Martin Wolf, Il Sole 24 Ore 19/5/2011, 19 maggio 2011
TEMPI DURI PER L’EURO
Non si prospetta un futuro sereno per l’euro. La crisi dell’Eurozona verrà risolta al vertice di domenica prossima. Questo hanno prospettato i partecipanti all’incontro dei ministri delle finanze del G20 e dei Paesi emergenti sabato scorso.
Sono giustificate queste speranze? No. È possibile – benché improbabile – che l’Eurozona trovi dei sistemi per gestire l’emergenza. È inconcepibile che riesca a guarire della propria malattia, in parte perché i membri negano la sua natura e in parte a causa della sua cronicità.
Comprensibilmente i soggetti esterni esercitano una forte pressione sui membri dell’Eurozona perché affrontino le crisi, interrelate, dell’illiquidità bancaria e dell’insolvenza sovrana. I ministri hanno esortato l’Eurozona ad agire «con decisione per riportare fiducia, stabilità finanziaria e crescita».
In primo luogo, che fare con le banche? Per prima cosa occorre uno stress test credibile. Ma non è chiaro quale potrebbe essere un test credibile. Dipenderebbe dalle potenziali perdite sul debito sovrano, che non solo è ignoto ma dipende da decisioni politiche ancora da prendere. La questione, quindi, è quali coefficienti patrimoniali porsi come obiettivo. Il successo sarà giudicato in base alla facilità con cui conseguentemente le banche potranno dotarsi di fondi.
Se, in seguito ai test, le banche dovessero ridurre le attività anziché aumentare il capitale, come attualmente minacciano di fare, il rimedio potrebbe essere peggiore del male. La soluzione è quella di trasformare i coefficienti desiderati in livelli di capitale che le banche dovrebbero raggiungere. Le stesse banche strilleranno. Che sia. Gli stati sostengono le banche. Hanno quindi il diritto – e il dovere – di assicurarsi che il comportamento egoistico da parte delle banche sostenute dallo stato non causi un tracollo economico.
In secondo luogo, che fare con la Grecia? Il Governo tedesco pensa che il debito greco debba essere ridotto a livelli sostenibili, mentre il Governo francese, la Bce e le banche ritengono che la ristrutturazione debba essere volontaria. Ma dato che una riduzione volontaria del debito difficilmente sarà sufficiente, questo programma non può funzionare. La Germania ha ragione. La riduzione del peso del debito può essere ottenuta tagliando il prestito obbligazionario, abbassando i tassi di interesse o estendendo la maturazione del debito.
In terzo luogo, come proteggere gli altri membri vulnerabili dell’Eurozona? I deleteri effetti provocati dal panico nei mercati del debito sovrani di grandi paesi, come l’Italia e la Spagna, sono il maggior pericolo che minaccia l’Eurozona e l’economia mondiale. La soluzione più semplice sarebbe che la Bce assicurasse la liquidità sul mercato per questi debiti pubblici. Se questa misura venisse bocciata, o ritenuta insufficiente, l’Efsf potrebbe fornire garanzie parziali su nuovi prestiti. Supponiamo che, con queste misure, la crisi immediata venga effettivamente superata. Ciò prometterebbe un futuro sereno per l’euro? No. Né, come molti suggeriscono, la soluzione può essere qualche sorta di unione fiscale.
La sfida fondamentale non è il finanziamento, ma il riassestamento. I policy maker dell’Eurozona hanno insistito a lungo sul fatto che l’equilibrio della bilancia dei pagamenti non poteva avere rilevanza all’interno di un’unione monetaria. È quasi un dogma religioso che solo i deficit finanziari contano: tutti gli altri squilibri economici sono destinati a bilanciarsi automaticamente. È una convinzione insensata. Di gran lunga i migliori indizi delle difficoltà seguenti sono stati i deficit dei conti con l’estero, non i disavanzi dei conti pubblici. Perché incidono i deficit esteri? Innanzitutto, i deficit nei conti con l’estero indicano che i residenti spendono più di quanto guadagnano e ottengono il finanziamento della differenza all’esterno. In secondo luogo i deficit con l’estero hanno effetto anche sulla struttura e la competitività.
Alla gente preme quel che succede nel proprio paese. I cittadini di uno stato membro economicamente depresso difficilmente riescono a consolarsi pensando che in altri paesi l’economia è in pieno boom. All’interno dell’Eurozona, la correzione degli squilibri resta essenziale. Ma è anche molto difficile perché il tasso di cambio è fuori gioco. Risolvere questo nodo è la vera cura. È possibile? Non lo so.
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