VARIE 24/2/2011, 24 febbraio 2011
APPUNTI PER GAZZETTA. IL DECRETO FISCALE
REPUBBLICA.IT
ROMA - Come annunciato, il governo ha messo mano all’Imu (ex Ici) per gli immobili della Chiesa destinati ad attività commerciali. Il consiglio dei ministri 1ha infatti approvato un emendamento al decreto liberalizzazioni attualmente all’esame del Senato che dovrebbe sciogliere il nodo della procedura di infrazione dell’unione europea contro l’Italia per il trattamento fiscale di favore sulle proprietà ecclesiastiche. "Il maggior gettito sarà destino alla riduzione delle tasse" spiega il governo.
L’emendamento prevede che siano sottoposti a tassazione tutti gli immobili all’interno dei quali si svolgano attività commerciali, capovolgendo il meccanismo di esenzione in vigore finora. Sarebbero però escluse dall’Imu le attività no profit. Il beneficio quindi non dovrebbe riguardare la sola presenza di una Chiesa all’interno di una clinica o di una struttura di accoglienza. Se il provvedimento sarà approvato nella formulazione proposta dal governo non ci saranno sanatorie per i contenziosi già in atto e non saranno interrotte eventuali attività di accertamento già in corso. Secondo stime non ufficiali dell’ Agenzia delle Entrate, si tratterebbe di un potenziale introito di due miliardi di euro all’anno.
I malumori del Pdl. Di altro avviso Massimo Corsaro, vice presidente del gruppo Pdl alla Camera:
"Sarebbe davvero curioso se il governo, come si apprende da note di agenzia, presentasse a tal proposito un emendamento al decreto sulle liberalizzazioni. Non più tardi di 24 ore fa infatti è stato il capo dello Stato a stigmatizzare l’inserimento 2, nella fase di conversione dei decreti legge, di temi non inizialmente previsti nel testo. Quel monito deve valere per tutti, salvo che, visto il tema, il primo ministro non esibisca una bolla di dispensa dal richiamo di Napolitano". Ed è probabile che proprio di questo Monti abbia parlato con Napolitano nell’incontro del pomeriggio al Colle. E da ambienti vicini alla presidenza del Senato si apprende che l’ammissibilità dell’emendamento "non contrasta affatto con i criteri richiamati dal presidente della Repubblica".
Ma dal Pdl si alzano altre voci critche: "Il governo dica se asili nido e scuole parificate devono pagare la nuova Imu o no. E’ urgente un intervento chiarificatore sull’emendamento presentato adesso dal governo al decreto liberalizzazioni" dice Maurizio Lupi (Pdl) vice presidente della Camera.
Il no dei salesiani. "Per quanto riguarda l’eventuale applicazione dell’ici alle scuole paritarie, i salesiani d’italia ribadiscono che questa non sarebbe giusta nè equa" si legge in una nota l’ordine fondato da Don Bosco che gestisce 140 scuole. Il provvedimento, sostengono, sarebbe in contrasto con le leggi che prevedono che le scuole non statali "hanno i medesimi doveri e diritti delle scuole statali, poichè svolgono un servizio pubblico e concorrono ai medesimi fini". Quindi, "non possono essere considerate ’commerciali’ quelle attività che erogano un servizio che ha rilievo pubblico, è destinato all’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e formazione, tende ad assicurare fondamentali diritti di cittadinanza, come il diritto allo studio e il diritto all’istruzione e formazione professionale". Silenzio, invece, dalla Cei.
Golden share. Sull’altro fronte le norme arriva la golden share a difesa di settori strategici contro tentativi di acquisizione da parte di soggetti esterni all’unione euroea. La novità è contentuta in un emendamento che il governo si appresterebbe a presentare al dl liberalizzazioni. La bozza della proposta di modifica riguarda i casi di "minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi nazionali della sicurezza nazionale" e prevede "poteri speciali" anche l’opposizione all’acquisto se "l’acquirente è un soggetto esterno all’unione europea" e arriva a "detenere un livello di partecipazione al capitale con diritto di voto in grado di compromettere gli interessi di sicurezza nazionale". Per l’individuazione dei settori di strategicità nazionale l’emendamento rimanda a uno o più decreti della presidenza del consiglio su proposta per ambito di competenza dai ministeri della difesa, degli interni, dell’economia.
Le altre norme. Tra i provvedimenti all’esame c’è anche il potenziamento dell’accertamento ed altre disposizioni urgenti di natura finanziaria e societaria. All’ordine del giorno anche l’esame preliminare del disegno di legge per le nuove modalità di elezione dei consigli provinciali e il regolamento che modifica le disposizioni in materia di stato civile relativamente alla disciplina sul cognome.
