Tiziana Migliati, D - la Repubblica 20/7/2011, 20 luglio 2011
I FANTASMI DELLA POLITICA (A VOLTE) METTONO IL ROSSETTO
Sono i deus ex machina della comunicazione politica, invisibili al pubblico ma fondamentali per raggiungerlo. Si chiamano portavoce, o addetti stampa. Qui di seguito, quattro donne, rappresentanti di quattro partiti, raccontano le loro giornate. Le incontriamo in piazza Montecitorio: due militari piantonano l’ingresso della Camera, qualche manifestante urla al megafono slogan contro la "casta". I turisti passano a gruppi, una foto e via.
Sabrina Parisi (Pdl)
Sono le 9 e Sabrina Parisi, 45 anni, romana, laureata in scienze politiche con indirizzo internazionale, ha già visto le news in tv, letto i giornali, scritto qualche email. Giornalista professionista, inizia giovanissima al Messaggero, poi collabora con la Voce di Montanelli e il Mattino di Napoli. Nel 2006 scopre la comunicazione politica, con i primi incarichi a palazzo Madama. Segue il presidente della commissione Igiene e Sanità al Senato, Antonio Tomassini. Due anni fa, Antonio Leone, Pdl, vicepresidente della Camera, la vuole come addetto stampa. "Non sono abituata a stare davanti all’obiettivo", spiega, mente sistema l’auricolare del Blackberry. "Curo l’immagine del "mio" politico, decido la strategia comunicativa, gli propongo le dichiarazioni. Più che farmi riprendere accanto a lui, preferisco ascoltare ciò che dice e capire se il messaggio arriva a chi deve. Il mio segreto: lavorare bene senza essere riconoscibile e identificabile".
Ci racconti la sua giornata. "Non appena in ufficio, controllo le agenzie di stampa. Anche se Leone presiede la discussione in aula, resto in contatto con lui. Se il tema del giorno è scottante, gli propongo una dichiarazione per i media, la posizione da portare avanti in linea con il partito. Per il tg prepariamo un flash, tra i 18 e i 30 secondi al massimo. Se si tratta di un’intervista o della partecipazione a un programma, facciamo una riunione in cui esaminiamo i temi e gli altri ospiti, decidiamo cosa approfondire e, se necessario, prepariamo una scheda tecnica. Dalle 11,30 alle 14,40 seguo la politica di sette tg. Se sono fuori sede uso una tv portatile che tengo nella borsa. A volte, però, l’antenna non prende, e allora avviso la mamma".
La mamma? "Ormai è un’esperta, mi dice chi ha detto cosa e per quanto tempo. Come farei senza di lei?".
Con le altre donne si fa gruppo? "C’è rispetto, cordialità. Io non sgomito, ma a volte nello stesso schieramento c’è un po’ di rivalità: ognuna promuove il proprio politico, ma i media spesso chiedono una sola voce".
Quando si rilassa? "Solo a mezzanotte, dopo i tg della sera e le trasmissioni di approfondimento politico. Allora mi sintonizzo su radio Rai, ascolto l’inno di Mameli e progetto i miei sogni, fuori dal Palazzo".
Cosa desidera, più di questo? "Mi piace il mio lavoro, ma ho fatto domanda per arruolarmi nella Riserva speciale dell’Esercito. Non è uno scherzo: l’anno scorso ho partecipato a un corso, della Federazione stampa con il ministero della Difesa, per giornalisti in aree di crisi. Vorrei indossare l’uniforme, e insegnare giornalismo alle donne afgane. Ma forse il sogno più grande è diventare mamma: è l’unica cosa che potrebbe farmi rallentare i ritmi".
Il suo compagno? "È un professionista che mi comprende e mi appoggia, ma su questo argomento la mia strategia comunicativa prevede il massimo riserbo".
