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 2011  novembre 06 Domenica calendario

Anche le storie ipotetiche istruiscono. L´ipotesi è che a Palazzo Chigi, novembre 2011, sieda un uomo politico qualunque: fra i tanti pigliamo Marco Minghetti, 1818-86, capofila d´una destra che tramonta; l´espertissimo Agostino Depretis, 1813-87; Francesco Crispi, 1818-1901, visionario; Giovanni Giolitti, 1842-1928, magnus practicus; Sidney Sonnino, 1847-1922, austero maniaco; Francesco Saverio Nitti, 1868-1953, intellettuale ombroso; lo stupido Luigi Facta; 1861-1930; e persino l´autodidatta Benito Mussolini nel secondo semestre 1924

Anche le storie ipotetiche istruiscono. L´ipotesi è che a Palazzo Chigi, novembre 2011, sieda un uomo politico qualunque: fra i tanti pigliamo Marco Minghetti, 1818-86, capofila d´una destra che tramonta; l´espertissimo Agostino Depretis, 1813-87; Francesco Crispi, 1818-1901, visionario; Giovanni Giolitti, 1842-1928, magnus practicus; Sidney Sonnino, 1847-1922, austero maniaco; Francesco Saverio Nitti, 1868-1953, intellettuale ombroso; lo stupido Luigi Facta; 1861-1930; e persino l´autodidatta Benito Mussolini nel secondo semestre 1924. Stiamo considerando due soli aspetti dell´attuale congiuntura: B. negava la crisi economica planetaria in cui l´Italia affonda; stiamo bene, garantiva; il marasma dura tre anni, alimentando un debito pubblico monstre (120% del Pil), finché l´Unione europea gl´impone misure draconiane; e lui firma una lettera d´intenti. Il quesito è: cosa farebbe uno statista; ovvio, se ne va sotto il peso degli errori, anche fosse ammirevole sotto altri aspetti. Il caso italiano 2011 risulta diverso e cominciamo dalla persona. Uomo nuovo, indubbiamente: non s´era mai visto premier chi a quarant´anni suonati posasse in ritratti neri (sembra Walter Lavitola), e a sessantasei, nella fotografia d´un evento diplomatico, mimi le corna; quel sorriso a labbra chiuse indica una volgarità psicotica, compiaciuta, stupida, pericolosa, né erano finte le pose da gangster marsigliese, visto quali gesta vanti in frode, falso, corruzione, inquinamento televisivo. Fondatosi così un impero, salta sul carro politico nella tempesta dei primi anni Novanta, subito egemone, sebbene governi solo sei mesi. Tolto il biennio 2006-8, post marzo 2001 siamo in mano sua: recluta ciurme dai bassifondi; in conflitto permanente con i tribunali, governa e legifera pro seipso, dalle successioni legittime alla bisca online; accumula tesori mentre l´Italia disoccupata va in bolletta; e che i passatempi d´harem siano affare privato irrilevante, lasciamolo cantare da un accolito habitué della messa quotidiana, pellegrino in Terrasanta. Nossignore: dicono molto sulla selezione del personale politico; pendono accuse gravi; destano irresistibile ilarità gli argomenti con cui risponde; e le messinscene svelano interni mentali allarmanti (ad esempio, gl´inni al dominus cantati dalle ospiti). Iddio perdoni l´Italia succuba. Siccome esiste una giustizia immanente, predicata da Esiodo e Solone, gli abusi diventano castigo: sotto Natale 2009 schiva d´un soffio la sfiducia comprando voti. Nei dieci mesi seguenti sprofonda: sonde elettorali lo danno sicuro perdente; ed era dead man walking quando da Bruxelles riporta l´assenso europeo alla lettera d´intenti (gliel´avevano dettata). Nella stessa notte, 26-27 ottobre, canta vittoria in "Porta a porta". Solisti, orchestrali, coro gli tengono dietro: rischiamo la bancarotta; come salvare l´Italia?; solo uno può riuscirvi, lui; e invoca l´union sacrée, incriminando vari fantasmi. Li nomina spesso: procure rosse, tribunali ostili, stampa disfattista; infine condanna l´euro, come se i conti fallimentari italiani fossero sortilegio degli gnomi europei. I mercati hanno midolla fredde e non bevono fandonie: lunedì 31 i Bt decennali toccano quota 6.18%, l´indomani, 6.33%; manca pochissimo alla soglia considerata irreversibile (6.50%, vedi Irlanda, Portogallo, Grecia); l´anno scorso li collocavamo al 4%. Motus in fine velocior: salendo gl´interessi lucrati dall´acquirente, cresce il debito pubblico, alla cui riduzione miravano costose manovre; la spirale s´avvita. I corpi siderali non c´entrano. La malattia italiana dipende in larga misura dalla corruzione, cresciuta dodici volte in vent´anni: secondo un calcolo stretto (Corte dei conti), costa 60 miliardi annui, quanti ne valeva la manovra d´agosto; e chi cova l´uovo? Luigi Bisignani, stratega della P4 intanato a Palazzo Chigi, schiva il dibattimento pattuendo la pena. Nella prassi berlusconiana corrompere costituisce fattore metabolico insostituibile: in metafora medica l´agente tossico è lui; l´ostetrico dalle mani infette diffonde febbre puerperale (se n´era accorto Ignazio Filippo Semmelweis, sul quale Céline scrive la tesi di laurea, 1924); appena B. tolga il disturbo, può solo calare lo spread dai titoli tedeschi, schizzato a 462 punti, 5 novembre. L´ha detto: mai se ne andrà spontaneamente; segue le orme del cugino Gheddafi, al quale baciava le mani. L´inseparabile Fedele C. racconta perché fosse sceso in politica: con quel passato non voleva finire in galera o sotto un ponte; il rendiconto sarebbe duro dopo tanti soprusi; e difende con i denti la premiership usandola quale scudo. Gl´italiani vadano al diavolo. Bravo, commenta l´amico, vedendolo in euforia bellicosa. Non l´aveva mai persa: monco dei sentimenti morali e dell´organo pensante, vive d´animal spirit; mascelle, zanne, tubo digerente, gonadi, e qualcosa resta dei riflessi infallibili d´alligatore, sebbene gli anni l´abbiano segnato (appare cupo e pletorico, lontano dal ganimede canterino d´una volta). Nell´imbonimento eccelle, è la sua partita. Parlando d´Europa, v´infila le rogne penali: da qui a febbraio gli hanno fissato 37 udienze, «trentasette, dico»; non potrà difendersi; da che cosa?; cene eleganti e il soccorso a Ruby nell´apertura d´un atelier estetico; la credeva nipote del premier egiziano. Sa d´avanspettacolo l´arte dialettica berlusconiana ma non dimentichiamo l´aprile 2006 quando, gravato dal pessimo governo, in rimonta sfiora l´exploit elettorale. Sarà guerra senza quartiere: pretoriani furiosi difendono carriere piovute dalle stelle; agl´industriali rimostranti assicura «flessibilità in uscita» ossia comodi licenziamenti; il garrulo e gesticolante ministro del lavoro apre gli psicodrammi evocando quinte colonne terroristiche. Mancano solo le stragi. Arie simili spiravano ottantasette anni fa: corrono voci d´imminente caduta del governo (Filippo Turati ad Anna Kuliscioff); e sabato 3 gennaio 1925 Musssolini taglia corto. Sarebbe triste spettacolo l´Italia sul banco del beccaio in bassa macelleria.