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 2012  maggio 23 Mercoledì calendario

I FISCHI SVEGLIANO MONTI: SOLDI ALLE IMPRESE


Forse il merito è di quella donnina di Sant’Agostino, paese distrutto nell’Emilia terremotata, che ieri mattina al passaggio di Mario Monti ha guidato le grida di protesta: «Vergogna, ladri! Potevi stare a casa!». Forse è proprio per quell’episodio a cui il premier italiano – a differenza di quasi tutti i politici – non era ancora abituato, che finalmente Monti ha deciso di dare una sveglia ai suoi colleghi di governo. Una secchiata di acqua fresca salutare per il presidente del Consiglio, che fin qui come pochi suoi predecessori si è rivelato del tutto incapace di sentire il polso e il cuore di questo Paese. Grazie a quella donnina che guidava le contestazioni, qualcosa ieri finalmente è accaduto. E Monti ne ha fatta una giusta.
Il governo ha infatti trovato una soluzione tampone per sbloccare fra 20 e 30 miliardi di euro di crediti che le imprese vantano dalla pubblica amministrazione talvolta da mesi, altre volte da anni. Il gesto è stato annunciato in pompa magna con tanto di videoconferenza del premier con i suoi ministri. E vale assai meno di quel che si vorrebbe fare credere. Ma alla fine di riffa o di raffa quei 30 miliardi di euro che lo Stato e gli enti locali debbono alle imprese si sbloccheranno davvero entro il 2012. Il sistema è un po’ tortuoso, e lo riassumo per sommi capi: lo Stato certificherà (nuova burocrazia, e c’è da tremare sui tempi) i crediti delle singole imprese. Queste non riceveranno i soldi che stavano aspettando, ma i certificati di credito. Una sorta di cambiale emessa dallo Stato stesso. La potranno prendere e andare in banca, dove gliela sconteranno sicuramente al 70% perché fino a quella percentuale sarà garantita da un fondo pubblico. Oppure le imprese e i fornitori dello Stato potranno cartolarizzare il certificato cedendolo (a prezzo inferiore, rimettendoci un po’) a società di recupero crediti che poi andranno a battere cassa allo Stato. Passeranno le settimane e i mesi e nel frattempo Monti ha assicurato che il suo governo penserà alla fase due (che oggi non c’è): quella in cui trovare i soldi con cui pagare o le imprese, o le banche e le società di recupero crediti che hanno rilevato quei titoli garantiti dallo Stato. Nel frattempo oltre a correre in banca per avere un po’ di liquidità le imprese potranno compensare i propri crediti con i debiti fiscali e contributivi che hanno nei confronti dello Stato centrale e degli enti locali. Esattamente come aveva proposto il segretario del Pdl Angelino Alfano beccandosi i fischi degli economisti e quelli dello stesso Monti. Si vede che il premier, dopo avere fischiato, ha sentito anche i fischi altrui fino a quelli arrivatigli ieri dalla donnina delle zone terremotate. Fischia di qui, fischia di là, deve essere arrivato a più miti consigli fino a sposare quella proposta di semplice buonsenso che gli aveva garbatamente fatto il Pdl, un po’ stufo di prendersi botte da orbi da Monti a destra e dagli elettori a sinistra.
Quella che ieri è stata annunciata quasi come una rivoluzione è più che altro un’operazione minima di buonsenso. Fino al giorno prima avevamo uno Stato criminale che comprava beni e servizi dai suoi cittadini e allegramente non li pagava in barba alle regole commerciali e pure a quelle della comunità europee. Non pagava e si permetteva pure di dare del criminale ai suoi cittadini che non ricevendo nulla del dovuto dallo Stato non erano in grado di pagare quel che loro dovevano allo Stato. Danno e beffa insieme, perché se lo Stato non paga quel che deve non puoi fare altro che appenderti al tram ed aspettare forse un giorno una parte della somma. Se non paghi tu, lo Stato in quattro e quattr’otto raddoppia la somma che gli devi, ci mette su sanzioni e interessi e in un battibaleno è lì a pignorarti azienda, casa, auto, moto, bici, stipendio e qualsiasi cosa tu possa avere.
Quel che è avvenuto ieri è semplicemente un gesto da Paese normale, dove viene riconosciuto un minimo di par condicio fra lo Stato e i propri cittadini. Però bisogna riconoscere che questo banale ed elementare buonsenso fin qui nessuno ha mai avuto, e quindi quello di Monti è un bel passo avanti.
Restano un po’ di dubbi applicativi sulle norme per avere un po’ dei soldi dovuti: con i debiti dello Stato centrale le imprese potranno andare subito in banca ad incassare, per quelli degli enti locali bisognerà aspettare il loro gradimento in un incontro che si terrà presto con il governo. E qualche dubbio sull’ok senza se e senza ma al momento c’è. Ma che siano 20 o 30 i miliardi sbloccati con un po’ di burocrazia, questi arriveranno in buona parte entro l’estate. Erano dovuti, ma nessuno li dava. E consentiranno alle imprese creditrici di alleggerire il loro carico fiscale con le compensazioni, e di pagare a loro volta i fornitori che uno dopo l’altro da mesi stavano saltando gambe all’aria perché non avevano spalle così larghe per attendere tanto. Quei miliardi serviranno ad evitare nuovi suicidi, a salvare tanti posti di lavoro e a rimettere un po’ in sesto l’economia. Tamponeranno la crisi economica provocata dal governo e dallo Stato, e non quella reale che viene da altro. Ma di questi tempi meglio un tampone che un’emorragia continua…

Franco Bechis