WWW.REPUBBLICA.IT- DICHIARAZIONI DI CASINI
BOLOGNA - "Un assedio delle lobby e delle corporazioni quasi indecente" sulle liberalizzazioni. La definizione è del leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini che, da Bologna, esorta "il governo deve andare avanti con forza, perché si chiedono sacrifici ai cittadini e sulle liberalizzazioni non si può aver scherzato". Secondo Casini, infatti, "tutte le categorie devono fare i sacrifici necessari, non ci può essere il più furbo o quello che minaccia di paralizzare una fetta di città che poi in qualche modo viene salvato". Per questo, insiste, il Parlamento deve "rafforzare il provvedimento, non indebolirlo. I partiti che diventano cassa di risonanza delle categorie mancano un altro appuntamento importante con i cittadini".
Il leader Udc parte dal decreto firmato dal governo: "Mi interessa capire il testo - spiega Casini- il governo ha presentato un buon provvedimento che non può essere annacquato". Quindi, ribadisce Casini, "bisogna andare avanti con coraggio. C’è un assedio delle lobby anche fisico, in aula e nelle commissioni, ma con questa logica non si migliora".
Bersani: "Governo stia con chi vuole rafforzarle". In commissione al Senato ci sono tanti che "frenano" sulle liberalizzazioni, ma anche "tantissimi che accelerano". Il governo, secondo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, "se ci sono proposte che rafforzano deve guardarle con un occhio interessato". "In
queste ore in commissione - ha detto Bersani - vengono contrastati emendamenti a rafforzare e non a indebolire le liberalizzazioni. C’è chi vuole indebolire, c’è chi vuole rafforzare. Io vorrei che il governo si mettesse con chi vuole rafforzare". Ma c’è sintonia fra le liberalizzazioni del governo Monti e le "lenzuolate" dell’allora ministro Pier Luigi Bersani? "Forse i cittadini capivano meglio il giorno dopo cosa gli succedeva. Qui il meccanismo è un po’ più diluito", risponde lo stesso Bersani alle domande dei cronisti a margine di una cerimonia a Bologna. "Io - dice il segretario del Pd- avrei preferito qualche botta in po’ più secca", ma il processo in corso, conclude, "non va sottovalutato, è una novità importantissima aver ripreso questo tema".
Schifani: "Senato resiste a lobby". ’’Ho già dato disposizioni affinché questa calca dei lobbisti non ci sia più. È da tempo che denuncio questo modo di fare. Ma il Senato resisterà perché vogliamo che esca un decreto strategico che guardi alla crescita e alla concorrenza’’, ha detto il presidente del Senato Renato Schifani parlando con i giornalisti.
Ocse all’Italia: "Niente barriere a concorrenza". "Ridurre le barriere legislative alla concorrenza" in diversi settori, tra cui "le professioni, il commercio al dettaglio e i servizi locali": è quanto consiglia l’Ocse all’Italia, nel suo rapporto annuale sulla crescita. Il decreto varato a dicembre 2011, sottolinea l’organizzazione, "introduceva misure per liberalizzare il commercio al dettaglio", ma queste misure "possono essere in parte sorpassate dalle politiche territoriali delle autorità regionali". Il governo, scrive ancora l’Ocse, "ha introdotto misure significative per liberalizzare le professioni liberali e i servizi di trasporto".
Riforma del lavoro. Il leader dell’Udc ha, poi, affrontato il tema della riforma del lavoro, sostenendo che non può essere portata avanti con i diktat e senza confronto. La riforma del lavoro, sostiene Casini, "sicuramente va fatta e mi auguro si faccia con serenità, consapevolezza e capacità di discutere col sindacato, con Confindustria e con Rete imprese Italia". Dunque, è l’invito di Casini, "bisogna coinvolgere, come fa il governo, senza diktat né da una parte né dall’altra".
I 100 giorni del governo. Parlando poi dei primi 100 giorni del governo Monti 1, il leader centrista ha promosso l’operato del premier: "Io gli do un voto buono anche perché ci dimentichiamo che avevamo uno spread quasi a 600 punti e che l’Italia sarebbe già fallita, sarebbe già nelle condizioni della Grecia. "Abbiamo evitato questo - prosegue Casini - lo hanno fatto i partiti con un armistizio tra loro che è segno di maturità e intelligenza, ma il governo Monti ha parato bene, ora vediamo i passaggi ulteriori".
Maggioranza politica. Nonostante le tensioni il Governo può andare avanti tranquillamente senza mettere a rischio la sua maggioranza che, a giudizio del leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, è "una maggioranza politica". Questa maggioranza composta da Terzo Polo, Pd e Pdl "c’è ed è chiaro che non può prescindere da nessuno dei contraenti. Se si pensasse di fare una riforma con il Pdl senza il Pd o senza il Terzo Polo, se si pensa a maggioranze variabili, che sarebbero poco serie, si minerebbero le fondamenta su cui si basa questo Governo". Secondo il leader centrista "non è che le differenza tra i partiti sono scomparse: siamo e continuiamo ad essere diversi, ma abbiamo fatto un passo indietro per cercare di salvare il Paese".
