VARIE 23/2/2011, 23 febbraio 2011
APPUNTI PER GAZZETTA. I SUICIDI IN CARCERE
REPUBBLICA.IT
Si è impiccato con il cordoncino della tuta che indossava, nella sua cella. Un uomo di 36 anni di Polignano a Mare, Ottavio Mastrochirico, in carcere dal 2010 con l’accusa di aver ucciso un’anziana di 80 anni, si è tolto la vita nel penitenziario di Foggia. Si tratta della terza vittima in pochi mesi nel carcere pugliese. E salgono così a 11 i suicidi negli istituti di pena italiani dall’inizio dell’anno, come sottolinea l’osservatorio permanente sulle morti in carcere.
L’uomo avrebbe dovuto scontare una condanna a 16 anni, e da qualche giorno era stato trasferito in una cella singola, dopo i problemi che aveva avuto con altri detenuti. E’ stato un agente di polizia penitenziaria ad accorgersi dell’accaduto e a intervenire per cercare di salvare la vita all’uomo, per il quale però non c’è stato niente da fare.
L’ultimo suicidio avvenuto nel carcere del capoluogo dauno risale al novembre 2010, quando il 41enne Raffaele Ferrantino si tolse la vita trasformando i lembi dei pantaloni in un cappio. E nei giorni scorsi il carcere di Foggia è stato oggetto di un ulteriore sopralluogo da parte del presidente della camera penale, Gianluca Ursitti, del segretario dell’associazione nazionale magistrati di Foggia, Antonio Laronga, e del presidente dell’ordine degli avvocati di Foggia, Tonio Ciarambino, per verificare le condizioni di vivibilità dei detenuti.
Nel carcere di Foggia sono detenute 744 persone a fronte di una capienza di 371. Una situazione insostenibile secondo L’Osapp, il sindacato
di polizia penitenziaria, che segnala anche il caso limite di Lucera, dove i reclusi sono 250 per 135 posti. "C’è grande rammarico quando si è costretti nell’indifferenza generale delle istituzioni a contare un’altra vita umana", dice il segretario nazionale dell’Osapp, Domenico Mastrulli. A Foggia sono in servizio 310 agenti, divisi nei quattro turni lavorativi, mentre ne servirebbero 420-430. Un carcere, quello del capoluogo dauno, che dovrebbe contenere secondo quanto previsto dalla legge 371 detenuti "e invece - ha aggiunto Mastrulli - a volte ne conta anche 800".
(23 febbraio 2012)
FOGGIATODAY.IT
GIOVANNA GRECO
Suicidio carcere Foggia: morto impiccato detenuto Ottavio Mastrochirico
Si è impiccato nella sua cella utilizzando il cordoncino dei pantaloni della tuta che indossava. Ottavio Matrochirico, 36 anni di Polignano a Mare, detenuto dal 2010 nel carcere di Foggia, due sere fa si è tolto la vita.
Avrebbe dovuto scontare una condanna a 16 anni per un omicidio messo a segno l’8 maggio del 2006: era accusato di aver ucciso una donna di 80 anni. Maria Mancini venne uccisa con calci e pugni dopo che aveva scoperto in casa una coppia di vicini che stava cercando di rubarle qualcosa di valore. I due erano Ottavio Mastrochirico e la moglie di 27 anni, nei confronti della quale le indagini sono ancora in corso.
Entrambi vennero arrestati nel 2010. A tradire l’uomo furono le tracce di Dna trovate su un mozzicone di sigaretta lasciato dall’uomo in casa della donna.
Il 36enne da qualche giorno si trovava da solo in cella, dopo aver avuto dei problemi con gli altri detenuti. Quindi il disperato gesto.
Un agente di polizia penitenziaria è intervenuto. Vano il tentativo di salvarlo, per il detenuto non c’è stato nulla da fare. Si allunga, così, la lista dei suicidi consumati tra le mura dei penitenziari, che salgono a 60 in Italia, 7 nelle carcere pugliesi, il terzo nel carcere di Foggia.
