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 2011  agosto 15 Lunedì calendario

E IL DOLLARO ABBANDONÒ L’ORO LA FINANZA È FIGLIA DEL VIETNAM

In fondo tutto nasce da lì. Da quella mattina di quarant’anni fa quando il presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon, dichiarò la sospensione della convertibilità del dollaro in oro. Era il 14 agosto del 1971 e da quel giorno è stato il caos. La crisi del debito, l’inflazione al galoppo, le agenzie di rating, il petrolio alle stelle, il volo dei tassi d’interesse. Le incertezze e le paure che ci portiamo dietro ancora oggi. Nella storia economica del mondo quella data equivale all’anno zero. C’era il prima, fatto di stabilità, ordine, compostezza nelle relazioni economiche internazionali. E c’è il dopo tremendamente accidentato contemporaneo. Il 14 agosto 1971 equivale alla cacciata dal Giardino dell’Eden. Almeno per quanto riguarda l’eco - nomia e la finanza. Quel giorno l’Italia si preparava al Ferragosto che, come tante volte sarebbe accaduto poi, arrivava in un momento di difficoltà. Il clima nelle fabbriche e nella politica si era indurito. C’era stato l’autunno caldo di due anni prima. Lo Statuto dei Lavoratori approvato l’anno precedente aveva reso molto aggressiva la presenza dei sindacati in fabbrica. Il traffico degli spalloni al confine di Chiasso cominciava a farsi intenso. L’inflazione era al 10% e, nel mondo della politica si cominciava a parlare di «opposti estremismi». Da una parte il radicalismo di sinistra che avrebbe portato al terrorismo. Dall’altra l’estrema destra che si riconosceva nella rivolta di Reggio, Ciccio Franco, «boia chi molla». Erano appena nate le Regioni e Catanzaro aveva prevalso su Reggio Calabria come sede amministrativa. Al Quirinale c’è Giuseppe Saragat, ormai a fine mandato. A Palazzo Chigi Emilio Colombo, gran capo Dc alla guida del consueto, rissoso governo di centro-sinistra con Psi, Psdi e Pri. Un classico dell’epoca. La notizia che rimbalza daCamp David, arriva in un sabato che precede la domenica di Ferragosto perché anche il calendario quell’anno si era messo di traverso cancellando un giorno di festa. Pochi sono in grado di capire le parole di Nixon. Nessuno immagina le conseguenze. L’annuncio che arriva dagli Stati Uniti riporta sulle prime pagine questioni valutarie che erano scomparse da quarant’anni. Da quando il Duce aveva imposto il cambio a quota 90 fra la lira e la sterlina. Nei giornali i capi-redattori, soprattutto nei piccoli quotidiani di provincia chiedevano le foto di quelli che cominciavano a chiamarsi «petrodollari » ed «eurodollari». Forte l’irrita - zione perché nessuna agenzia fotografica era in grado di fornirli. Grande la delusione quando qualcuno, avendo rintracciato in spiaggia l’amico impiegato di banca che si occupava di cambi, spiegava che erano dollari come tutti gli altri: rettangolari, verdi, con l’immagine di George Washington. Si chiamavano così solo perché alcuni circolavano soprattutto in Europa per alimentare gli scambi commerciali e gli altri nell’area Opec per finanziare gli acquisti di petrolio. NESSUNA SPIEGAZIONE Ma soprattutto era deprimente l’assenza di specialisti in grado di spiegare, in maniera semplice che cosa stava succedendo. Nella migliore delle ipotesi paludatissimi professori universitari che spedivano in redazione lunghissimi articoli, incomprensibili e pesanti come il piombo che li avrebbe stampati. Fu anche da quel giorno che cominciò a formarsi una generazione di cronisti in grado di capire che il tasso d’interesse non era un grazioso mammifero fortemente attratto dalla sua femmina che era la tassa e che la Borsa Valori di Milano, non era una valigia particolarmente elegante fabbricata da un’azienda molto esclusiva all’ombra della Madonnina. L’annuncio dato da Nixon poneva fine ad un sistema di cambi fissi che aveva fornito almondo lastabilità di cui aveva bisogno per finanziare la ricostruzione. Era stato creato a Bretton Woods, nel 1944 da una conferenza di 44 Paesi che erano entrati a far parte del Fmi. Nelle intenzioni dei promotori (primo fra tutti John Maynard Keynes, governatore della Banca d’Inghilterra e principale economista di questo secolo) il Fondo doveva rappresentare una sorta di banca centrale del mondo tanto da immaginare la nascita di una moneta mondiale chiamata bancor. In realtà Bretton Woods sancì la supremazia del dollaro in quanto espressione della superpotenza che aveva vinto la guerra (non a caso Stalin si rifiutò di aderire). La moneta Usa era la sola che poteva essere convertita in oro alla parità fissa di 35 dollari per oncia (31,1 grammi). Le altre monete avevano un cambio fisso con il dollaro (per l’Italia 625 lire) e, sulla base di questo, fissavano la parità tra di loro. Con questo sistema gli Usa diventavano la colonna del sistema monetario mondiale avendo messo a garanzia i forzieri di Fort Knox. Il resto del mondo poteva fare affari sapendo di non correre pericoli di fluttuazione del cambio. COME IL BIG BANG Il 14 agosto 1971 salta tutto per aria. Un po’comeaccaduto il 2 agosto 2011con Obama.Dodici anni di amministrazione democratica avevano fiaccato la potenza Usa. Kennedy prima e Johnson si comportarono esattamente come l’attuale inquilino della Casa Bianca. Finanziarono tutto e tutti. Contemporaneamente la guerra del Vietnam e i programmi di sicurezza sociale. Ma anche l’agricoltura, gli artigiani, gli studenti, la costruzione di case. Insomma non trascurarono nulla. Quarant’anni fa andò in frantumi la struttura dei cambi aprendo un periodo di instabilità non più ricomposto. Oggi è in pericolo tutto il sistema finanziario mondiale.