CORRIERE.IT - INTERVENTO DELL’OCSE
MILANO - Italia è stata promossa, anche se c’è ancora molto lavoro da fare. L’Italia infatti deve ridurre la proprietà dello Stato «specialmente nei settori dei media televisivi, dei trasporti, dell’energia e dei servizi locali». È quanto torna a chiedere l’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nel rapporto sulla crescita dove si rileva come il governo Monti abbia piani per «realizzare le privatizzazioni».
LAVORO - L’Ocse chiede anche di «Ammorbidire la protezione del lavoro sui contratti standard». L’Italia infatti: «non ha ancora intrapreso azioni significative» ma sta «considerando una riforma del mercato del lavoro, mirata ad ammorbidire le tutele sui contratti standard» con «una riforma welfare per migliorare la rete di sicurezza per i disoccupati».
CONCORRENZA - L’Italia deve «anche ridurre le barriere alla concorrenza» si scrive sempre nel rapporto annuale dell’Ocse, che fa riferimento a diversi settori, tra cui professioni, servizi locali e commercio. «Il peggio è alle spalle - si dice sempre nel rapporto - ma la disoccupazione resterà alta per tutto il 2013, non ci saranno prospettive di ripresa e i bilanci pubblici rimarrano su livelli insostenibili per molti Paesi dell’area Ocse».
GENERAZIONE PERDUTA - L’Ocse ha poi lanciato un allarme sul rischio disoccupazione giovanile. Ci sono infatti al momento più di 200 milioni di disoccupati nel mondo, e 45 di questi nei paesi Ocse: 14 milioni in più rispetto a prima della crisi. Lo ha ricordato il segretario generale dell’Ocse Angel Gurria che ha sottolineato come la situazione «stia diventando drammatica, soprattutto guardando alla disoccupazione tra i giovani che ha raggiunto il 20% e in alcuni paesi come la Spagna anche il 50%». Bisogna quindi fare tutto il possibile per evitare il rischio di «una generazione perduta», attraverso politiche che favoriscano il reinserimento del mercato del lavoro da parte di coloro che lo hanno perso da un anno o di più.
CORRIERE.IT (è il pezzo pubblicato dal quotidiano)
MARIO SENSINI
[Esplora il significato del termine: Approfondimenti Dall’evasione sgravi ai redditi bassi Arriva l’Ici sui beni della Chiesa Ecco il decreto su scontrini, Iva e spesometro «leggero» I controlli della Guardia di Finanza a CortinaI controlli della Guardia di Finanza a Cortina MILANO - Il problema per ora è quello di due virgole, finite chissà come fuori posto nella bozza di testo del decreto. Ma tra qui e la riduzione delle tasse già nel 2013 grazie ai frutti della lotta all’evasione, oltre a quello di sintassi, facilmente risolvibile, ci sono due ostacoli molto più ardui da superare, le ristrettezze di bilancio e la prudenza del premier Monti. Così, se il decreto sulla semplificazione fiscale che sarà approvato venerdì dal governo effettivamente aprirà un varco al taglio delle tasse, per verificare la sua praticabilità bisognerà attendere almeno un altro anno, il febbraio del 2013. E naturalmente sperare che il perdurare della crisi economica non si mangi tutto il bottino sottratto all’evasione. La regola inserita nella bozza del decreto è scritta male, perché stabilisce per il 2014 un regime che da quell’anno è già previsto, cioè l’uso delle maggiori entrate dovute alla lotta all’evasione prima per assicurare il deficit, poi per «la riduzione strutturale della pressione fiscale». Poi però fa riferimento al 2012 e al 2013, prevedendo che quel meccanismo sia anticipato con la destinazione delle risorse «accertate sulla base di una relazione del ministro dell’Economia entro il mese di febbraio dell’anno successivo» a «misure anche non strutturali», quindi una tantum, «di sostegno alle fasce di reddito più basse». Il tutto, naturalmente, sempre nel rispetto degli obiettivi di bilancio. Il tesoretto dell’evasione E proprio quello sarà il vero problema. I conti pubblici, secondo il presidente del Consiglio, tengono ancora bene. Ma sul bilancio di quest’anno peseranno sicuramente la crescita dell’economia che sarà inferiore al previsto, e l’aumento della spesa per gli interessi sul debito, cresciuti con l’allargamento degli spread. Anche ammettendo che nel 2012 salti fuori un piccolo tesoretto sottratto agli evasori, è difficile pensare che ne resti una porzione consistente per alleggerire il peso delle tasse per i contribuenti onesti in modo sensibile. Mario Monti, non a caso, sostiene che per il taglio delle imposte «bisognerà aspettare ancora un po’». Anche per non offrire all’Europa e ai mercati la percezione di un Paese che, rimettendosi a spendere, considera già risolti i suoi problemi strutturali. La regoletta finirà dunque nel decreto, ma