Paolo Conti, Corriere della Sera 13/5/2010, 13 maggio 2010
Stelle e navi, l’ambizione e la fuga Noia, stress, sogni, tutto finisce negli schizzi ROMA — Mostrami i tuoi scarabocchi e ti svelerò chi sei
Stelle e navi, l’ambizione e la fuga Noia, stress, sogni, tutto finisce negli schizzi ROMA — Mostrami i tuoi scarabocchi e ti svelerò chi sei. Lo ha spiegato ieri, sul quotidiano londinese Daily Mail, Ruth Rostron, analista grafologa e vicepresidente del British Institute of Graphologists: «Tendiamo a scarabocchiare quando siamo annoiati o stressati e dunque, mentre disegniamo, siamo coscienti per metà. Così lasciamo emergere sulla carta le nostre preoccupazioni più profonde». Appena quindici giorni fa, sul Corriere della Sera, Giuseppe Remuzzi (direttore scientifico dell’Istituto Mario Negri di Bergamo) aveva riferito di uno studio apparso sulla prestigiosa rivista scientifica statunitense Science e firmato da Shaaron Ainsworth, professore associato di psicologia all’Università britannica di Nottingham, in cui si suggeriva di non relegare gli scarabocchi dei ragazzi ai margini dei libri o nelle brutte copie, disprezzandoli, ma di farne parte integrante e formale dell’educazione moderna, proprio perché espressione più autentica di una personalità. Risale invece al 2009 l’esperimento condotto dal reparto di Scienze cognitive del Medical Research Council della Cambridge University: riempire foglietti mentre si ascoltano gli altri favorisce la concentrazione e aiuta a rammentare i dettagli. Scarabocchio rivalutato su tutti i fronti, insomma. E basta navigare negli archivi storici per trovare piena conferma della tesi di Ruth Rostron. John Fitzgerald Kennedy nel 1962 lasciava «emergere sul foglio» le sue ansie durante le riunioni alla Casa Bianca. Insisteva sulle parole «Nato», «Fidel Castro», «Blocco navale», sottolineandole e riquadrandole, quasi a volerle imprigionare. Più in là, tra le parole di guerra, la sua barca a vela, lasciata a Martha’s Vineyard, forse un banale e comprensibile desiderio di evasione. Invece Ronald Reagan tratteggiava cavalli e cowboys, il suo Dna. Per Ruth Rostron i simboli sono assai semplici. Prendiamo le farfalle, con le quali Vladimir Nabokov, l’autore di Lolita, riempiva i suoi taccuini. Per Rostron disegnare appunto farfalle, uccellini o api svela il fastidio per i legami. I fiori con petali circolari intorno a un centro, invece, sono segno di persona affabile e che fa della famiglia il fulcro dei suoi interessi. Un adulto che disegna una casa come un bambino delle elementari rimanda a un bisogno di sicurezza ma, attenzione!, se non ci sono finestre vuol dire che in famiglia non tutto va benissimo. Quindi, segnale di allarme psicologico. In quanto alle stelle, siamo nella galassia degli ottimisti e degli ambiziosi: se sono asimmetriche tra loro, la personalità sarà energetica (Allen Ginsberg ne riempiva i frontespizi dei suoi libri, per esempio). Gli zig-zag sono sintomo di pensiero indubbiamente vitale. Se le linee sono curve e sinuose, allora vorrà dire che l’approccio verso il mondo ha una natura romantica e quasi femminile. In Italia il fenomeno è studiato da lunghi anni da Evi Crotti, psicopedagoga, fondatrice nel 1975 a Milano della prima scuola grafologica di osservanza morettiana. È appena uscita la nuova edizione, per Mondadori, del suo libro I disegni dell’inconscio scritto nel 2005 con Alberto Magni. Fu lei, nel 1978 e su incarico dell’allora ministro degli Interni Francesco Cossiga, ad esaminare gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia delle Brigate Rosse confrontandoli con quelli precedenti. Evi Crotti ha una stella polare, che si chiama Carl Gustav Jung: «Aveva una tale fiducia nel disegno spontaneo da suggerirne l’uso come antidoto contro l’insonnia. Inutile prendere sonniferi o sostanze chimiche, diceva. Afferrate invece un foglio, disegnate ciò che vi passa per la testa e provate a capire dov’è la preoccupazione. Suggerimento che anch’io sottopongo in molti casi». Evi Crotti aggiunge altre tessere al mosaico dell’interpretazione: «Chi riempie i vuoti delle "O" e le "A" sui giornali significa che ha un pensiero fisso, quasi ossessivo, che lo occupa. Chi colma i fogli di quadratini in bianco e nero, di scacchiere, è dotato di un pensiero logico, consequenziale, anche se non troppo creativo, molto utile in situazioni lavorative. Donne che disegnano baffi o uomini che insistono sulle ciglia "raccontano" il loro buon rapporto col genitore del sesso opposto, nulla a che fare con l’omosessualità come sarebbe banale immaginare. Le frecce? Possono essere un segnale d’amore verso chi abbiamo di fronte ma rivolte verso il basso possono manifestare auto-aggressività». Infine, un’annotazione: chi firma ossessivamente, ripetendo nome e cognome come su un assegno? «Dubbi sulla propria identità. Qualcosa che non funziona in famiglia o nei conti economici». Firmatori compulsivi, pensateci. Paolo Conti