Una vera e propria strage silenziosa che si consuma dietro le sbarre. L’ultimo è avvenuto nel capoluogo dauno nel novembre scorso, quando un 41enne si è tolto la vita trasformando i lembi dei pantaloni in un cappio. Nel gennaio scorso, sempre nel carcere di Foggia, ci fu un ulteriore tentativo, sventato però dal pronto intervento di un agente, a sua volta, poi, aggredito.
E monta nuovamente la polemica sul sovraffollamento dei penitenziari pugliesi ed italiani.
Nei giorni scorsi il carcere di Foggia è stato oggetto di un ulteriore sopralluogo da parte del presidente della Camera penale, Gianluca Ursitti, del segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati di Foggia, Antonio Laronga, e del presidente dell’ordine degli Avvocati di Foggia, Tonio Ciarambino, per verificare le condizioni di vivibilità dei detenuti.
Ne emerge una situazione insostenibile, al pari delle altre carceri italiane: 744 reclusi, rispetto ad una capienza di 371 detenuti. Una situazione insostenibile che, secondo l’Osapp, si allarga anche al carcere di Lucera, dove i reclusi sono 250 rispetto ad una capienza di 135 posti.
LIBERO.IT
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - Oggi pomeriggio, verso le 14.30, un detenuto di origine magrebina ha tentato il suicidio nel carcere di Piacenza. A darne notizia e’ Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe. "L’uomo, utilizzando le lenzuola, si e’ impiccato alle sbarre della finestra - spiega in una nota Durante - ma un agente, accortosi subito del gesto, ha aperto la stanza, e’ entrato e lo ha sollevato sulle spalle. Fortunatamente, in quel momento, c’erano anche altri due detenuti nei pressi della cella che hanno aiutato l’agente".
"L’uomo e’ stato adagiato a terra e sottoposto alle successive cure dal medico immediatamente chiamato dall’agente che, con grande intuito e capacita’ professionali, e’ riuscito a salvare una vita all’interno delle affollate carceri italiane: un sovraffollamento da cui non e’ esente neanche il carcere di Piacenza, dove ci sono circa 200 detenuti in piu’ rispetto ai posti previsti".
"La capacita’ dell’agente di intercettare il disagio del detenuto - sottolinea Durante - ha fatto in modo che l’uomo non riuscisse a portare a termine il suicidio. Ricordiamo che sono piu’ di 1.000 i detenuti che gli agenti riescono a salvare ogni anno, nonostante le grandi difficolta’ operative dovute alla carenza di personale e al sovraffollamento. Chiediamo che all’agente vengano adeguatamente riconosciute, attraverso la lode o altra ricompensa, le grandi doti umane e professionali dimostrate in quest’occasione".
ARTICOLO DEL RIFORMISTA DEL 21/2/2012
ALESSANDRO GILIOLI
Ci saranno almeno 700 fantasmi, oggi pomeriggio in Senato. Sono quelli dei detenuti che dal 2000 ad oggi hanno deciso di togliersi la vita nel chiuso di una cella. Non è difficile immaginarli seduti accanto ai senatori che, in commissione Diritti umani, ascolteranno l’audizione del Guardasigilli Paola Severino. L’ultimo di questi fantasmi si è aggiunto al gruppo soltanto sabato scorso, ed è già il decimo dall’inizio dell’anno.
Si chiamava Alessandro Gallelli. Aveva 21 anni compiuti da poco ed era detenuto da 4 mesi in attesa di giudizio nel carcere di San Vittore, a Milano. Si è impiccato con la giacca della tuta nel reparto di psichiatria dove doveva incontrare lo psicologo. Era accusato di violenza sessuale e molestie ai danni di ragazze minorenni. A darne notizia è stato l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere, aggiungendo una circostanza: Gallelli, il quale si dichiarava innocente, avrebbe denunciato di aver subito violenze. Su questo punto, però, si è aperta una polemica.
