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 2011  luglio 29 Venerdì calendario

Serravalle, per i periti la Provincia fece un affare - E’ ragionevole affermare che le condizioni sul fondamento delle quali la Provincia ha realizzato l’operazione appaiono economicamente sostenibili

Serravalle, per i periti la Provincia fece un affare - E’ ragionevole affermare che le condizioni sul fondamento delle quali la Provincia ha realizzato l’operazione appaiono economicamente sostenibili... Gli elementi disponibili consentono di concludere che il prezzo al quale l’Asam (il veicolo societario utilizzato dalla Provincia, ndr) ha effettuato l’acquisto del 15 per cento della Milano Serravalle, può considerarsi congruo». Magari sarà anche volato qualche «sgobbo», come direbbe l’incontenibile Piero Di Caterina, e non si può escludere che vi siano stati perfino degli interessi fin troppo "privati" nella vicenda della MilanoSerravalle, ma certo la perizia di quasi 200 pagine con cui i consulenti tecnici della Procura di Milano, ovvero i professori della Cattolica Mario Cattaneo e Gabriele Villa, due autorità indiscusse della materia, analizzarono l’intera operazione nel 2006, assolve completamente l’allora presidente della Provincia, Filippo Penati. Di più. Ne elogia addirittura l’azione quando, nelle conclusioni fa notare come «il costo complessivo della Provincia sostenuto per acquisire l’intero pacchetto azionario è abbastanza contenuto e nel caso di una cessione potrebbe far realizzare una plusvalenza perché il valore economico finanziario della partecipazione complessiva detenuto dalla Provincia nella Milano Serravalle è superiore alla somma dei costi sostenuti». Insomma, quella che sembrava una inspiegabile ostinazione di Penati nel voler passare dal controllo relativo a quello assoluto dell’autostrada del Mare, fu un affare per il pubblico. I periti spiegano anche che la differenza tra il costo di ogni singola azione, pagata 18 mesi prima dal gruppo Gavio 2,9 euro e rivenduta alla Provincia di Milano a quasi 9 euro, è dovuta al cosiddetto «premio di maggioranza», che fece salire il costo delle azioni indispensabili per il controllo assoluto della società. Tutto a posto allora? Non proprio visto che a controbilanciare la perizia degli esperti della Procura, c’è una relazione del viceprocuratore della Corte dei Conti Paolo Evangelista che, chiamato ad esprimere un parere su una vertenza avviata cinque anni fa dal Comune di Milano retto da Gabriele Albertini contro Palazzo Isimbardi, scrive come l’operazione voluta da Penati non solo fu «priva di qualsiasi utilità» ma fu anche caratterizzata da «diversi profili di danno erariale» perché costò alla Provincia una spesa di 76,4 milioni di euro in più rispetto al valore di mercato. Gli atti, che fino all’altro ieri giacevano dimenticati in un armadio della Procura milanese nel limbo delle indagini concluse ma non ancora archiviate, da oggi sono nelle mani della Procura di Monza che, dopo le rivelazioni su un presunto giro di tangenti che faceva capo all’ex sindaco di Sesto San Giovanni ed ex consigliere politico di Bersani, vuole capire se anche «sull’affare» Milano-Serravalle vennero pagate mazzette e in che forma. Tutto nasce dal fatto che all’imprenditore Piero Di Caterina, considerato uno dei collettori delle mazzette di Penati, arrivarono due milioni di euro attraverso quella che i magistrati considerano la compravendita fittizia di un immobile dello stesso Di Caterina, al quale, inspiegabilmente, Bruno Binasco, amministratore delegato del gruppo Gavio, versò una caparra senza mai far valere l’opzione d’acquisto. A che titolo Binasco, che controllava il gruppo che aveva venduto le azioni della Milano Serravalle alla Provincia di Penati, pagò quei soldi a Di Caterina? Insomma, per quanto l’operazione di acquisto della Milano Serravalle sia stata tecnicamente ineccepibile, rimane il mistero di un pagamento avvenuto nel 2010 a uno dei «finanziatori» di Penati. Echi della presunta esistenza di tangenti si ritrovano poi nel dialogo che Di Caterina ebbe con il segretario generale della Provincia, Antonio Princiotta, interrogato l’altro ieri dai pm: «Ma lo “sgobbo” per Penati sulla Serravalle, quant’è?». Infine c’è la strana coincidenza dell’investimento che Gavio fece con una parte della plusvalenza (176 milioni di euro) realizzata grazie alla vendita del proprio pacchetto azionario alla Provincia. Il gruppo di Tortona infatti subito dopo investì 50 milioni di euro in azioni Bnl, affiancando così il presidente di Unipol Gianni Consorte nella sua scalata bancaria, finita regolarmente sotto inchiesta.