Alessia Quiriconi (Lega Nord)
Arriva trafelata, i capelli spettinati dal vento: "Oggi mi sono messa il rossetto, il mio capo direbbe che non è da me. E ha ragione. Speriamo che non passi proprio ora che sto qui, in imbarazzo davanti a una macchina fotografica". L’addetta stampa del capogruppo della Lega Nord alla Camera, Marco Reguzzoni, ha 41 anni, una laurea in Lettere e l’accento toscano, mai perso nella gavetta di giornalista emigrata al nord: prima a La Padania e poi in giro, fra testate nazionali e locali. A maggio 2010, si è trasferita a Roma per questo incarico. "Mi serve un addetto stampa", le dice Reguzzoni, appena nominato. "Hai tre giorni. Vieni alla Camera, assisti ai lavori e mi fai sapere se riparti con il primo treno". Alessia è ancora qui: "Mi sono lanciata con entusiasmo, altrimenti non potrei resistere a questi ritmi. Si lavora 365 giorni l’anno, anche in vacanza la testa non stacca mai del tutto. Lo smartphone è il mio più fedele compagno". Alessia ha dunque una nuova casa ma non la residenza, perché in fondo si sente precaria, anche lei, come tutta una generazione. Precaria e single, ma va bene così. "Sono la più stretta collaboratrice di Reguzzoni, costruiamo insieme la sua visibilità. Al mattino, rassegna stampa e agenzie. Poi, individuati i temi che ci interessano, facciamo un continuo brainstorming, gestiamo i contatti con i giornalisti e ci prepariamo per le interviste".
Un sodalizio felice? "Un rapporto di fiducia e stima, fondamentale per chi collabora 16 ore al giorno. Io, da vera toscanaccia, sono molto schietta, quindi gli dico subito se qualcosa non va bene: è la nostra forza. Per esempio, prima di un’intervista in tv lo consiglio su come vestirsi, e gli dico sempre: "stai dritto con la schiena". Rompiscatole? Forse, ma lui mi ha detto di non cambiare mai".
Disaccordi? "A volte lo convinco a partecipare alle trasmissioni tv. Di recente, poco prima di andare in studio, voleva tirarsi indietro: motivi di opportunità politica. Ma siamo pazzi? "Se vuoi fare il bidone, li chiami tu". Siamo andati a registrare, e il giorno dopo mi ha ringraziata".
E con gli altri deputati del gruppo? "Mi trovo spesso a incanalare istanze da più parti. Credo di avere un buon rapporto con tutti. Anche con Bossi. Una volta, per prendermi in giro, guarda il mare della mia Piombino sulla parete dell’ufficio e mi dice: "Allora, toscanaccia, di rosso avete anche la sabbia?". "No senatur, quella è color sabbia"".
Fabiola Paterniti (Idv)
La portavoce di Antonio Di Pietro, presidente dell’Idv, ci viene incontro dall’ufficio del partito alla Camera: "Vogliamo salire da noi? C’è un bel panorama, per le foto intendo. I servizi, in genere, sono per lui", anche se Fabiola Paterniti, abito nero e tacchi, ondeggia spesso sul filo tra ribalta e retroscena: "Posso rilasciare dichiarazioni a nome di Di Pietro, ma lui è sempre un passo avanti. Da vero istintivo, va e dice quello che pensa. È molto difficile indirizzarlo, è incontenibile". Saliamo al sesto piano. La terrazza si affaccia sul retro del palazzo di Montecitorio, con vista sui tetti e le cupole verso piazza del Popolo. Siciliana di Capo D’Orlando, 44 anni, laurea in Lettere, Fabiola inizia dal giornalismo. Poi l’incursione nella politica, come capo ufficio stampa dei Verdi al Senato. Tre anni fa accetta la sfida di riorganizzare la comunicazione dell’Idv. E sceglie tre ragazze e due ragazzi. "In più, abbiamo un addetto stampa in ogni regione, per monitorare il territorio. E poi curiamo il web: dalla pagina Facebook al blog. Il presidente è stato uno dei primi a capirne il potenziale, e fa spesso da solo".
C’è un tocco femminile in questo lavoro? "Direi di sì. Le donne hanno la capacità di fare diverse cose contemporaneamente, e sono più brave nel lavoro di gruppo".
E con Di Pietro? "Devo correre dietro ai suoi ritmi e tenere sotto controllo quello che accade intorno a lui. Se non si sta attenti, le cose tornano indietro come boomerang".