avrà solo una valenza politica, mentre le altre misure riguarderanno lo snellimento delle procedure burocratiche e il rafforzamento della lotta all’evasione e dell’accertamento. «Pagare non è piacevolissimo, e doverlo fare con difficoltà è ancor meno piacevole» sostiene il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, secondo il quale il provvedimento «sarà un buon passo avanti nella riduzione dei costi degli adempimenti fiscali». Meno oneri per le imprese La misura più importante per le imprese e i professionisti, sarà la scomparsa dell’obbligo di comunicazione telematica al Fisco di tutte le operazioni di compravendita superiori ai 3 mila euro che comportano l’obbligo di emettere fattura, quindi anche nei confronti di privati. La segnalazione degli acquisti e delle vendite, che doveva servire ad alimentare la banca dati dello spesometro di cui l’Agenzia delle Entrate si serve per gli accertamenti sui redditi dei contribuenti, sarà sostituita dal ritorno del vecchio elenco dei clienti e dei fornitori che deve essere trasmesso una volta l’anno. Le imprese commerciali e di servizio, tenute a comunicare ogni singola operazione, possono risparmiare tempo e denaro, mentre il nuovo meccanismo garantisce comunque l’afflusso dei dati necessari alle verifiche dell’Agenzia. Il Fisco sarà inoltre più tollerante con le imprese nell’accesso opzionale ai regimi agevolati, con la disponibilità ad accogliere le domande anche fuori dai termini purché si posseggano i requisiti previsti. Scomparirà anche l’obbligo di indicare il domicilio fiscale (che solo per le persone fisiche coincide necessariamente con la residenza anagrafica) in tutti gli atti destinati all’amministrazione fiscale (come le compravendite immobiliari), mentre il decreto prevede anche una procedura semplificata per la cancellazione delle ipoteche che non vengono rinnovate da anni, ma che restano formalmente in piedi, ostacolando la negoziabilità dei beni. L’Imu e gli sconti alla Chiesa Con il decreto di domani arriveranno anche i chiarimenti sulla prima applicazione dell’Imposta municipale unica, che da quest’anno assorbirà la vecchia Ici, reintrodotta anche sulle prime case. Si stabilirà ad esempio, che la detrazione forfettaria di 200 euro l’anno, cui si sommano 50 euro per ogni figlio a carico di età inferiore ai 26 anni, spetterà per un solo immobile per ciascun nucleo familiare, a prescindere dal numero delle case possedute. Ma soprattutto, con il decreto, il governo dovrebbe chiarire le modalità con cui saranno di nuovo assoggettati all’imposta comunale i beni della Chiesa. L’esenzione dovrebbe essere assicurata solo per gli immobili adibiti esclusivamente ad attività non commerciali, e così sarà anche per gli altri enti che oggi non sono soggetti all’Ici, come i partiti politici e i sindacati. Nuova stretta sull’evasione Nel nuovo pacchetto fiscale non poteva mancare un nuovo giro di vite contro l’evasione. Il decreto prevede innanzitutto la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di sottoporre a controlli approfonditi sistematici tutti i commercianti e gli esercenti pizzicati più volte a non battere gli scontrini fiscali. Perché la tendenza a nascondere gli incassi reali, secondo l’amministrazione fiscale, cela quasi certamente dei redditi occulti. Lo stesso principio vale per tutti i professionisti, gli artigiani e le piccole imprese sottoposte agli studi di settore. Chi non risponde ai questionari inviati dal Fisco, o ancora peggio dichiara il falso, oggi rischia solo una sanzione pecuniaria, ma da domani sarà automaticamente soggetto a un accertamento analitico dei propri redditi. Nello stesso tempo arriverà anche una nuova stretta sulle compensazioni dell’Iva. L’importo delle operazioni che devono essere preventivamente comunicate all’Agenzia delle Entrate scende da 10 a 5 mila euro. Di fatto si restringe moltissimo il numero delle operazioni di compensazione fatte in automatico dai contribuenti. Verrà poi completata la verifica di tutte le partite Iva esistenti e sarà la stessa amministrazione fiscale a procedere alla chiusura d’ufficio di tutte quelle posizioni «dimenticate», quelle che non risultano attive da tre anni. Per evitare le frodi Iva, inoltre, verrà creato un servizio sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate che consentirà a chiunque di verificare l’esistenza e la corrispondenza di ogni partita Iva, ha detto ieri in Parlamento il direttore dell’Agenzia, Attilio Befera, spiegando che l’amministrazione sta valutando anche la possibilità di modificare il codice fiscale. Ci sono circa 30 mila casi di «omocodia» che potrebbero essere risolti