VARIE 26/2/2011, 26 febbraio 2011
APPUNTI PER GAZZETTA. GLI STIPENDI (O I SALARI) ITALIANI TRA I PIù BASSI D’EUROPA
REPUBBLICA.IT
LUCA PAGNI
MILANO - I lavoratori italiani sono tra i meno pagati d’Europa. Meno degli spagnoli, ciprioti e irlandesi, che pure non se la passano meglio di noi. E la metà di tedeschi e olandesi. Una situazione che pesa sempre di più sulle famiglie. Tanto da meritare immediatamente la reazione del ministro del Walfare, Elsa Fornero: "In Italia abbiamo salari bassi e un costo del lavoro comparativamente elevato. Bisogna scardinare questa situazione, soprattutto aumentando la produttività". Anche per questo sostiene il ministro è urgente trovare un accordo con il sindacato e si dice "fiduciosa" sulla possibilità di un’ampia intesa sulla riforma del mercato del lavoro e sull’articolo 18, ma mette in guardia le parti sociali: "Il tema va affrontato in maniera laica, senza levate di scudi".
Lo si sapeva, tanto è vero che il tema del costo del lavoro è scomparso da tempo dai radar delle doglianze di Confindustria. I cui esponenti ormai si lamentano solo del carico fiscale, o al massimo della minor produrrività, ma non certo di quanto pesa la busta paga sui bilanci.
Ulteriore conferma è arrivata ieri da Eurostat, l’agenzia di statistica dell’Unione Europea. Secono i dati del 2009, lo stipendio medio dei lavoratori italiani è al dodicesimo posto nella calssifica dell’area euro, nonostante il nostro paese sia ancora (ma per quanto?) la terza "potenza" industriale del Vecchio Continente. Entrando nel dettaglio, cosa dicono i numeri? In Italia, il valore dello stipendio annuo (con almeno 10 dipendenti) è pari a 23.406 euro, ovvero la metà di quanto si guadagna in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100). Ma meglio di noi fanno anche, paesi in cui la crisi ha colpito molto duramente come Irlanda, Spagna, Cipro e persino la bistrattata Grecia (ma con i tagli agli stipendi dell’ultimo anno scenderà molto in classifica con le prossime rilevazioni). Guardando ai cosiddetti Pigs, l’Italia riesce a superare solo il Portogallo.
Anche per quanto riguiarda l’aumento delle retribuzioni, l’Italia risulta tra i paesi in cui il potere di acquisto ha retto di meno: in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal +29,4% della Spagna, dal +22% del Portogallo. E anche i Paesi che partivano da livelli già alti hanno messo a segno rialzi rilevanti: Lussemburgo (+16,1%), Olanda (+14,7%), Belgio (+11,0%) e Francia (+10,0%) e Germania (+6,2%).
Una buona notizia per l’Italia, invece, arriva dalle differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama "unadjusted gender pay gap", l’indice utilizzato in Europa per rilevare le disuguaglianze tra le remunerazioni. Ma è solo un’illusione. La Penisola, infatti, con un gap che supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia. Ma c’è poco da vantarci: a ridurre le differenze di stipendio in Italia contribuiscono fattori come il basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d’Europa) al part time. Non a caso tra i Paesi che vantano una minor divario ci sono anche Polonia, Romania, Portogallo, Bulgaria, Malta, ovvero tutti stati con una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Il fenomeno, ovviamente, ha anche altre implicazioni. La prima, già messa in evidenza dagli studi legati all’immigrazione, ci dice che con il livello delle retribuzioni attuali, il nostro paese attira sempre meno manodopera qualificata e stranieri con un basso livello di istruzione. Il secondo fenomento è legato alla fuga delle competenze: tra i paese europei - soprattutto tra quelli con un basso indice demografico - si fa sempre più ricorso a laureati provenienti da altre nazioni. Non a caso, anche in Italia è sempre più frequente il caso di agenzie di recruiting che lavorano per conto di ditte tedesche: in Germania c’è carenza di medici e ingegneri.
(26 febbraio 2012)
www.corriere.it
MILANO - In Italia la disoccupazione, soprattutto quella giovanile è un problema grave. Ma anche chi un posto di lavoro ce l’ha e pure a tempo indeterminato non se la passa troppo bene. E non solo per il peso del carico fiscale e contributivo. In Italia infatti gli stipendi medi sono tra i più bassi dell’Eurozona. Addirittura inferiori a quelli della Grecia. E in assoluto superiori solo a Malta, Slovacchia, Slovenia e Portogallo, Paesi non certo comparabili al nostro per dimensioni e sviluppo industriale.