Secondo quanto riferito dall’Osservatorio, Gallelli avrebbe raccontato ai genitori di essere stato oggetto di abusi da parte di altri detenuti. «Il pestaggio - si fa osservare dall’Osservatorio - è infatti un triste "classico" del codice che vige in prigione nei confronti di chi è imputato di reati sessuali». Lo stesso Osservatorio rileva poi che «dal carcere garantiscono comunque che il giovane era in isolamento e che quindi non poteva essere vittima di pestaggi o percosse».
Ieri i familiari del giovane sono rimasti in silenzio. Non altrettanto ha fatto il vertice del penitenziario milanese. «Lo escludiamo», hanno fatto sapere a proposito della ipotesi che Gallelli sia stato fatto oggetto di abusi. E hanno aggiunto: questa vicenda «ci sta distruggendo anche perché non sembrava essere un soggetto a particolare rischio e nei giorni precedenti non aveva manifestato segnali che potessero far presumere un fatto come questo». Inoltre, da fonti giudiziarie emergerebbe che nel marzo scorso il ragazzo era stato sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio e che di recente avrebbe manifestato comportamenti aggressivi nei confronti di altri detenuti. Presto sarebbe stato sottoposto a perizia psichiatrica, e ciò anche per valutare la sua compatibilità con il carcere. Lo aveva stabilito il gup di Milano soltanto venerdì scorso, ossia il giorno precedente al suicidio.
Non c’è stato il tempo. E, però, adesso sulla vicenda farà chiarezza la magistratura. Da sabato è al lavoro il pm Giovanni Polizzi il quale ha aperto un fascicolo per ora senza ipotesi di reato. E anche via Arenula ha disposto che si accerti come si sono svolti i fatti.
Qualunque sarà l’esito di queste indagini, una cosa è certa: si è da poco scollinata soltanto la metà di febbraio e già i suicidi in cella sono 10. È una strage assurda, infinita, che prosegue senza che nulla appaia in grado di fermarla. Poi ci sono anche gli agenti di custodia: dal 2000 sono 85 i suicidi, e anche in questo caso gli ultimi morti sono recentissimi, risalendo appena al 16 e al 18 febbraio scorsi.
È chiaro che il Guardasigilli, nonostante abbia incassato il sì del Parlamento al decreto ribattezzato, a seconda dei punti di vista, svuota-carceri o salvacarceri, sarà chiamata a dare risposte a una situazione che si trascina da anni. E questo anche perché quella di oggi è l’ultima audizione di un ciclo che va avanti da circa un anno e che servirà, in tempi ormai abbastanza brevi, a fare il punto della situazione sulla situazione nelle carceri, sempre più esplosiva. E la Severino troverà anche chi squadernerà di nuovo sul tavolo il dossier amnistia.
«Noi - dice Marco Perduca, radicale eletto in Senato nelle liste del Pd - riteniamo che la situazione sia al di fuori della legge, tanto che non si può più neppure parlare di emergenza carceri. È ormai il sistema giustizia che non funziona. Se non si parte da qui, è inutile discutere di singole questioni, siano esse il carcere o la responsabilità civile dei magistrati. Occorre che si affrontino i nodi tutti insieme, proprio perché ormai è il sistema ad essere fuori legge. Per questo l’amnistia rimane la prima riforma necessaria». E di amnistia, oltre che del ricorso a pene alternative, ieri ha parlato anche un altro senatore pd, Francesco Ferrante.
NOTIZIARIO ITALIANO.IT
«PERSONALE LASCIATO SOLO»
Carceri, un suicidio ogni sei giorni
polizia penitenziaria preoccupata
Il sindacato Sappe denuncia: «Gravi carenze, anche sanitarie»
MILANO - Nei 48 giorni dall’inizio dell’anno sono già otto i detenuti che si sono tolti la vita in carcere. Uno ogni sei giorni, in media, contando anche l’uomo di 58 anni suicidatosi a Opera. E il Sindacato di polizia penitenziaria (Sappe) denuncia preoccupazione: «Il fenomeno dei suicidi in carcere (otto detenuti in questi primi mesi del 2012) ci preoccupa. Come ci lascia sgomenti il numero degli operatori penitenziari che periodicamente si tolgono la vita (ultimo caso, giovedì a Formia, quello di un assistente Capo di Polizia Penitenziaria in servizio a Roma Rebibbia)».
