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 2011  luglio 28 Giovedì calendario

Donazioni e scambi di favori così le coop finanziano il Pd - Non vogliono più essere chia­mate «coop rosse»

Donazioni e scambi di favori così le coop finanziano il Pd - Non vogliono più essere chia­mate «coop rosse». I loro vertici sostengono che il collateralismo con la politica è morto con il Pci. Basterebbe scorrere i resoconti dei finanziamenti alle campagne elettorali per smentirli. Un dato per tutti: nel rendiconto 2010 del Partito democratico figurano contributi per 146mila euro stan­ziati dalla Legacoop Lombardia al Pd di Milano. O l’intreccio con gli organigrammi del Pci-Pds-Ds-Pd. Lo stesso Filippo Penati pri­ma di dedicarsi interamente alla vita politica è stato insegnante, assicuratore e vicepresidente re­gionale dell’Associazione coope­rative. Il collateralismo la sinistra ha garantito privilegi e creato distor­sioni del mercato, «muri antisto­rici »e«barriere all’entrata»:lo so­stiene un ex manager della coope­razione rossa, Mario Frau, nel li­bro La coop non sei tu pubblicato l’anno scorso dagli Editori Riuni­ti. Questa saldatura tra politica e affari ha garantito al partito la su­premazia elettorale, alle società mutualistiche (aggettivo sempre più evanescente) il monopolio commerciale, carriere mirabo­lanti agli uomini che attraversa­vano queste oliatissime porte gi­revoli, e una girandola di denari per tutti. Il sistema è complesso. I capi del Partito comunista (e poi del Pds) eletti nelle pubbliche ammi­nistrazioni si facevano assumere dalle coop per raddoppiare le in­dennità e caricare i contributi previdenziali sull’Inps anziché sul partito. Le coop finanziano i candidati di sinistra alle elezioni ed essi, una volta eletti, ricambia­no il favore con laute sovvenzio­ni. Fino a Tangentopoli, Botte­ghe-Oscure ordinava alle maggio­ri cooperative di rilevare imprese in dissesto per non perdere voti, oppure di finanziare l’ Unità e le relative feste: l’imprenditore fer­rarese Giovanni Donigaglia, la­sciato fallire con la sua Coop co­struttori, è stato il primo a raccon­t­are questa cinghia di trasmissio­ne. Le società, formalmente auto­nome, sono organizzate e con­trollate dalla Lega delle coopera­tive, a sua volta articolata regio­ne per regione in modo da rende­re più capillare il lavoro di lobby. Dalle aziende industriali nei set­tori più vari alle società finanzia­rie e assicurative, dalle banche al­la grande distribuzione, dal com­mercio ai servizi sociali, l’immen­sa rete della cooperazione rossa vive dell’appoggio della politica e delle amministrazioni. E vice­versa. I gruppi dirigenti delle coop so­no intercambiabili con i quadri di partito e i vertici delle ammini­strazioni locali. In una veste o nel­l’­altra accomodano i piani regola­tori, erogano appalti, sottoscrivo­no convenzioni, assegnano lavo­ri, firmano contratti a trattativa privata, dispensano consulenze. La nomenclatura è infinita. Il modenese Lanfranco Turci fu presidente della regione Emilia Romagna, presidente nazionale di Legacoop e senatore Ds. L’at­tuale presidente nazionale di Le­gacoop, Giuliano Poletti, è stato assessore all’Agricoltura a Imola e consigliere provinciale a Bolo­gna mentre guidava Legacoop di Imola e dell’Emilia Romagna. Pierluigi Stefanini, presidente delle assicurazioni Unipol, nella sua Bologna è stato segretario del partito, consigliere comuna­­le, presidente di Legacoop locale e di Coop Adriatica. L’ex sindaco diessino di Foligno, Giorgio Rag­gi, vicinissimo all’ex governatri­ce umbra Maria Rita Lorenzetti, è presidente della Coop Centro Italia di Castiglione del Lago. An­tonella Spaggiari, ex sindaco di Reggio Emilia e presidente della fondazione Manodori-Cassa di risparmio, era responsabile del settore servizi della Legacoop cit­tadina. Il professore napoletano Ric­ciotti Antinolfi, docente di econo­mia all’Università Federico II ed ex assessore del sindaco comuni­sta Maurizio Valenzi, ha raccon­tato ch­e dopo il terremoto in Irpi­nia le coop si assicuravano gli ap­palti «fuori da ogni competizione rapportandosi direttamente al Pci nazionale e locale». Il cerchio si chiude con l’afflu­s­so di denaro dalle coop al partito. Sergio Sabattini, a lungo leader del Pci-Pds bolognese, due volte deputato e ora sindaco di Porret­ta Terme, lo ammise candida­mente a Repubblica : «Abbiamo avuto soldi dalle coop ma non sia­mo corrotti. I cooperatori vengo­no dalla nostra storia, danno i sol­di per sostenere il loro partito. È vero, non abbiamo mai badato granché a tener presenti i confini del finanziamento. Il nostro parti­to non può negare di aver ottenu­to soldi illeciti. Ma è un reato di una natura infinitamente più mo­desta di quegli altri».