LA CLASSIFICA - La classifica che emerge dai dati Eurostat, pubblicati nel recente rapporto «Labour market statistics», prende come riferimento le aziende con almeno 10 persone ed ha dati riferiti al 2009. Dalle statistiche emerge che in media un lavoratore italiano ha guadagnato nell’anno di riferimento 23.406 euro lordi: circa la metà che in Lussemburgo (48.914), Olanda (44.412) o Germania (41.100). Seguono Irlanda (39.858), Finlandia (39.197) Francia (33.574) e Austria (33.384) . Ma più sorprendente risulta il livello più elevato di due Paesi in grave difficoltà economica come la Grecia (29.160) e la Spagna (26.316) a cui fa seguito Cipro (24.775).
AVANZAMENTO - Eurostat riporta l’elenco delle paghe lorde medie annue dei Paesi dell’Unione europea anche per gli anni precedenti all’ultimo aggiornamento (2009), così da poter anche osservare la crescita delle retribuzioni. L’avanzamento per l’Italia risulta tra i più ridotti: in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal +29,4% della Spagna, dal +22% del Portogallo. E anche i Paesi che partivano da livelli già alti hanno messo a segno rialzi rilevanti: Lussemburgo (+16,1%), Olanda (+14,7%), Belgio (+11,0%) e Francia (+10,0%) e Germania (+6,2%).
DONNE - Una buona notizia per l’Italia, invece, arriva dalle differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama «unadjusted gender pay gap», l’indice utilizzato in Europa per rilevare le disuguaglianze tra le remunerazioni (definito come la differenza relativa, espressa in percentuale, tra la media del salario grezzo orario di lavoratori e lavoratrici). Ma è solo un’illusione. La Penisola, infatti, con un gap che supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia; ma, appunto, non è tutto oro quel che luccica. Perchè a ridurre le differenze di stipendio in Italia contribuiscono fenomeni di cui non si può andare fieri, come il basso tasso di occupazione femminile e lo scarso ricorso (a confronto con il resto d’Europa) al part time. Non a caso tra i Paesi che vantano una minor divario ci sono anche Polonia, Romania, Portogallo, Bulgaria, Malta, ovvero tutti Stati con una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
redditi lordi, i dati di eurostat
Primi i lussemburghesi, ultimi gli slovacchi
Le buste paga degli italiani al dodicesimo posto
La classifica secondo i dati Eurostat: sono calcolati i redditi medi lordi rilevati nel 2009
PAESE RETRIBUZIONE
LORDA ANNUA
LUSSEMBURGO 48.914
PAESI BASSI 44.412
GERMANIA 41.100
BELGIO 40.698
IRLANDA 39.858
FINLANDIA 39.197
FRANCIA 33.574
AUSTRIA 33.384
GRECIA 29.160
SPAGNA 26.316
CIPRO 24.775
ITALIA 23.406
PORTOGALLO 17.129
SLOVENIA 16.282
MALTA 16.158
SLOVACCHIA 10.387
CORRIERE.IT - CRESCONO ORDINATIVI NELL’INDUSTRIA
migliornamento netto su novembre quando il dato era di -1,4%
Ordinativi all’industria: +8% in dicembre
Dati positivi per l’Italia dalle rilevazioni Eurostat. In zona euro aumento complessivo dell’1,9%
MILANO - Segno positivo a dicembre 2011 per gli ordinativi all’industria nei Paesi della zona euro che hanno registrato un aumento dell’1,9% rispetto a novembre 2011 quando erano in flessione dell’1,1%.