10.000 TENTATI SUICIDI - Anche i poliziotti, quindi, guardano con dolore alla situazione del sovraffollamento delle carceri, e sottolineano attraverso le parole del segretario Generale Donato Capece che «se non fosse per la professionalitá, l’attenzione e il senso del dovere dei poliziotti penitenziari le morti per suicidio sarebbero molte di più di quelle attuali: dal 2000 ad oggi, infatti, gli agenti, intervenendo prontamente, hanno impedito a 10.000 detenuti di togliersi la vita, e impedendo che gli oltre 66mila atti di autolesionismo posti in essere da altrettanti ristretti potessero degenerare ed ulteriori avere gravi conseguenze».
CARENZE DI EDUCATORI E PSICOLOGI - Le ragioni di questi fenomeni sono sicuramente varie, ma lo stesso Capece ci tiene a sottolineare che tra le concause vanno identificate anche «la carenza di poliziotti ed educatori, di psicologi e personale medico specializzato, unita al sovraffollamento delle carceri italiane, temi che si dibattono da tempo senza soluzione».
SISTEMA SANITARIO - Sotto accusa il Sappe pone anche il Sistema sanitario nazionale: «Anche il passaggio della sanità penitenziaria al servizio nazionale pubblico (ultimo atto del fu Governo Prodi che venne assunto contro il parere di tutti gli operatori del settore) ha indubbiamente determinato problemi all’assistenza (anche psicologica) ai detenuti», sottolinea Capece. «Per colpa di queste scelte sbagliate che troppo spesso il personale di Polizia Penitenziaria è lasciato solo a gestire moltissime situazioni di disagio sociale. Non si può e non si deve chiedere agli agenti di accollarsi anche la responsabilitá di tracciare profili psicologici che possano eventualmente permettere di intuire l’eventuale rischio di autolesionismo da parte dei detenuti».
DA UN PEZZO DEL CORRIERE DI MERCOLEDI 8 FEBBRAIO
Carceri, dramma civile attualissimo. Lunedì scorso il presidente del Senato, Renato Schifani, visitando Regina Coeli, ha definito un «dramma» l’ emergenza carceri e ha avvertito: «La politica deve impegnarsi per risolvere questo dramma oppure è giusto che ciascuno faccia un passo indietro, Si tratta ormai un problema ineludibile, improcrastinabile, da cui dipende l’ intero senso di civiltà del nostro Paese. Si può privare della libertà un individuo che sbaglia, ma non privarlo della sua dignità di essere umano».
ARTICOLO DI LAURA GUARDINI SUL CORRIERE DEL 10 FEBBRAIO 2012
MILANO - Non numeri esatti, ma stime, ordini di grandezza, perché quello carcerario è un mondo in movimento continuo, proprio come le «porte girevoli» attraverso le quali i fermati in flagranza per reati «di non particolare gravità» entrano ed escono nel giro di pochi giorni, poiché vengono giudicati con rito direttissimo. Passato alla Camera, il decreto con cui il governo (che l’ aveva approvato lo scorso 16 dicembre) intende alleviare la tremenda situazione creata dal sovraffollamento nelle prigioni («Il tasso più elevato degli ultimi sessant’ anni» avverte il notiziario online della Casa di reclusione di Bollate su www.ilnuovocartebollate.org) sarà al Senato martedì e nell’ arco di un mese ci saranno le prime uscite dalle carceri; intanto, anche in Lombardia si può fare qualche calcolo. Nei 19 istituti della Lombardia ci sono circa 9.300 detenuti, a fronte di una capienza «ottimale» tra 5 e 6 mila. Il decreto «svuotacarceri» (ma si tratta di un modo di dire, perché la misura non sarà risolutiva tanto che il ministro Paola Severino ieri ha preferito chiamarlo «salvacarceri») permetterà, da un lato, di uscire e scontare