con un nuovo sistema, ma la sostituzione dei circa 90 milioni di codici fiscali esistenti è un’impresa titanica. Sempre nel filone delle misure antievasione si inseriscono, poi, le nuove procedure dei controlli sulle onlus e l’inasprimento delle sanzioni sull’esportazione illecita di capitali. Più vicini ai contribuenti Buona parte delle misure del decreto punta, per dirla con Mario Monti, a rendere la macchina fiscale «più vicina ai contribuenti». Alcune misure sono state sollecitate direttamente da Equitalia, proprio per migliorare il rapporto con i cittadini. Tra queste la possibilità di dilazionare i propri debiti con il Fisco chiedendo l’applicazione di rate variabili e crescenti nel tempo. Un’altra norma proposta da Equitalia stabilisce che, in caso di pignoramento a tutela del credito fiscale, l’agente della riscossione nomini sempre l’imprenditore come custode giudiziario dei beni strumentali dell’impresa, così da assicurarne la continuazione dell’attività. E ci saranno regole più morbide anche sull’eventuale pignoramento dello stipendio. Con il decreto arriveranno anche dei correttivi a norme appena varate dall’esecutivo Monti, come la sospensione della Tesoreria unica alla quale erano stati obbligati da dicembre tutti gli enti locali. Potrebbero esserci novità anche sulla golden share e la tassa relativa ai permessi di soggiorno. Nel primo caso il governo avrebbe pronto un emendamento per chiarire, risolvendo il conflitto con la Ue, che il diritto di veto possa essere opposto all’acquisto di partecipazioni in imprese pubbliche strategiche solo se l’acquirente è extraeuropeo, mentre se fosse europeo resterebbero solo vincoli per la sicurezza degli approvvigionamenti, delle informazioni ed i trasferimenti tecnologici. Quanto all’imposta sui permessi di soggiorno, «il problema va valutato in ottica europea. In altri Paesi il costo del rinnovo dei permessi raggiunge cifre molto elevate e l’Italia sta facendo uno sforzo positivo in questo senso» ha detto il sottosegretario all’Interno, Saverio Ruperto. Tra le novità ci sarebbe anche il raddoppio della durata dei permessi di soggiorno (oggi valgono da sei mesi a due anni), tagliando della metà i costi per gli immigrati. Mario Sensini]
Approfondimenti
Dall’evasione sgravi ai redditi bassi
Arriva l’Ici sui beni della Chiesa
Ecco il decreto su scontrini, Iva e spesometro «leggero»
MILANO - Il problema per ora è quello di due virgole, finite chissà come fuori posto nella bozza di testo del decreto. Ma tra qui e la riduzione delle tasse già nel 2013 grazie ai frutti della lotta all’evasione, oltre a quello di sintassi, facilmente risolvibile, ci sono due ostacoli molto più ardui da superare, le ristrettezze di bilancio e la prudenza del premier Monti. Così, se il decreto sulla semplificazione fiscale che sarà approvato venerdì dal governo effettivamente aprirà un varco al taglio delle tasse, per verificare la sua praticabilità bisognerà attendere almeno un altro anno, il febbraio del 2013. E naturalmente sperare che il perdurare della crisi economica non si mangi tutto il bottino sottratto all’evasione.
La regola inserita nella bozza del decreto è scritta male, perché stabilisce per il 2014 un regime che da quell’anno è già previsto, cioè l’uso delle maggiori entrate dovute alla lotta all’evasione prima per assicurare il deficit, poi per «la riduzione strutturale della pressione fiscale». Poi però fa riferimento al 2012 e al 2013, prevedendo che quel meccanismo sia anticipato con la destinazione delle risorse «accertate sulla base di una relazione del ministro dell’Economia entro il mese di febbraio dell’anno successivo» a «misure anche non strutturali», quindi una tantum, «di sostegno alle fasce di reddito più basse». Il tutto, naturalmente, sempre nel rispetto degli obiettivi di bilancio.
Il tesoretto dell’evasione
E proprio quello sarà il vero problema. I conti pubblici, secondo il presidente del Consiglio, tengono ancora bene. Ma sul bilancio di quest’anno peseranno sicuramente la crescita dell’economia che sarà inferiore al previsto, e l’aumento della spesa per gli interessi sul debito, cresciuti con l’allargamento degli spread. Anche ammettendo che nel 2012 salti fuori un piccolo tesoretto sottratto agli evasori, è difficile pensare che ne resti una porzione consistente per alleggerire il peso delle tasse per i contribuenti onesti in modo sensibile. Mario Monti, non a caso, sostiene che per il taglio delle imposte «bisognerà aspettare ancora un po’». Anche per non offrire all’Europa e ai mercati la percezione di un Paese che, rimettendosi a spendere, considera già risolti i suoi problemi strutturali.