L’Italia a dicembre 2011 ha registrato una crescita dell’8%, rispetto al -1,4% di novembre 2011. Lo ha reso noto Eurostat. Nella Ue-27, a dicembre, gli ordini sono saliti dell’1,3% dopo un calo dell’1,2% a novembre. Esclusi costruzione navale, ferrovie e aerospaziale la crescita ‚ stata del 2,5% nella Ue-17 e del 2,6% nella Ue-27 (fonte Ansa)
CORRIERE.IT - INTERVISTA A PASSERA
PAOLA PICA
MILANO - L’accordo con le parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro resta «l’ obiettivo di tutto il governo» che ha posto tra le sue priorità il ritorno alla crescita e l’occupazione. Corrado Passera non pronuncia mai la parola «concertazione» poco amata dal premier Mario Monti e dalla collega Elsa Fornero, ma non nasconde la necessità di trovare una sintesi con imprese e sindacati. «Noi vogliamo modificare in meglio tante fasi del lavoro e bisogna fare di tutto per trovare un accordo con le parti sociali - dice il ministro dello Sviluppo a Maria Latella su Sky Tg24. «È chiaro che il governo alla fine ha la responsabilità di fare sintesi e superare le impasse ma l’accordo è l’obiettivo di tutto il governo», aggiunge declinando l’ipotesi che ci sia un gioco delle parti dei ministri economici, il poliziotto buono e il poliziotto cattivo con la titolare del Lavoro Fornero nei panni di quest’ ultimo: «Non c’è una "regia", c’è una grande collaborazione», assicura.
ICI CHIESA? SCELTA SAGGIA E RAGIONEVOLE
Passera: riforma del lavoro, l’accordo con le parti sociali è obiettivo di tutto il governo
Il ministro dello Sviluppo: futuro da premier? Di "Super" c’è solo Monti. Gas, bolletta meno cara con la separazione della rete
Corrado Passera, ministro dello Sviluppo, delle Infrastrutture e dei Trasporti (Ansa)Corrado Passera, ministro dello Sviluppo, delle Infrastrutture e dei Trasporti (Ansa)
MILANO - L’accordo con le parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro resta «l’ obiettivo di tutto il governo» che ha posto tra le sue priorità il ritorno alla crescita e l’occupazione. Corrado Passera non pronuncia mai la parola «concertazione» poco amata dal premier Mario Monti e dalla collega Elsa Fornero, ma non nasconde la necessità di trovare una sintesi con imprese e sindacati. «Noi vogliamo modificare in meglio tante fasi del lavoro e bisogna fare di tutto per trovare un accordo con le parti sociali - dice il ministro dello Sviluppo a Maria Latella su Sky Tg24. «È chiaro che il governo alla fine ha la responsabilità di fare sintesi e superare le impasse ma l’accordo è l’obiettivo di tutto il governo», aggiunge declinando l’ipotesi che ci sia un gioco delle parti dei ministri economici, il poliziotto buono e il poliziotto cattivo con la titolare del Lavoro Fornero nei panni di quest’ ultimo: «Non c’è una "regia", c’è una grande collaborazione», assicura.
MARIO? HA FATTO IL MIRACOLO CREDIBILITA’ «Non una parola su quello che farò dopo, di "Super" c’è solo Monti» replica poi Passera a una domanda sulle aspettative su un futuro incarico di governo per l’ex manager e banchiere che viene spesso ritratto in tuta da super eroe nei siti e sulle copertine dei giornali. Monti «ha fatto il miracolo di ridare credibilità all’Italia» dice dopo aver riconosciuto che nei primi cento giorni di lavoro nel governo si è «convinto» che per il Paese «si può fare un lavoro straordinario». Ma il governo non ha colore: «Stiamo lavorando per rimettere in binario l’Italia, sarebbe difficile se questo lavoro prendesse connotazioni partitiche»
NON PENALIZZEREMO IL NON PROFIT - La decisione di ridurre le esenzioni dell’Imu alla Chiesa è stata «saggia, ragionevole, ben determinata. Ora dovrà essere definita nelle sue componenti» spiega Passera mentre sale la protesta delle scuole cattoliche. Ora «l’importante o è che non si penalizzi il vero non profit» precisa.
LIBERALIZZAZIONI E BOLLETTE - «Avere un’azienda totalmente dedicata al trasporto, per far sì che il gas sia una materia ancor più oggetto di concorrenza, potrebbe portare a un abbassamento dei prezzi» spiega poi il ministro in tema di liberalizzazione e in merito allo scorporo di Snam Rete Gas da Eni. «Il gruppo Snam è già ben funzionante e se sarà dedicato ancora più a rendere più efficiente e competitivo il mercato del gas questo potrebbe ridurre alla fine la bolletta per gli italiani».
IL TESORETTO? VA CREATO - «Noi dobbiamo creare un "tesoretto" con la riduzione dell’evasione fiscale, con la revisione delle spese dello Stato, con cessioni. Dobbiamo creare risorse per favorire il ritorno alla crescita e risolvere problemi che ci sono» dice Passera citando le possibile aree di intervento come «i redditi bassi o troppo tassati» o gli aiuti alle famiglie. Ci sono tante destinazioni e bisogna trovare le risorse. «Credibilità - sostiene - è anche non fare annunci non definiti».