ai domiciliari gli ultimi 18 mesi di pena ad un certo numero di persone; dall’ altro, la nuova regola sulle «porte girevoli» eviterà l’ ingresso in prigione di altri: appunto i fermati in flagranza che aspetteranno il giudizio per direttissima nelle camere di sicurezza delle questure. I detenuti che devono scontare ancora un anno e mezzo in Lombardia sono circa 1.500 (il totale nazionale è sui 3.300), e sono più nelle case circondariali che nei tre istituti (Bollate, Opera e Brescia Verziano) dei «definitivi»: ma attenzione, dicono dal Provveditorato regionale perché i fattori di cui tenere conto sono diversi. Pericolosità e rischio di evasione sono i primi elementi di cui il magistrato dovrà tener conto al momento di decidere. Ma poi c’ è la questione dell’ alloggio: indispensabile se la pena va trascorsa ai domiciliari, ma nel caso di molti (gli stranieri sono l’ esempio principale) indisponibile. «Saremmo contenti di arrivare a 700» dicono dall’ amministrazione penitenziaria della Lombardia. E poi c’ è una stima di quanti, sempre in virtù del decreto voluto dal ministro Paola Severino, non entrerebbero in carcere: circa 200, in un lasso di tempo che è difficile definire con precisione anche tenendo conto del fatto che il decreto vale fino al 2013. Nella regione che accoglie il maggior numero di detenuti del Paese, con un’ altissima percentuale di stranieri (sono circa 4 mila su un totale di 9.300), l’ amministrazione lombarda è pronta ad accogliere in modo decisamente positivo le nuove disposizioni guardando proprio ai risultati della norma voluta dall’ ex ministro Alfano l’ anno scorso, con la possibilità di scontare ai domiciliari gli ultimi 12 mesi di pena: il fatto che la percentuale degli evasi sia stata «men che minima», dimostra che «per taluni reati del carcere si può fare a meno». Scrivono i detenuti del carcere modello di Bollate alla pagina 10 del loro notiziario, sotto il titolo «Il nuovo governo cambierà rotta?»: «Bisognerebbe prendere esempio dalla maggior parte dei Paesi europei, dove quasi il 70% dei detenuti sconta le pene in misura alternativa, mentre il restante 30% sconta la pena in carcere: in Italia succede l’ opposto; il 30% sta fuori, il 70% sta dentro». Laura Guardini lguardini@corriere.it RIPRODUZIONE RISERVATA
DA REPUBBLICA.IT DEL 14 FEBBRAIO
ROMA - L’Aula della Camera con 385 voti a favore, 105 contrari e 26 astenuti, ha approvato in via definitiva il dl cosiddetto "svuotacarceri". A favore del provvedimento hanno votato Pdl, Pd, Terzo polo e la gran parte dei deputati dei gruppi minori, mentre voto contario da parte di Lega e Idv. Il ministro della Giustizia, Paola Severino, difende il contenuto del decreto contro le polemiche: "Vorrei in primo luogo precisare - scrive il ministro in un intervento pubblicato sul sito del Ministero - che il decreto non è né un indulto mascherato, né una resa dello Stato alla delinquenza". Valanga di defezioni nel Pdl, in 43 non votano. Anche nel Pd lo schieramento non è proprio compatto: su 206 deputati votano in 179, mentre in 25 ’disertano’. Astenuti 5 radicali. Così come si astengono 12 deputati di Popolo e Territorio.
"Il sovraffollamento delle carceri doveva essere affrontato con urgenza, le condizioni di vita dei detenuti negli istituti di pena sono una priorità e come tale doveva essere trattata. Diritto, civiltà e sicurezza sono i tre principi che ci hanno guidato nel votare a favore del decreto severino", ha detto nel suo intervento in Aula Emanuele Fiano (Pd), polemizzando con il gruppo della Lega Nord.