Per esempio? "Titoli sui giornali: Di Pietro dice "Ci vorrebbe la mazza" parlando, in una manifestazione di piazza, contro il Lodo Alfano. Be’, a sinistra si sono indignati, a destra hanno pensato volesse cambiar posizionamento e con le istituzioni rischiavamo l’incidente diplomatico. Su internet, poi, una valanga di commenti. Ma lui intendeva "l’asta per issare la bandiera italiana" che gli avevano lanciato. L’ho confermato anche ai giornalisti".
Nella comunicazione politica, anche il silenzio ha un significato: per questo la tempestività è fondamentale. "Un giorno l’ho cercato ovunque per una dichiarazione. Le agenzie lanciavano la notizia: "Di Pietro tace", e giù con le interpretazioni... Dopo una giornata d’inferno, mi risponde: "Non puoi capire Fabiola, sono in Molise, sono nati dodici pulcini qui alla fattoria". Che ci vuoi fare? È il lavoro che ho scelto. E che mi appassiona".
La famiglia? "Mio marito, da 15 anni, lo sa e mi capisce. Anche quando lavoro a Capodanno. Eh sì, perché si aspetta il discorso di Napolitano per poi rilasciare le dichiarazioni alle agenzie, e il primo dell’anno non si riposa certo. Mi sento un po’ in colpa, ma poi, quando passiamo una sera insieme, è una festa, ci ritroviamo".
Chiara Rinaldini (Pd)
Chiara Rinaldini, portavoce di Rosy Bindi, presidente del Pd, ci accoglie negli uffici della Camera, viso acqua e sapone e movimenti sicuri. Per le foto, ci accordiamo per piazza Montecitorio. "Ottimo, così mi fumo una sigaretta, qui non si può. Mi servono cinque minuti". Compare subito dopo, un filo di trucco, i capelli ordinati. "Solo uno scatto, eh? Intanto vorrei capire cosa posso dire, io, di tanto interessante". Giornalista parlamentare, 55 anni, marito e due figli, Rinaldini ha iniziato nel ’90 con l’agenzia Dire. Poi, nel ’96, l’incontro con Bindi. "È una lunga collaborazione. Abbiamo costruito una fiducia e una stima non solo professionali: c’è un’intesa culturale, siamo entrambe credenti e con la stessa concezione della politica. Questo mi permette, quando è il caso, di parlare ai media in suo nome, conoscendo bene le sue posizioni su famiglia, welfare, donne. Anche se lei mi precede sempre".
In che senso? "Ha una grande capacità comunicativa. In tv, è capitato che trovasse il guizzo di una risposta che io, a tavolino, non avrei saputo costruire".
Si riferisce alla frase: "Non sono una donna a sua disposizione", che rifilò a Berlusconi? "Esatto. Le agenzie erano concentrate sull’intervento del premier, e la risposta di Rosy fu sottovalutata. Io mi sono premurata di avvisare i colleghi, che hanno ripreso lo scambio di battute".
Una frase diventata slogan per molte. È stata sua, Chiara, l’idea delle magliette? "No, di alcune militanti del partito. Questa è la forza di Rosy: non perdere mai il contatto con la base. E le donne, lo hanno dimostrato di recente, vogliono essere protagoniste anche della politica".
Qual è il valore aggiunto che una donna portavoce dà al politico? "Già avere un presidente donna, non me ne vogliano gli altri, è un valore al quadrato. Per una portavoce, penso che sia ricondurre il politico al senso del limite. Non bisogna essere presenti a tutti i costi. Non serve dichiarare tanto per stare nei tg, schiacciati nel famoso "panino", una parola ciascuno e non si capisce niente. Si tratta di rendere conto di una posizione politica, di un ragionamento. M’interessano l’efficacia e l’onestà nel comunicare".
Non è un momento facile, questo, per la politica. "Guardiamo al futuro: lavoriamo per ridarle dignità e credibilità".
Come concilia lavoro e famiglia? "Come milioni di donne. La politica non è tutto, non bisogna esserne ossessionati. È necessario saper staccare la spina, e se una volta scappa qualcosa, pazienza, c’è sempre il modo di recuperare. È più importante ciò che sta fuori".
Anche, magari, una pizza con il suo "capo"? "Succede, certo, persino di andare al supermercato. Rosy ha visto crescere i miei figli".