La regoletta finirà dunque nel decreto, ma avrà solo una valenza politica, mentre le altre misure riguarderanno lo snellimento delle procedure burocratiche e il rafforzamento della lotta all’evasione e dell’accertamento. «Pagare non è piacevolissimo, e doverlo fare con difficoltà è ancor meno piacevole» sostiene il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, secondo il quale il provvedimento «sarà un buon passo avanti nella riduzione dei costi degli adempimenti fiscali».
Meno oneri per le imprese
La misura più importante per le imprese e i professionisti, sarà la scomparsa dell’obbligo di comunicazione telematica al Fisco di tutte le operazioni di compravendita superiori ai 3 mila euro che comportano l’obbligo di emettere fattura, quindi anche nei confronti di privati. La segnalazione degli acquisti e delle vendite, che doveva servire ad alimentare la banca dati dello spesometro di cui l’Agenzia delle Entrate si serve per gli accertamenti sui redditi dei contribuenti, sarà sostituita dal ritorno del vecchio elenco dei clienti e dei fornitori che deve essere trasmesso una volta l’anno. Le imprese commerciali e di servizio, tenute a comunicare ogni singola operazione, possono risparmiare tempo e denaro, mentre il nuovo meccanismo garantisce comunque l’afflusso dei dati necessari alle verifiche dell’Agenzia. Il Fisco sarà inoltre più tollerante con le imprese nell’accesso opzionale ai regimi agevolati, con la disponibilità ad accogliere le domande anche fuori dai termini purché si posseggano i requisiti previsti. Scomparirà anche l’obbligo di indicare il domicilio fiscale (che solo per le persone fisiche coincide necessariamente con la residenza anagrafica) in tutti gli atti destinati all’amministrazione fiscale (come le compravendite immobiliari), mentre il decreto prevede anche una procedura semplificata per la cancellazione delle ipoteche che non vengono rinnovate da anni, ma che restano formalmente in piedi, ostacolando la negoziabilità dei beni.
L’Imu e gli sconti alla Chiesa
Con il decreto di domani arriveranno anche i chiarimenti sulla prima applicazione dell’Imposta municipale unica, che da quest’anno assorbirà la vecchia Ici, reintrodotta anche sulle prime case. Si stabilirà ad esempio, che la detrazione forfettaria di 200 euro l’anno, cui si sommano 50 euro per ogni figlio a carico di età inferiore ai 26 anni, spetterà per un solo immobile per ciascun nucleo familiare, a prescindere dal numero delle case possedute. Ma soprattutto, con il decreto, il governo dovrebbe chiarire le modalità con cui saranno di nuovo assoggettati all’imposta comunale i beni della Chiesa. L’esenzione dovrebbe essere assicurata solo per gli immobili adibiti esclusivamente ad attività non commerciali, e così sarà anche per gli altri enti che oggi non sono soggetti all’Ici, come i partiti politici e i sindacati.
Nuova stretta sull’evasione
Nel nuovo pacchetto fiscale non poteva mancare un nuovo giro di vite contro l’evasione. Il decreto prevede innanzitutto la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di sottoporre a controlli approfonditi sistematici tutti i commercianti e gli esercenti pizzicati più volte a non battere gli scontrini fiscali. Perché la tendenza a nascondere gli incassi reali, secondo l’amministrazione fiscale, cela quasi certamente dei redditi occulti. Lo stesso principio vale per tutti i professionisti, gli artigiani e le piccole imprese sottoposte agli studi di settore. Chi non risponde ai questionari inviati dal Fisco, o ancora peggio dichiara il falso, oggi rischia solo una sanzione pecuniaria, ma da domani sarà automaticamente soggetto a un accertamento analitico dei propri redditi.
Nello stesso tempo arriverà anche una nuova stretta sulle compensazioni dell’Iva. L’importo delle operazioni che devono essere preventivamente comunicate all’Agenzia delle Entrate scende da 10 a 5 mila euro. Di fatto si restringe moltissimo il numero delle operazioni di compensazione fatte in automatico dai contribuenti. Verrà poi completata la verifica di tutte le partite Iva esistenti e sarà la stessa amministrazione fiscale a procedere alla chiusura d’ufficio di tutte quelle posizioni «dimenticate», quelle che non risultano attive da tre anni. Per evitare le frodi Iva, inoltre, verrà creato un servizio sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate che consentirà a chiunque di verificare l’esistenza e la corrispondenza di ogni partita Iva, ha detto ieri in Parlamento il direttore dell’Agenzia, Attilio Befera, spiegando che l’amministrazione sta valutando anche la possibilità di modificare il codice fiscale. Ci sono circa 30 mila casi di «omocodia» che potrebbero essere risolti con un nuovo sistema, ma la sostituzione dei circa 90 milioni di codici fiscali esistenti è un’impresa titanica. Sempre nel filone delle misure antievasione si inseriscono, poi, le nuove procedure dei controlli sulle onlus e l’inasprimento delle sanzioni sull’esportazione illecita di capitali.