"Questo decreto svuota carceri è un provvedimento criminogeno: noi non lo votiamo e ci dispiace che voi, in nome di una solidarietà con i carcerati, diventate correi dei delinquenti", ha detto il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, nella sua dichiarazione di voto in aula alla Camera sul decreto Severino. "Non avete risolto un bel niente - spiega il presidente - perché al detenuto che favore gli fate se lo spostate dalla cella alle camere di sicurezza che sono sempre quelle e sono sovraffollate e insufficienti". "La latitanza dello Stato - conclude Di Pietro - che siccome non è in grado di fare nuove strutture carcerarie ricorre a un atto di pavidità e ingiustizia e mette fuori chi può commettere altri reati".
Le misure. Il provvedimento per ovviare al problema delle cosiddette "porte girevoli", cioè dei casi dei detenuti condotti nelle case circondariali per periodi brevissimi (nel 2010, 21.093 persone trattenute per un massimo di 3 giorni), prevede che per l’arrestato in flagranza di reato sia disposta in via prioritaria la custodia dell’arrestato presso l’abitazione; in subordine che sia disposta la custodia presso le camere di sicurezza, e solo in via ulteriormente subordinata, che sia disposto il carcere. Il decreto dimezza da 96 a 48 ore il termine entro il quale deve avvenire l’udienza di convalida dell’arresto ed estende da 12 a 18 mesi la soglia di pena detentiva, anche residua, per l’accesso alla detenzione domiciliare prevista dalla legge del 2010. Il decreto prevede anche un’integrazione delle risorse finanziarie, pari a circa 57,27 milioni di euro per l’adeguamento, potenziamento e messa a norma di infrastrutture carcerarie; il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, di cui si prevede la chiusura entro il primo febbraio 2013; l’estensione della disciplina sull’ingiusta detenzione ai procedimenti definiti prima dell’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale (24 ottobre 1989), con sentenza passata in giudicato dal primo luglio 1988.
I numeri. Sono 66.973 i detenuti nelle carceri italiane; la ’capienza regolamentare’ è di 45.688. Sono i dati del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (Dap) aggiornati al 31 gennaio 2012. Inoltre, sono 1.264 le persone internate negli ospedali psichiatrici giudiziari italiani (opg): 1.178 sono uomini, 86 donne.
Severino: "Nessun automatismo". "È sufficiente leggere il decreto - spiega il ministro Severino - per rendersi conto che nessuno dei provvedimenti in esso indicati deriva da automatismi o presunzioni. In ogni caso vi sarà un magistrato a valutare se la persona sia o meno meritevole di una modifica migliorativa del suo stato di limitazione della libertà". "La prima parte del decreto incide sul fenomeno delle porte girevoli - ha aggiunto il ministro - che comporta l’entrata-uscita di detenuti in carcere nell’arco di 3-5 giorni" e riguarda "una casistica, dunque, molto accuratamente selezionata". Con il nuovo regime "il tempo per la comparizione si riduce da 96 a 48 ore e, subito dopo l’arresto in flagranza, il magistrato potrà decidere se risparmiare il transito in carcere, ricorrendo ai domiciliari o alle camere di sicurezza". La seconda parte, ha poi ricordato "si occupa invece della carcerazione post sentenza, prevedendo la possibilità di concedere gli arresti domiciliari quando vi sia un residuo pena fino a 18 mesi. Anche qui sottolineo il termine possibilità, perchè non vi è alcun automatismo nell’applicazione". Per quanto riguarda la chiusura degli ospedali psichiatrici, il ministro ha aggiunto che "non comporterà affatto il rilascio degli internati socialmente pericolosi. Nessuno vuole correre il rischio che potenziali serial killer percorrano liberamente il nostro Paese". Poi ha tenuto a sottolineare Severino: "Mi sono sempre assunta le mie responsabilità. L’ho fatto quando ero avvocato, lo faccio ora, a maggior ragione, da ministro. Se mi sento responsabile per questo decreto? Certo, mi sento responsabile davanti agli italiani, che spero si leggano il provvedimento invece di credere agli allarmismi di qualcuno, ma mi sento molto più responsabile quando vengo a sapere dei suicidi in carcere...".