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 2011  ottobre 27 Giovedì calendario

GENE GNOCCHI, IL COMICO CHE SURCLASSA I CRITICI


Il critico letterario più implacabile d’Italia si chiama Gene Gnocchi. Lo si capisce leggendo il suo nuovo libro, L’invenzione del balcone (Bompiani, pp. 216, euro 17), satira feroce sui vizi del mondo culturale di casa nostra che sui grandi giornali e nelle articolesse impegnate difficilmente trovano posto. Anche perché nessun «amico degli amici» viene risparmiato.
VANNI SCHEIWILLER
Fin dalla premessa è una festa di sberleffi alla società degli intellettuali. Come la stoccata a un compianto e raffinato editore: «Una mattina di dicembre del 1996 ho portato il dattiloscritto all’editore Vanni Scheiwiller (...). Dopo un mese e mezzo mi è arrivata una lettera nella quale molto cortesemente ma anche molto fermamente mi si riferiva che l’editore Scheiwiller non pubblica prosa eccetto Vivian Lamarque. Io ho risposto che potevo ridurlo a poemetto tipo La ragazza Carla o La ballata di Rudy di Pagliarani o scriverlo inavvertitamente semplice come la Lamarque, ma Scheiwiller pur di non rispondermi è morto».
UMBERTO GALIMBERTI
Come ogni grande libro, anche quello di Gnocchi non è tutto farina del suo sacco: «Le pagine da 113 a 126 sono copiate pari pari da un saggio di Umberto Galimberti copiato a sua volta da un trattatello sulla propensione al suicidio nei ceti medi di un cugino di Paul Virilio». Anche qui, mentre il professor Galimberti per i suoi plagi si giustifica con le reminiscenze involontarie, almeno Gnocchi confessa che ha copiato perché «era sera, ero stanchissimo».
EINAUDI E GLI ALTRI
Gnocchi per farsi pubblicare ha tentato le strade più abiette: «Ho preso anche la cittadinanza finlandese e assunto un nome nordico come Gnokko Paaraffinen per tre anni pur di farmi pubblicare da Iperborea, ma così facendo ho rinunciato al voto in Italia, soprattutto quello delle primarie per il Pd, e mi sono sentito diminuito (...) pure Marsilio che era interessato al mio romanzo, anche se l’obbligo era di scrivere settecento pagine con almeno trentacinque morti violente, una ogni venti pagine e descritta per diciannove». Einaudi l’ha rifiutato perché in una scena si descriveva l’irruzione di alcuni ippopotami «nell’ufficio di Gian Arturo Ferrari distruggendolo mentre lui è in bagno a cagare». Infine è stato pubblicato da Bompiani, «tanto lì pubblicano tutto, non lo hanno neanche letto e infatti adesso è la prima volta anche per loro».
«MICROMEGA»
Imperdibile la presa in giro dei fantozziani convegni di MicroMega: «Quando arrivo all’autolavaggio Dondero mi assale sempre lo stesso dubbio, e cioè se durante il lavaggio è meglio stare dentro la macchina o fuori. Sono stato anche a un convegno a Montecatini, un convegno di due giorni indetto da MicroMega dal titolo “Autolavaggi: stare dentro o stare fuori?” con dei dibattiti, incontri, proiezioni, tutto curato da Paolo Flores d’Arcais che poi la mattina è ripartito per Sassari con l’accappatoio dell’albergo nascosto in valigia, ma la cosa si è saputa dopo perché l’accappatoio è entrato nel consuntivo di bilancio di MicroMega come passività». Segue riassunto dell’intervento del sociologo Maurizio Ferraris, che nell’autolavaggio vuole «coniugare efficienza e divertimento».
ROBERTO SAVIANO
Ma le teste d’uovo di MicroMega non sono l’unico incontro di Gnocchi ai confini con la realtà, c’è anche l’esattore camorrista, che lo minaccia: «Ricordati che tu e Saviano siete due uomini morti. Però siccome noi sul libro di Saviano abbiamo i diritti d’autore e anche sul film, oltre a fare le magliette, noi lui non lo ammazziamo, ma te sì, a meno che tu non scriva subito un libro contro la camorra da cui si possa ricavare un film e vendere le magliette».
VELTRONI & VERONESI