MORATORIA BANCHE-IMPRESE E PAGAMENTI ALLE PMI - «Noi dobbiamo fare cose come quelle che abbiamo fatto nella prima crisi, quando banche e imprese si sono messe insieme e hanno inventato la moratoria, hanno messo in condizione le imprese anche in difficoltà di superare la fase più difficile della crisi, non escludo che si arrivi ad una cosa di queste genere» . «Vogliamo trovare soluzioni» per risolvere il ritardo dei pagamenti nei confronti delle piccole e medie imprese, vogliamo recepire nei tempi più brevi possibili la direttiva europea che forza i pagamenti veloci per ridurre questo accumulo che non è più tollerabile»
DAL DISCORSO DI BERSANI A GORIZIA SABATO
LA LOTTA ALL’EVASIONE - [...] E il segretario del Pd non si è sottratto a fare alcune dichiarazioni sull’attuale situazione politica e sul recupero di gettito proveniente dalla lotta all’evasione: «Il presidente del Consiglio preferisce non coltivare aspettative, credo che sia una cosa seria». Aggiunge Bersani: «Bisogna abbassare un po’ il prelievo fiscale sul lavoro, sulle imprese che investono, sulle famiglie che hanno consumi così bassi. Credo che se la lotta sarà incisiva, fondo o non fondo, questa possibilità ci sia. Sarebbe stata una notizia positiva che quel che si ricava dall’evasione fiscale venga automaticamente utilizzato per abbattere la pressione fiscale [...]».
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MILANO - «Sono tranquilla, la mia fiducia e la mia determinazione sono salde». Lo ha detto il ministro del Lavoro Elsa Fornero in merito alla trattativa con le parti sociali sulla riforma del mercato del lavoro. Il ministro ha parlato a margine di un evento in Campidoglio. Se sembra una strada in salita «forse è una impressione colta dall’esterno, ma non è così. Restano assolutamente saldi la fiducia, l’impegno e la determinazione, anche sui tempi previsti», ha aggiunto.
LA PALMA DELL’ANTIPATIA? - «Come ministro del Lavoro e delle Politiche sociali non godo di grande simpatia perchè devo fare sempre tagli», dice Elsa Fornero. Che spiega: la logica dei tagli non è solo quella di «togliere qualcosa a qualcuno», ma anche quella di doverlo fare «per dare qualcosa a qualcuno» in una ottica di «equità». Lo ha sottolineato accennando alla riforma delle pensioni, al principio di «universalismo» che vuole introdurre nelle tutele del mercato del lavoro, al settore dell’assistenza. «Vi assicuro che l’equità» è il principio guida, sottolinea, intervenendo ad un convegno sul contributo degli istituti religiosi alla costruzione del welfare. Dove, alla presenza del cardinale segretario di Stato Vaticano, Tarcisio Bertone, il ministro ha sottolineato che lo Stato «non può fare a meno del privato», e c’è quindi «un grandissimo riconoscimento del governo» per l’impegno della Chiesa, «anche - aggiunge - di un governo che deve fare tutti questi tagli».
LO STATO SOCIALE - Il ministro Elsa Fornero accenna anche alla «frase molto tranchant» del presidente Bce Mario Draghi sullo stato sociale in Europa. «No so se questa diagnosi così cruda sia vera e da condividere: Lo Stato sociale così come lo abbiamo condiviso e costruito ha bisogno di profonda revisione, non per farlo morire ma per farlo rinascere su basi nuove», ha detto il ministro.
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Per i suoi sostenitori è una forma di flessibilità buona, “sostenibile” per le imprese e unanimemente accettata dai confederali. Per qualche suo detrattore – soprattutto per il suo utilizzo nelle amministrazioni pubbliche (come dimenticare il caso degli interinali Inps) – è un aggravio per le casse statali a causa dell’assunzione di personale con l’onere dell’intermediazione.
Niente a che vedere – suggeriscono gli entusiasti – con la “flessibilità malata”, come l’ha recentemente definita il segretario Cisl Raffaele Bonanni, simbolicamente rappresentata dalle oltre 800mila collaborazioni in mono-committenza e dalle 400mila finte partite Iva.
Ecco perché in attesa di una riforma organica del diritto del lavoro l’equiparazione effettiva tra interinale e dipendente – già peraltro formalmente sancita dal legislatore e suggerita dal dettato comunitario – “va nella giusta direzione”, dice Federico Vione, presidente di Assolavoro, l’associazione nazionale delle agenzie per il lavoro.