Più vicini ai contribuenti
Buona parte delle misure del decreto punta, per dirla con Mario Monti, a rendere la macchina fiscale «più vicina ai contribuenti». Alcune misure sono state sollecitate direttamente da Equitalia, proprio per migliorare il rapporto con i cittadini. Tra queste la possibilità di dilazionare i propri debiti con il Fisco chiedendo l’applicazione di rate variabili e crescenti nel tempo. Un’altra norma proposta da Equitalia stabilisce che, in caso di pignoramento a tutela del credito fiscale, l’agente della riscossione nomini sempre l’imprenditore come custode giudiziario dei beni strumentali dell’impresa, così da assicurarne la continuazione dell’attività. E ci saranno regole più morbide anche sull’eventuale pignoramento dello stipendio.
Con il decreto arriveranno anche dei correttivi a norme appena varate dall’esecutivo Monti, come la sospensione della Tesoreria unica alla quale erano stati obbligati da dicembre tutti gli enti locali. Potrebbero esserci novità anche sulla golden share e la tassa relativa ai permessi di soggiorno. Nel primo caso il governo avrebbe pronto un emendamento per chiarire, risolvendo il conflitto con la Ue, che il diritto di veto possa essere opposto all’acquisto di partecipazioni in imprese pubbliche strategiche solo se l’acquirente è extraeuropeo, mentre se fosse europeo resterebbero solo vincoli per la sicurezza degli approvvigionamenti, delle informazioni ed i trasferimenti tecnologici. Quanto all’imposta sui permessi di soggiorno, «il problema va valutato in ottica europea. In altri Paesi il costo del rinnovo dei permessi raggiunge cifre molto elevate e l’Italia sta facendo uno sforzo positivo in questo senso» ha detto il sottosegretario all’Interno, Saverio Ruperto. Tra le novità ci sarebbe anche il raddoppio della durata dei permessi di soggiorno (oggi valgono da sei mesi a due anni), tagliando della metà i costi per gli immigrati.
Mario Sensini
CORRIERE.IT - ARTICOLO DI OGGI SULLE LIBERALIZZAZIONI
ROMA — Il governo torna di nuovo alla carica sui taxi. Due giorni fa aveva dato parere favorevole alla proposta di lasciare ai sindaci la decisione sul numero delle licenze con la nuova Autorità dei trasporti finita in un angolo, limitata a dare un parere non vincolante e quindi aggirabile. Ma dopo le proteste degli ultimi giorni l’idea è tornare al testo originario, con l’Autorità che di fatto impone al sindaco cosa fare. Si procede per gradi e con qualche tensione. Dopo gli ultimi incontri di ieri sera l’articolo riscritto dai due relatori Simona Vicari (Pdl) e Filippo Bubbico (Pd) dice semplicemente che il parere dell’Autorità è obbligatorio. Quelle due paroline decisive, «non vincolante», sono state cancellate. Ma al governo non basta e la formula finale dovrebbe essere più forte. Sembra una questione tecnica ma su quella riga dell’articolo 36 si gioca un partita molto più grande di quella dei taxi e persino di tutte le liberalizzazioni.
Dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri di fine gennaio il decreto è al primo passaggio parlamentare per la conversione in legge. Adesso è sul tavolo della commissione Industria di Palazzo Madama, poi toccherà all’Aula, dopo ancora alla Camera che dovrà darà il via libera entro il 23 marzo. Ma sui taxi il governo si gioca una buona fetta di credibilità, la capacità di tenere la linea, di resistere alla pressioni che arrivano pure dalla maggioranza che lo sostiene. Non è un caso se ieri è intervenuto direttamente Mario Monti per dire che non ci sarà un arretramento, mentre lo stesso presidente della Banca centrale europea Mario Draghi definiva le liberalizzazioni una «priorità». E non è un caso nemmeno il pressing del Terzo polo con Pier Ferdinando Casini che dice «no al passo del gambero» e Francesco Rutelli che minaccia il voto contrario: «Se la situazione dovesse degenerare decideremo come comportarci». Un allarme che, indirettamente, potrebbe allentare la pressione degli altri partiti. Anche perché i nodi da sciogliere sono ancora tanti.
