Fulvio Abbate, il Fatto Quotidiano 21/4/2012, 21 aprile 2012
NOSTALGIA SEGNALE ORARIO
Come un fulmine a ciel sereno, sia pure a distanza esatta dalla sua completa dissoluzione, proprio ieri mi sono reso conto che i responsabili della televisione hanno ucciso il segnale orario, un tempo parte integrante e visivamente fondamentale della programmazione, sia pure negli interstizi dell’intera palizzata, cioè fra un programma e l’altro, quasi a prendere tempo, a tenere immobile, congelata l’attenzione in attesa dell’evento vero, reale. Intendiamoci, il segnale orario aveva anche la sua utilità pratica, essendo le lancette coordinate con l’Istituto “Galileo Ferraris”, un segnale generato ogni minuto partendo da uno strumento atomico, addirittura al cesio.
Senza particolare convinzione, ho allora provato a realizzare perfino una ricerca in rete circa l’assenza del quadrante che è ormai un ricordo, direbbero certuni, molto “vintage”, e con grande sorpresa ho scoperto il suo requiem-biografia: “In tv”, così leggo, “il segnale orario andava in onda abitualmente prima delle edizioni principali dei telegiornali (ad es. il Tg1 delle 20:00, pratica ormai in disuso), ma il suo uso principale era ed è tuttora quello di riempitivo in caso di un problema tecnico, durante qualche sciopero e per colmare i tempi morti”. Ma ecco, la fitta al cuore: “Oggi, a causa dell’affollamento pubblicitario, il segnale orario è sempre meno usato”. Poi, per finire, una precisazione senza fonte, dunque non proprio attendibile, segno quindi che il segnale orario appartiene, così come, metti, il sapere umanistico, la cultura crociana, a un tempo dichiarato non meno decaduto: “Il più delle volte appare per non più di una decina di secondi”!
Ma tu davvero l’hai più visto? Sei sicuro di poter giurare sulla sua, sia pure fugace, esistenza in vita mediatica? Intendiamoci, partendo dalla cancellazione del segnale orario si potrebbe perfino istruire un processo, una “Norimberga”, sulle inadempienze del servizio pubblico, la Rai, perché è proprio a questa ultima che spetterebbe di mantenerlo in vita come una forma quasi araldica dell’azienda stessa; come puoi infatti pensare che l’empia Mediaset, a cominciare dal suo principale, il Nano Ghiacciato, abbia a cuore un problema del genere?
Voi non ci crederete, ma c’è stato un momento in cui il nostro segnale è diventato perfino un soggetto artistico, al pari della scena della pietà o della semplice natura morta con frutta, la sua apoteosi estetica si deve, infatti, al pittore pop (lui riteneva però riduttiva questa definizione) Mario Schifano, lo stesso che dopo averlo fotografato direttamente dallo schermo del televisore, lo riprodusse su molte tele emulsionate. L’immagine solo in apparenza era sempre la stessa, poiché a ben guardare ogni quadro segnava un’ora diversa. Il maestro Schifano così inventò il paradosso della monotonia mobile.
Quando ho iniziato a riflettere sulla pietosa messa in mora del nostro amato segnale orario pensavo che qualsiasi parola sull’argomento fosse superflua, voluttuaria, di più, degna del peggiore snobismo culturale (la “gente” vuole infatti che si parli al momento delle lacrime dell’ex leghista fotogenica Rosy Mauro a “Porta a Porta”), e invece se davvero una riforma del servizio pubblico dovesse andare in porto, cancellando dal Palazzo dei media ogni tanfo clientelare, sarebbe auspicabile che fosse il ritorno del segnale orario a segnare l’inizio della liberazione.