Il decreto legge elaborato venerdì dal consiglio dei ministri regolamenta l’orario di lavoro, lo straordinario, le pause, i periodi di riposo, le ferie e i giorni festivi. Ma anche la protezione per le donne in stato di gravidanza. Soprattutto viene previsto che i lavoratori dipendenti dall’agenzia di lavoro siano informati dall’impresa presso la quale svolgono il servizio dei posti vacanti, affinché possano aspirare a ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato.
SOLE.IT
Con poco più di 23mila euro lorde in media l’anno, i lavoratori dipendenti italiani guardano da molto lontano i colleghi lussemburgesi che per la stessa tipologia di lavoro percepiscono più del doppio. Certo, prima ancora di trovare il nostro Paese nella classifica Eurostat dei redditi bisogna scorerre passando per i soliti Paesi del Nord, Paesi Bassi, Germania e Belgio, tutti sopra i 40 mila euro lordi l’anno.
In coda nell’Eurozona. E davanti troviamo anche i francesi, gli irlandesi, i finlandesi e gli austriaci, i quali riescono in grande scioltezza a coprire la fascia di redditi compresa tra 33 mila e 39 mila euro. Insomma, non è una novità, in queste classifiche non siamo mai stati al vertice. Quel che un po’ sorprende è che più dei dipendenti italiani guadagnano anche i lavoratori di Grecia (con quasi 30 mila euro), Spagna (poco più di 26 mila euro) e Cipro, con quasi 25mila euro. Insomma, se proprio vogliamo guardare qualcuno dall’alto in basso, non ci resta che rivolgerci a Portogallo (17mila) e poi Slovenia, Malta e Slovacchia.
documenti
Fornero: situazione da scardinare. In Italia abbiamo «salari bassi e un costo del lavoro comparativamente elevato - ha commentato da New York il ministro del Lavoro Elsa Fornero - Bisogna scardinare questa situazione, soprattutto aumentando la produttività».
Il trend degli ultimi anni. I dati Eurostat sono contenuti nel rapporto Labour market Statistics che utilizza per realizzare il confronto i redditi del2009, coprendo le aziende con almeno dieci dipendenti dell’industria, delle costruzioni, del commercio e dei servizi per le imprese. Il report contiene anche il confronto con gli stessi dati relativi agli anno precedenti, così da poter anche osservare la crescita delle retribuzioni. L’avanzamento per l’Italia risulta tra i più ridotti: in quattro anni (dal 2005) il rialzo è stato del 3,3%, molto distante dal +29,4% della Spagna, dal +22% del Portogallo. E anche i Paesi che partivano da livelli già alti hanno messo a segno rialzi rilevanti: Lussemburgo (+16,1%), Olanda (+14,7%), Belgio (+11,0%) e Francia (+10,0%) e Germania (+6,2%).
Il salary gap tra uomini e donne. Una buona notizia per l’Italia, invece, arriva dalle differenze di retribuzioni tra uomini e donne, quello che Eurostat chiama «un-adjusted gender pay gap», l’indice utilizzato in Europa per rilevare le disuguaglianze tra le remunerazioni (definito come la differenza relativa, espressa in percentuale, tra la media del salario grezzo orario di lavoratori e lavoratrici). Ma l’Italia, con un gap che supera di poco il 5% (con riferimento al 2009) si colloca ampiamente sotto la media europea, pari al 17%, risultando il paese con la forbice più stretta alle spalle della sola Slovenia.
DAL LABOUR MARKET STATISTICS
The employment rate for those aged from 16 to 64 was 70.3 per cent, up 0.1 on the quarter. There were 29.13 million people in employment aged 16 and over, up 60,000 on the quarter. The unemployment rate was 8.4 per cent of the economically active population, up 0.1 on the quarter. There were 2.67 million unemployed people, up 48,000 on the quarter. The unemployment rate has not been higher since 1995. The inactivity rate for those aged from 16 to 64 was 23.1 per cent, down 0.2 on the quarter. There were 9.29 million economically inactive people aged from 16 to 64, down 78,000 on the quarter.
Total pay (including bonuses) rose by 2.0 per cent on a year earlier, unchanged on the three months to November 2011. Regular pay (excluding bonuses) rose by 2.0 per cent on a year earlier, up 0.1 on the three months to November 2011.