Primo fra tutti quello sulle farmacie. Il numero minimo di abitanti per aprirne una nuova passerebbe dai 3 mila fissati nel testo originale a 3.300. Una scelta gradita ai farmacisti come quella di non consentire alle parafarmacie la vendita dei medicinali di fascia C, interamente a carico del cittadino. In cambio chi gestisce oggi una parafarmacia avrebbe una quota riservata del 30% nei futuri concorsi per le farmacie e potrebbe subito vendere prodotti veterinari e galenici, i vecchi preparati di una volta. Il governo potrebbe poi appoggiare l’idea del finiano Giuseppe Valditara sulle confezioni monodose, utili per chi ha bisogno di poche pastiglie e poi lascia scadere il resto della scatola, con un risparmio stimato in 5 miliardi di euro.
Soluzione trovata sul delicato capitolo dello scorporo tra Eni e Snam: un decreto sulla materia dovrà arrivare entro il 31 maggio, e la separazione effettiva dovrà avvenire entro 18 mesi dal decreto stesso. I tribunali per le imprese saranno in ogni capoluogo di Regione con l’aggiunta di Brescia. Mentre per le professioni dovrebbe restare il preventivo scritto e anche l’abolizione delle tariffe minime, sostituite da una serie di parametri fissati dal ministero della Giustizia entro quattro mesi. Per i giovani al primo impiego in uno studio il lavoro gratuito dovrebbe essere limitato solo al primo anno. Quello degli avvocati è un altro fronte caldo, visto che adesso sono loro a voler fare come i tassisti: «Se il governo non ci ascolta bloccheremo la giustizia» dice Maurizio de Tilla, presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura. Mentre il presidente del consiglio nazionale forense Guido Alpa guarda alla commissione Giustizia della Camera dove sta per partire l’esame della riforma della professione. L’annuncio è di ieri, nemmeno questo è un caso. Ma bisogna vedere se basterà a placare le proteste della categoria.
Lorenzo Salvia
PEZZO SUI LOBBISTI DEL CORRIERE DI OGGI
ROMA — «Non aprite quella porta», dice il commesso al terzo piano del Senato. Lo sguardo è cortese, la citazione forse involontaria. Ma il titolo del film horror più famoso degli anni 70 va benissimo anche per l’ultima scena girata a Palazzo Madama. Dopo giorni di incontri più o meno alla luce del sole, adesso le tante lobby che arrivano qui per sostenere il loro emendamentino si devono accomodare sulle poltrone in corridoio. All’ora di pranzo viene chiusa la porta che divide il resto del piano dalle stanze vicino all’ufficio del presidente della commissione Industria, Cesare Cursi del Pdl. Un dettaglio? Mica tanto, perché è proprio là dietro che governo e relatori stanno riscrivendo pezzi interi del decreto legge sulle liberalizzazioni. Il percorso è ancora lungo, dopo il via libera della commissione serviranno ancora tre letture prima di trasformare in legge quei 98 articoli. Ma nei prossimi giorni ci sarà poco spazio per altre modifiche, la vera partita si gioca adesso. E il pressing dei lobbisti si è fatto davvero forte. Anche ora che la porta è chiusa, nel corridoio ci sono una ventina di irriducibili. Tessera ospite al taschino della giacca, cartellina sotto braccio, cappello metaforicamente in mano. E tutti a chiedersi, ma quella porta chi l’ha chiusa?
Il presidente della commissione Cursi dice che lui non c’entra nulla. La richiesta sarebbe arrivata direttamente dagli uomini del governo che stanno seguendo il decreto in questa fase. E soprattutto da Claudio De Vincenti, il sottosegretario allo Sviluppo economico pescato alla facoltà di Economia della Sapienza, molto infastidito dal clima di assedio delle ultime ore. Solo due giorni fa era stato direttamente il presidente Renato Schifani a dire che il «Senato lavora alacremente difendendosi da pressioni di lobby e corporazioni». E ieri lo stesso Schifani ha subito girato ai capigruppo la lettera del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sullo stop agli emendamenti fuori contesto, spesso ultima spiaggia del lobbista disperato.
Sembra quasi la legge del contrappasso. Proprio sul decreto liberalizzazioni era stato il Terzo polo a proporre un registro dei gruppi di pressione, per far emergere in qualche modo un’attività in Italia sotterranea. Ma nulla in confronto a quello che propose Beniamino Andreatta. Era il 1988, si discuteva del nuovo regolamento di Palazzo Madama. E così parlava il senatore dc: «I rappresentanti dei gruppi di interesse non possono accedere al palazzo salvo autorizzazione del presidente per utilizzare appositi locali dove esporre la loro posizione». Nemmeno in corridoio ma chiusi in una stanza. Forse anche allora le lobby partirono alla carica e alla fine l’emendamento Andreatta venne ritirato.
L. Sal.