stesso, con le mille contraddizioni che mette in piazza e sul web.Fa l’ecologista ma girava in Porsche, la domeni­ca è in Costa Smeralda come un vip qualunque e il lunedì fa le bar­ricate assieme ai No Tav, mette al­la gogna tutti i politici in attesa di giudizio e lui è condannato in via definitiva per omicidio colposo, si spaccia per vate del web e fino a dieci anni fa spaccava i computer a martellate. Tutto e il suo esatto contrario. A seconda dell’oppor­tunità e della convenienza. Disin­volto nel cambio delle idee come un attore che alterna gli abiti di scena. Una recita infinita. Dal pal­co dell’Ariston al Transatlantico. Prima per vederlo bisognava pren­dere il biglietto al botteghino ora basta la scheda elettorale. Voti al posto di audience, elettori invece che spettatori. Per molti anni è stato un corto­circuito, ma ora smettiamola di chiamarlo comico, ché la sua è l’arte della vecchia politica.Il pas­saggio definitivo, il punto di non ri­torno è stata proprio questa cam­pagna elettorale. Beppe Grillo si fa prestare un camper e parte per un estenuante tour di comizi attra­verso i 102 comuni in cui il Movi­mento 5 Stelle presenta le sue li­ste. E si esibisce, si concede senza sosta al suo pubblico, ai suoi elet­tori, che affollano piazze e piazzet­te per sentirlo parlare. Gratis. Per la prima volta. Grillo è un genove­se astuto e un artista che sa gestire alla perfezione la sua popolarità. Non dilapida una carriera per nul­la, non satura il mercato dei suoi potenziali spettatori per un piatto di trofie al pesto. Sondaggi alla ma­no, Grillo ha scelto: il suo futuro senza ritorno è la politica. E via a macinare migliaia di chilometri, vedere centinaia di facce, stringe­re chissà quante mani. In ogni po­sto dice la parola giusta e recita una parte differente. Nelle regio­ni rosse squaderna idee progressi­ste, nelle enclave berlusconiane fa il liberista e si lamenta dell’op­pressione fiscale. La Lega trema sotto lo scandalo dei rimborsi elet­torali e lui si presenta a Varese più verde che mai: Bossi era un gran­de, ma il marcio della politica lo ha corrotto. Dove c’è un vuoto Grillo si infila, dove c’è una do­manda lui arriva con la risposta compiacente e se c’è già la rispo­sta lui completa il rebus con la do­manda. In Veneto flirta con la Le­ga e in Sicilia dice che Equitalia è peggio della mafia. Grillo non è un politico, ma un geopolitico. Cambia idea a seconda delle lati­tudini. Se Grillo è un politico, il M5S è un partito e, come tale, patisce tut­ti i problemi dei suoi simili. Parlan­do con il popolo stellato emerge una certa insofferenza al dispoti­smo del leader. Beppe Grillo è in­gombrante, sotto tutti punti di vi­sta. Il suo carisma e la sua popola­rità, che in fase di decollo hanno fatto da propellente al movimen­to, ora rischiano di arrestarne la corsa. Il M5S è uno Space Shuttle sparato nello spazio e Grillo ri­schia di essere il serbatoio di ben­zina che, una volta oltrepassata l’atmosfera, viene sganciato e la­sciato cadere a terra. Ai grillini non piacciono gli edit­ti del nonpiùcomico: dalle espul­sioni ai divieti perentori. Innanzi­tutto quello che impedisce a tutti i militanti di partecipare ai talk show. Tutti meno uno, che ovvia­mente è Grillo. A Garbagnate Milanese, prima di mettersi a concionare sul palco per sostenere il suo candidato al ballottaggio,si è regalato un’inter­vista di due ore con la Cnn. Sono i privilegi del capo,ma è anche l’en­nesima contraddizione. Ora che molti suoi uo­mini siedono nei «pa­lazzi del potere» non può pre­tendere che rinuncino alla televisione. So­no rappresen­tanti dei cittadini e con loro devono confrontarsi. All’interno del partito sono già in molti a fare la fronda e puntare il dito contro Gianroberto Casaleg­gio, l’uomo che ha convertito Gril­lo­al web e che gestisce la comuni­cazione dell’artista e del movi­mento intero. Tutte le pratiche passano dalle mani della società di Casaleggio e i grillini duri e pu­ri, quelli che lottano per la parteci­pazione diretta, non ci stanno. Non si può essere alfieri della de­mocrazia senza averla al proprio interno. Non si può pretendere la trasparenza delle istituzioni pub­bliche e poi decidere a porte chiu­se il destino di un partito che pre­tende di essere «collettivo». Spar­se nella rete, sui blog e nelle chat di area, si moltiplicano le richie­ste di maggiore indipendenza dal capo. I grillini crescono e hanno bisogno dei loro spazi. Tira già aria di parricidio? Adesso il Movimento è la proie­zione del corpo di Beppe Grillo, della sua furia iconoclasta, delle sue provocazioni, della sua figura parlata e vissuta da una voglia irre­frenabile di stupire, catalizzare e, certo, cambiare. Ma dietro il «ca­po », oltre quelle sei lette­re e quelle cinque stelle stampate sul simbolo del movimento, ci so­no migliaia di iscritti che rappresentano la nemesi del loro leader. Sono mo­derati, spesso pre­parati, non urla­no e non ama­no le luci della ribalta. A dif­ferenza di Grillo. Lui, ora che da di­strutto­re è rapida­mente passato al ruolo di «costruttore», si de­ve rassegnare: è un politico e deve accettare la grammatica della poli­tica. Pochi giorni prima delle ele­zioni arriva anche l’incoronamen­to simbolico. Nel pantheon degli Sgommati, il programma di satira politica trasmesso da SkyTg24 , fa la sua comparsa il pupazzo di Gril­lo. Il comico che prendeva per il culo i politici ora viene sfottuto dai comici in quanto politico. Il cerchio è chiuso.