Business is business. La crudeltà di Gnocchi lo porta anche a sparare sulla Croce Rossa, nella fattispecie su un politico, scrittore, critico cinematografico con un grande futuro dietro le spalle: «La sala da ballo Eden era quasi vuota perché quello stesso giorno Walter Veltroni presentava il suo nuovo libro, una biografia romanzata su uno che aveva perso il posto di lavoro e poi era stato in Africa, con annesso dibattito dopo che del libro avrebbe parlato l’autore e chi l’aveva introdotto, Sandro Veronesi». Dopo la presentazione, tutti sono pentiti di «aver buttato via la domenica senza ballare».
FINI & TULLIANI
Dall’Africa di Veltroni al tinello di casa Fini, il passo è solo apparentemente lungo: «Un giorno ho visto su un giornale una pubblicità che diceva che se tu entri in Farefuturo entro la fine del mese oltre alla tessera ti danno in omaggio un dvd con tutti i discorsi di Fini al cognato Tulliani e una card che consente di partecipare a tutti i convegni di Farefuturo. (...) Sulla tessera c’era un numero di telefono, è il numero che ti consente di conoscere tutte le iniziative di Farefuturo e come accedervi. Ho dunque telefonato e mi ha risposto la moglie di Fini, la signora Elisabetta Tulliani, che mi ha detto che quello era il numero dell’abitazione e di chiamare l’ufficio perché loro sono in duplex. Così ho restituito la tessera di Farefuturo».
MICHELE SERRA
Berlusconi appare solo in una breve lettera (finta, ma indistinguibile da una autentica) di Michele Serra, anche se si allude ad alcune pagine tagliate che «raccontano del premier novantaquattrenne che minaccia di gettarsi dalla torre di Mediaset se non sale su una del corpo di ballo del Crazy Horse a fargli una sega». In un’altra lettera, invece, Serra spiega che «noi di Cuore fin dal Gruppo 63 lo dicevamo che Berlusconi è la rovina del Paese».
ARBASINO & CO.
Segue erudito carteggio tra i membri del suddetto Gruppo ’63, impegnati a discutere a distanza di quarant’anni su chi fosse effettivamente membro del Gruppo ’63. Arbasino risolve la questione a suo modo scrivendo a Nanni Balestrini: «È un cul de sac! / Tu infilati nel sac / Che io mi prendo il cul!». Una nota chiarisce che si tratta di «autoironia gay, non sarcasmo omofobo». E mentre la corrispondenza procede, del Gruppo ’63 si troveranno a far parte anche Ammaniti («Ma se nel ’63 non eri neanche nato?», gli scrive Balestrini, «Ho partecipato al remake», risponde quello), Sofri, Costanzo (che cita Ennio Flaiano), Ennio Flaiano (che risponde a Costanzo: «Ma chi cazzo te conosce?»), Fabio Volo, Lucarelli, Alba Parietti. La disputa si conclude con i versi del solito Arbasino: «L’autostrada ha il bollino blu! / Al froufrou gli do del tu!», cui replica lapidario Balestrini: «Ma va’ a cagare, va’».
ERRI DE LUCA
Poi si entra nella mistica, con Erri De Luca: «Aveva raggiunto Mantova in serata e aveva preso una cameretta in un albergo a due stelle, vicino a Palazzo Te, un alberghetto dove stava anche Erri De Luca. Aveva la camera con la finestra che dava proprio sul balcone di Erri De Luca, e vedeva Erri De Luca che usciva sul balcone, pensava un po’, e poi tornava dentro a scrivere. Lo aveva talmente colpito quel comportamento, che aveva poi comprato anche tutti i libri di Erri De Luca, almeno quelli tradotti in italiano, e si vedeva, diceva lui, che erano pensati sul balcone e poi scritti dentro».
LA FILOSOFIA
C’è un’incursione anche nell’iperuranio della filosofia, quando Gnocchi scrive al grande logico austriaco Kurt Gödel, e spettegola su Bertrand Russell: «Com’è nostra abitudine quando noi vecchi logici formali c’incontriamo a Lipsia per questi appuntamenti accademici, la sera Bertrand ci porta a cena al ristorante texano La Bistecca Alta Due Dita e poi a bere al saloon Il Cowboy Crucco, dove Bertrand beve come una spugna».
FEDERICO MOCCIA
Sia Gödel che Russell, come tutti sanno, sono morti da un pezzo, ma nel mondo folle di Gnocchi è morto perfino Federico Moccia, «non si è liberato in tempo utile dai lucchetti durante un tragico esperimento alla Houdini nelle gelide acque del Tevere».

Giordano Tedoldi